Non basta un esonero punitivo per cancellare l'eroismo di Di Matteo

Jack O'Malley

Non facciamoci fregare dall’emozione del momento, please. Roberto Di Matteo è stato cacciato dalla panchina del Chelsea quando i titolari, le riserve, gli infortunati, quelli in tribuna e anche i magazzinieri erano ancora rintronati dalla devastante sconfitta contro la Juventus. Bisogna respirare, recuperare lucidità. Il problema, qui, non è se abbia ragione o meno Abramovich a scaricare il manager dopo sei mesi sulla panchina dei Blues.

    Londra. Non facciamoci fregare dall’emozione del momento, please. Roberto Di Matteo è stato cacciato dalla panchina del Chelsea quando i titolari, le riserve, gli infortunati, quelli in tribuna e anche i magazzinieri erano ancora rintronati dalla devastante sconfitta contro la Juventus. Bisogna respirare, recuperare lucidità. Il problema, qui, non è se abbia ragione o meno Abramovich a scaricare il manager dopo sei mesi sulla panchina dei Blues, ma se sia giusto buttare assieme ai fallimenti recenti anche le glorie della passata stagione. C’è una cosa da dire in questo momento in cui il nome di Benítez (preso come allenatore “ad interim”, pure lui) viene surrealisticamente associato a concetti come “rinascita” o “rimonta”: raramente un allenatore ci ha fatto godere come Di Matteo. Vero: è stato uno sprint, non una maratona. Ma che sprint, ragazzi. Invece di guardare su YouTube la mestizia della conferenza stampa di Torino, andate a rivedere la sintesi della semifinale di Champions contro il Barcellona per capire che cos’è il calcio. Non so se Di Matteo sia un grande allenatore, se le colpe vadano attribuite a lui, so soltanto che sotto la sua egida abbiamo visto mesi epici per il calcio inglese, e mi basta. E’ una storia di nervi e tenacia, non di specchiate qualità tecniche, roba da pettinati come Villas-Boas o incravattati come Benítez. Di Matteo ha preso in mano il Chelsea con l’umiltà dell’outsider e la passione dell’insider, ha conquistato una Champions che non poteva sentire del tutto sua, ma in quelle poche partite ha fatto qualcosa di eroico. Il problema del calcio è la dimensione eroica, non la difesa a tre o la diagonale. Di Matteo è stato per un breve momento un personaggio eroico, e gli eroi guadagnano l’immortalità, mica si cancellano con un esonero.

    Ma al peggio non c’è fine, direbbe qualcuno con poca fantasia: pensare poi di accusare Di Matteo crocifiggendolo per non avere fatto giocare Torres è una beffa immeritata. Il dead man walking spagnolo con le mèches, capace di esaltarsi soltanto contro l’Italia in finale (la partita contro il Barça non conta, parliamo di calcio, non di metafisica), diventa forte soltanto nei commenti successivi alle partite che non gioca. Certo, acquistare e mettere in campo otto trequartisti non aiuta, ma dove sono finiti quelli che a inizio stagione sbavavano per ogni giocata del centrocampo dei Blues e adesso sono lì a dire “io l’avevo detto che Di Matteo non durava”? Dicono che l’altra sera Abramovich tifasse Juve: non voleva restare indietro nella personale lotta contro Cellino e Zamparini per il titolo di “Presidente più paziente del mondo”. La sconfitta gli ha dato la possibilità di fare quello che avrebbe voluto fare all’indomani della vittoria in Champions, dato che, facendosi beffe della realtà, a lui Di Matteo non è mai piaciuto. Non si fa così: l’allenatore che in sei mesi ha fatto più di Mourinho in due anni non si può liquidare con un comunicato di undici righe in cui si dice che “rimarrà nella storia del club”, come un Ranieri qualunque. Dovrebbero dedicargli una statua davanti a Stamford Bridge, altro che comunicato. L’uomo che esordì in Champions battendo il Napoli pochi mesi fa lascia dopo essere stato battuto dalla Juve. L’Italia nel suo destino, e il suo destino nell’Italia, scriverebbe un giornalista sportivo innamorato della retorica che dovesse riempire una pagina su di lui. Sui giornali, non c’è più traccia dell’esaltazione del gioco vincente all’italiana di Di Matteo, adesso “sterile” e “surclassato” dalla Juve. Così passa la gloria nel calcio. E negli articoli sul calcio.