Dàgli al mostro, è pure pacchiano

Redazione

Stavolta non si arriverà alla riesumazione del cadavere per trascinarlo in giudizio, come avvenne per Papa Formoso nella Roma dell’897 (il successore Stefano VI, che a Formoso contestava post mortem l’elezione illegittima, condannò il cadavere al taglio delle tre dita della mano destra, usate in vita per benedire, fece denudare la salma e ordinò di gettarla nel Tevere). A questo non si arriverà, forse, solo perché il linciaggio del defunto Jimmy Savile non potrebbe essere più perfetto di così, in totale assenza di contraddittorio.

    Roma. Stavolta non si arriverà alla riesumazione del cadavere per trascinarlo in giudizio, come avvenne per Papa Formoso nella Roma dell’897 (il successore Stefano VI, che a Formoso contestava post mortem l’elezione illegittima, condannò il cadavere al taglio delle tre dita della mano destra, usate in vita per benedire, fece denudare la salma e ordinò di gettarla nel Tevere). A questo non si arriverà, forse, solo perché il linciaggio del defunto Jimmy Savile – per oltre trent’anni star della Bbc con il suo programma “Top of the Pops”, e ora accusato di pratiche pedofile ai danni di centinaia di ragazzini, avvicinati anche con il pretesto della filantropia – non potrebbe essere più perfetto di così, in totale assenza di contraddittorio. Savile, morto nel 2011, non può difendersi, e i suoi vecchi datori di lavoro fanno a gara a prendere le distanze dal mostro. Senza spiegare dov’erano quando, nel 1974, nella sua autobiografia bestseller – nulla di quanto faceva Savile passava inosservato – lo stesso dj platinato si vantava apertamente delle sue conquiste under 16.

    Era solo diversa, e più permissiva, l’aria del tempo? O quelle vanterie assomigliavano troppo a decine di storie e storiacce di divi del rock che, assediati dai piccoli fan, era fatale che ne approfittassero? E che differenza c’è tra Savile e Polanski, molto difeso dall’establishment intellettuale mondiale nella vicenda di violenza consumata ai danni di una quattordicenne? Ora in Inghilterra c’è chi addirittura chiama in causa Savile per la sua amicizia con Peter Sutcliffe, lo “squartatore dello Yorkshire” che tra il 1975 e il 1981 uccise tredici donne. Sutcliffe, che sconta l’ergastolo, aveva conosciuto Savile nel corso delle visite periodiche che il presentatore faceva nelle carceri. Proprio ora, guarda caso, un ex detective si è ricordato che, all’epoca di quei delitti, anche Savile era stato sospettato e interrogato, perché una delle donne era stata uccisa nei pressi di casa sua.

    In attesa che Savile passi alla storia anche come assassino seriale, oltre che come pedofilo seriale, lo scrittore Will Self, collaboratore con la Bbc, ha prodotto per l’ultimo inserto La Lettura del Corriere della Sera una requisitoria che sarebbe piaciuta molto al professor Cesare Lombroso. Il senso è: ma non l’avevamo visto tutti in faccia, Savile? Come potevamo pensare che quel ceffo “con i capelli tinti di quel color crema e le sue tute da ginnastica di colori atroci – verde acido, giallo acido, viola corrosivo – e il suo nasone fallico e quel sigarone Avana ancora più fallico (a volte, dottor Freud, un sigaro rappresenta indubbiamente molto di più di un semplice sigaro)” non fosse almeno un efferato pedofilo? Travolto dalla foga, il trasgressivo Will Self dimentica sia il sigaro della gloria nazionale Winston Churchill sia le tute pacchianissime di David Bowie e di Freddie Mercury, sia il fatto che il naso non è reato (e vuoi vedere che la differenza con Polanski è nell’assenza, nel guardaroba di quest’ultimo, di tute burine?).

    Proprio Self, che dell’essere un po’ maledetto ha fatto una bandiera (ex tossicodipendente, nel 1997 fu beccato a sniffare eroina sull’aereo nel quale viaggiava con il premier John Major, del quale seguiva la campagna elettorale per l’Observer), non trova di meglio che ravvisare prove di deboscia delittuosa in ogni aspetto di Savile, “con la sua gioielleria pacchiana – medaglioni d’oro annidati nei peli del petto, bracciali d’oro tintinnanti – e le sue frasi celebri, grossolane come tutto il resto: ‘E quanto vi gusta, ragazzi e ragazze!’, seguite da uno spaventoso rantolo, uno spasmo dell’epiglottide che, con il senno di poi, doveva essere lo stesso suono che accompagnava i suoi atti di violenza”.

    L’indignazione travolge Self e la sua prosa. Entrambi non hanno bisogno di indagini, per sapere che quell’“uomo di mezza età che viveva a casa con la madre, che non aveva mai avuto relazioni sentimentali con nessuno, né donne né uomini”, non poteva che nascondere  “uno dei più grandi pezzi di merda che galleggiavano in una fogna morale”. Savile “orchestrava il tutto, in mezzo a quei bambini, stringendoli viscidamente a sé con un braccio, facendoli sedere sulle sue cosce muscolose. E lo faceva davanti agli occhi non di qualcuno, ma di milioni di persone. E noi, gli spettatori, ce ne stavamo a casa pensando un po’ tutti: ‘C’è qualcosa che non va in quell’uomo, non so perché ma mi fa sentire a disagio’. Lo pensavamo tutti, ma nessuno l’ha mai detto ad alta voce”. Ora la voce la alza fieramente Will Self, che così conclude: “Ovviamente non voglio suggerire che ci siano legioni di simili criminali in attesa di essere portati davanti alla giustizia”. Noi, invece, avevamo capito il contrario.