
Calci e fischi
La statua di Ferguson è una merda d'artista, Benítez un maestro della paresi facciale
Lo scultore della statua di Sir Alex Ferguson svelata venerdì all’Old Trafford dice che c’è un leggero sorriso nell’angolo della bocca che restituisce tutto lo humour del leggendario manager. Non voglio rischiare paragoni fuori luogo con Manzoni e Duchamp, ma il sospetto è che con la statua di Ferguson viaggiamo nella zona intestinale dell’arte.
Londra. Lo scultore della statua di Sir Alex Ferguson svelata venerdì all’Old Trafford dice che c’è un leggero sorriso nell’angolo della bocca che restituisce tutto lo humour del leggendario manager. Non voglio rischiare paragoni fuori luogo con Manzoni e Duchamp, ma il sospetto è che con la statua di Ferguson viaggiamo nella zona intestinale dell’arte. Lui a braccia conserte con addosso un soprabito così rigido che invece dell’impermeabile del Sir sembra la tela cerata del capitano George Clooney nella “tempesta perfetta” non è un omaggio del quale andare fieri. La storia della statua snudata fra gli “ohhhh!” andava bene semmai per Cristiano Ronaldo nella pubblicità della Nike, roba da smargiassi con il gel, altro che leggende del calcio universale; e mentre Ferguson gigioneggiava per scacciare il disagio, gli astanti hanno subito colto la carica trash dell’evento: ci sono fotografie immortali di Rooney con la faccia inebetita, i figli dell’allenatore che vorrebbero seppellirsi, Vidic che non capisce bene di cosa si tratti, Cantona che sogna il momento in cui staccherà la testa del manufatto e ci attaccherà la propria. E’ andata bene che poi lo United ha fatto il sorpasso sul City, altrimenti di questo fine settimana sarebbe rimasto soltanto un ricordo bronzeo.
Certo non avevo in mente una cosa così brutta quando la scorsa settimana ho chiesto ad Abramovich di far costruire una statua di Di Matteo a Stamford Bridge. La statua non si farà, per il semplice fatto che è inutile: l’amore dei tifosi blues per l’ex giocatore e allenatore resterà per sempre, mi pare evidente. I fischi riservati a Benítez – definito “allenatore ad interim” persino nella distinta che gli arbitri avevano in mano – domenica nella partita contro il City facevano paura, roba da invidiare Ibrahimovic in uno a caso dei suoi clamorosi cambi di casacca, quando si ritrovava a giocare contro una sua ex squadra. I cori e gli applausi per Di Matteo al minuto numero 16, come il suo numero di maglia da giocatore, hanno ricordato ad Abramovich che il tifoso non è soltanto un cliente, ma ha cuore e testa. E certe cose non le dimentica. Benítez, da professionista della paresi facciale quale è, non ha mosso un muscolo durante la contestazione, ma ha continuato a seguire il match impassibile. Ogni volta che Torres toccava palla, però, il suo sguardo si faceva più buio. Se il Chelsea voleva ridurre ancora di più le possibilità di passare il turno di Champions League ha fatto la scelta giusta: capace che lo Shakhtar batte la Juventus e i Blues pareggiano con il Nordsjaelland. Roba da rimpiangere i tempi con l’Inter.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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