Italia-Germania 4 a 3

Redazione

Bene ha fatto Milano, con La Scala, ad aprire la stagione con Richard Wagner. Benissimo ha fatto Roma, con Riccardo Muti, ad inaugurare il cartellone del Teatro dell’Opera con il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi. Il 2013 si festeggia il bicentenario del Cigno di Busseto nato, appunto, nel 1813. Stessa cosa per l’Omero dei Nibelunghi, quel Wagner che il destino farà poi morire a Venezia nel 1883, il 13 febbraio.

    Bene ha fatto Milano, con La Scala, ad aprire la stagione con Richard Wagner. Benissimo ha fatto Roma, con Riccardo Muti, ad inaugurare il cartellone del Teatro dell’Opera con il Simon Boccanegra di Giuseppe Verdi.
    Il 2013 si festeggia il bicentenario del Cigno di Busseto nato, appunto, nel 1813. Stessa cosa per l’Omero dei Nibelunghi, quel Wagner che il destino farà poi morire a Venezia nel 1883, il 13 febbraio, dopo aver chiuso un amore, per trasfigurarsi nel legno della bara portata a piedi lungo le calli dai devoti dell’Assoluto, primo tra tutti un giovane Gabriele d’Annunzio. Nelle pagine del suo romanzo, “Il Fuoco”, c’è la descrizione di questo funerale. Il mare bacia il feretro e poi si ritrae dai marmi per sciogliersi nella laguna.

    Benissimo ha fatto Muti a prendere sottobraccio il “buon Peppino” e farne vanto perché è “verdiano” l’anno che verrà. Il Corriere della Sera, il giornale di Milano, per tramite di Sette, e con Armando Torno in prima pagina, ha scatenato una furibonda polemica contro il primo teatro d’Italia per aver mancato l’appuntamento con il maestro che fece della Scala e della liturgia civica ambrosiana il suo abito e la sua missione perfino politica, se ancora tra le reliquie del Risorgimento, l’Opera è la più cara alla memoria e all’identità nazionale. Non è certo una pipa di terracotta con la testa di Garibaldi o di Re Vittorio.

    Benissimo ha fatto Muti a dire – senza discutere la grandezza di Wagner del quale volle, proprio nel cartellone scaligero, il Parsifal e l’intera tetralogia dell’Anello del Nibelungo – “Che cosa accadrebbe se in Germania, al Festival di Bayreuth, si aprisse la stagione con Otello?”. Bene ha dunque fatto la Scala a decidere di aprire con il sublime Lohengrin, diretto da Daniel Barenboim, Wagner è Wagner ma è sempre Italia-Germania 4-3 da noi, è vero. Ma certamente soccombe il coro del Nabucco rispetto al canto dei pellegrini di Tannhäuser, non c’è gara come con quella pagina divina qual è l’idillio di Siegfried; rispetto al Requiem di Mozart, forse, quello di Verdi ha una potenza maggiore (non fosse altro perché Giovanni Falcone, nel suo ufficio in Procura, ne faceva colonna sonora), sempre che possa parlarsi di spirito germanico nel caso dell’austriaco Mozart ma se con Verdi l’Italia nasce, con Wagner il germanesimo è tema universale. Non c’è paragone tra Mercedes-Benz e Fiat ma Verdi è come dire Lamborghini, un lusso di puro pregio e se le ammirazioni esclusive suonano sempre come offese, noi che ammiriamo incondizionatamente Muti, non possiamo non ricordare la prima nel 1850 del Lohengrin a Weimar. Pare che gli spettatori si portarono i panini avvolti nella rumorosa carta oleata dello Schinkenbrot. “Tutto il destino della Germania”, scrisse il magnifico Willy Farnese, ovvero Giovanni Ansaldo, “era presegnato in questa enorme pacchianeria”.
    Viva V.E.R.D.I. dunque. Ovvero, Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia. E per rispetto suo, infatti, in omaggio alla storia nostra, Giorgio Napolitano, diserterà la serata alla Scala. Andrà da Riccardo Muti.