Che si tifi Merkel o meno, l'Europa è in flagranza di reato

Redazione

Ornella Porchia, ordinario di Diritto dell’Unione europea all’Università di Torino, in un articolo pubblicato sul Foglio lo scorso 14, afferma che avrei “preso di mira” il Fiscal compact. E poiché il titolo (ma qui l’autore non c’entra) definisce il Fiscal compact come “merkeliano”, potrebbe crearsi l’impressione che oggetto della mira sarebbe la stessa Angela Merkel. Per ragioni generazionali ho conosciuto il cancelliere Helmut Kohl, il presidente bavarese Franz Josef Strauss, e quasi tutti i principali personaggi che parteciparono alla stipulazione del Trattato di Maastricht.

di Giuseppe Guarino

    Ornella Porchia, ordinario di Diritto dell’Unione europea all’Università di Torino, in un articolo pubblicato sul Foglio lo scorso 14, afferma che avrei “preso di mira” il Fiscal compact. E poiché il titolo (ma qui l’autore non c’entra) definisce il Fiscal compact come “merkeliano”, potrebbe crearsi l’impressione che oggetto della mira sarebbe la stessa Angela Merkel. Per ragioni generazionali ho conosciuto il cancelliere Helmut Kohl, il presidente bavarese Franz Josef Strauss, e quasi tutti i principali personaggi che parteciparono alla stipulazione del Trattato di Maastricht. Non ho invece avuto occasione di incontrare la signora Merkel. Pur senza conoscerla di persona, nutro rispetto e vivo apprezzamento per il modo in cui esercita un ruolo di così alta responsabilità quale quello di responsabile del governo del più importante degli stati che compongono l’Unione europea. Le leggi, e a maggior ragione i trattati, che io sappia, si interpretano e si applicano. Se del caso, si contestano e se ne invoca la riforma. Del Fiscal compact, nella fase attuale, non occorre chiedere la riforma. Se si deve prendere di mira qualcuno, è chiunque intenda applicarlo in contrasto con quanto esso dispone. Nell’articolo 2 il Fiscal compact dispone testualmente: “Le parti contraenti applicano e interpretano il presente trattato conformemente ai trattati su cui si fonda l’Unione europea”. Nello stesso articolo, il concetto viene ribadito nel comma successivo: “Il presente trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i trattati su cui si fonda l’Unione europea e con il diritto dell’Unione europea”. Le espressioni adoperate sono così precise che le possibilità di errore nella interpretazione possono considerarsi, più che “minime”, “inesistenti”. Il Fiscal compact stabilisce all’art. 3, n. 1, lett. a) che “la posizione di bilancio della Pubblica amministrazione di una parte contraente è in pareggio o in avanzo”. Non va trascurato che il comma 1, anche se non ve ne sarebbe stato bisogno, ribadisce ancora la prescrizione, in precedenza riprodotta dall’art. 2, precisando che il vincolo della lett. a) vige “fatti salvi (gli) obblighi ai sensi del diritto dell’Unione”. Bilancio in pareggio significa che l’indebitamento annuale della Pubblica amministrazione non può superare lo 0 per cento. Il Trattato Ue (Maastricht), art. 104 c) e prot. n. 5 e il Trattato Tfue (Lisbona), art. 126, fissano però al 3 per cento il limite dell’indebitamento annuale. E 0 per cento non è eguale al 3 per cento. Il disposto del Fiscal compact in questa parte non è conforme ai trattati su cui è fondata l’Ue. Quindi non si applica. Imporre la parità del bilancio in applicazione del Fiscal compact, a parte ogni altra considerazione e a parte la circostanza che il Fiscal compact non è ancora in vigore, significa violare il Fiscal compact e insieme l’art. 126 del Trattato di Lisbona che non è stato mai modificato nella forma prescritta dal Trattato. Se ci si limita ai profili esaminati, la illegalità non è nel Fiscal compact, ma nel voler applicarlo nonostante che risulti “non conforme” e “non compatibile” con l’art. 126 del Trattato di Lisbona.

    Il contrasto con i trattati sarebbe sufficiente. L’art. 2, co. 1 e 2 del Fiscal compact, esige la conformità e la non compatibilità con il diritto dell’Unione. Nel caso il diritto dell’Unione è rappresentato dal regolamento 1175/2011, in vigore da 6 dicembre 2011. Il 1° luglio 1998 era entrato in vigore il reg. 1466/97 che all’art. 3, n. 2, lett. a) aveva introdotto l’obiettivo a medio termine, facendolo consistere nella posizione del saldo del bilancio della Pubblica amministrazione prossimo al pareggio o in attivo. Il regolamento 1175/2011 ha abrogato l’art. 3, n. 2, lett. a) del regolamento 1466/97 avendo regolato l’intera materia in modo diverso e perché ha testualmente sostituito il n. 2, lett. a), dell’art. 3 reg. 1466/97 con altra norma che prescinde dal pareggio del bilancio (v. Gazzetta ufficiale dell’Ue, 23/11/2011, 306/17). Nell’articolo cui ci si riferisce si afferma che il regolamento 1175/2011 ha modificato, ma non abrogato l’antecedente regolamento 1466/97. Ci stiamo occupando della parità del bilancio. Se è di questo che si tratta, non può esservi dubbio sulla base del n. 6 reg. 1175/2011 che alla data in cui è stato stipulato il Fiscal compact il principio della parità del bilancio, introdotto dall’art. 3, n. 2, lett. a) reg. 1466/97, era stato già abrogato.

    L’emanazione del reg. 1466/97 consente una ulteriore riflessione. Il principio della parità del bilancio è stato introdotto dal reg. 1466/97 in violazione dell’art. 104 c) e prot. n. 5 Tue. Il regolamento ha continuato a essere applicato anche dopo la stipula e l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (art. 126 Tfue). E’ un “vulnus” inaudito. Alcuni dei commissari, che hanno adottato il reg. 1466/97, sono ancora presenti e attivi. Dovrebbero sentire il dovere di spiegare su quali basi giuridiche si sono assunti la responsabilità di imporre una disciplina in stridente contraddizione con il Trattato di Maastricht (0 per cento in luogo del 3 per cento per l’indebitamento annuo, uno dei due famosi parametri di Maastricht). E come e perché, nonostante l’accelerazione e la generalizzazione del fenomeno depressivo, che ha caratterizzato l’economia degli stati, in particolare dei tre maggiori, Francia, Germania, Italia, non abbiano avvertito il dovere di rendere conto dell’errore commesso e di porvi riparo. Il regolamento 1175/2011, atto di legislazione ordinaria secondo il Trattato di Lisbona, proposto dalla Commissione, approvato dalla Banca centrale europea, dai Parlamenti nazionali, dal Parlamento europeo, nonché dal Consiglio, attesta formalmente, sulla base della “esperienza acquisita”, che “errori (erano stati) commessi nel corso dei primi dieci anni”. Il riferimento al regolamento 1466/97 è certo. Il regolamento 1175/2011 è il diritto dell’Unione oggi in vigore e ha abrogato il principio del pareggio del bilancio. Il Fiscal compact, che il vincolo del pareggio del bilancio ha reintrodotto, è in contrasto con il “diritto dell’Unione europea”. Anche sotto questo profilo, quindi art. 2, lett. a e b), è sicuramente inapplicabile.
    Siamo legittimati a prendercela non con il Fiscal compact, ma con chiunque ne chieda l’applicazione in contrasto con l’espresso disposto di trattati e regolamenti europei?

    di Giuseppe Guarino