L'abete (finto) che fa litigare Bruxelles

Redazione

La prima reazione è: meglio niente. Meglio niente, piuttosto che quell’installazione spettrale (tubi metallici e parallelepipedi bianchi di tela plastificata, illuminati dall’interno, per un totale di 25 metri di altezza) che dalla scorsa settimana campeggia nella Grand-Place di Bruxelles per ricordare – ma non troppo – che tra un po’ è Natale.

    La prima reazione è: meglio niente. Meglio niente, piuttosto che quell’installazione spettrale (tubi metallici e parallelepipedi bianchi di tela plastificata, illuminati dall’interno, per un totale di 25 metri di altezza) che dalla scorsa settimana campeggia nella Grand-Place di Bruxelles per ricordare – ma non troppo – che tra un po’ è Natale. Realizzato dal collettivo 1024 Architecture come “ode all’abete” su commissione della municipalità socialista, desiderosa di “togliere un po’ di polvere al Natale”, il manufatto – costato 44.000 euro – si è subito conquistato l’ostilità dei consiglieri cristiano-democratici fiamminghi. Convinti, e probabilmente non a torto, che l’operazione di “svecchiamento” della tradizione sia un modo come un altro per produrre piuttosto l’oscuramento, della medesima. Sta di fatto che, in meno di tre giorni, una petizione per “un vero albero di Natale sulla Grand-Place di Bruxelles e il rispetto dei nostri valori e delle nostre tradizioni” ha raccolto più di venticinquemila firme, mentre su Facebook si sono moltiplicate le pagine che chiedono a gran voce qualcosa di diverso da quell’imballaggio-impalcatura molto concettuale e per niente natalizio (ma è munito di scale, con le quali si può salire a venti metri d’altezza per godere del panorama della piazza: vuoi mettere?). Si può pensare tutto il male e perfino tutto il bene possibile delle acrobazie multiculturali che fanno mascherare un po’ ovunque le tracce del Natale per non offendere gli “altri”. Ma nel caso del finto albero della Grand-Place, lo schiaffo  alla tradizione è il meno. L’abete che non è un abete è, semplicemente, molto brutto. E allora, davvero, meglio niente.