
Un cicinin di Wisconsin
E se fosse il Wisconsin ad affossare Obama? E’ dal 1988 che lo stato di Paul Ryan e del governatore Scott Walker – il repubblicano che ha osato ledere la maestà dei sindacati, è stato trascinato a forza in una rarissima “recall election” e ha vinto nuovamente in surplace – vota stabilmente democratico. Nel 2008 Obama ha vinto con 14 punti di vantaggio. Eppure sulle rive del lago Michigan, in quella riproduzione in scala degli affanni nazionali e delle soluzioni concrete per riprendere fiato, gli argomenti di questo ticket di repubblicani analitici e senza parvenze glamour hanno una certa presa. E i dieci grandi elettori del Wisconsin possono cambiare la partita.
E se fosse il Wisconsin ad affossare Obama? E’ dal 1988 che lo stato di Paul Ryan e del governatore Scott Walker – il repubblicano che ha osato ledere la maestà dei sindacati, è stato trascinato a forza in una rarissima “recall election” e ha vinto nuovamente in surplace – vota stabilmente democratico. Nel 2008 Obama ha vinto con 14 punti di vantaggio. Eppure sulle rive del lago Michigan, in quella riproduzione in scala degli affanni nazionali e delle soluzioni concrete per riprendere fiato, gli argomenti di questo ticket di repubblicani analitici e senza parvenze glamour hanno una certa presa. E i dieci grandi elettori del Wisconsin possono cambiare la partita.
Mercoledì mattina Paul Ryan ha parlato davanti a un migliaio di persone nella cittadina di Eau Claire, agglomerato di settantamila anime appoggiato sullo stradone che porta a Minneapolis. Da ragazzo Ryan andava a caccia di cervi e tacchini selvatici in una riserva a poche miglia dal luogo del comizio, ed è lì che spera di tornare presto a cacciare assieme alla figlia Liza, dieci anni, con la nomina di vicepresidente eletto in tasca.
Non è soltanto un elementare senso dell’opportunità che ha suggerito a Ryan di evitare attacchi velenosi al presidente, Barack Obama, che in quel momento si stava dirigendo verso Atlantic City per una ricognizione dei danni causati da Sandy assieme al governatore del New Jersey, Chris Christie; nel Wisconsin il candidato vicepresidente cerca di stabilire una connessione diretta con la sua gente, di parlare il linguaggio popolare dei sobborghi di Milwaukee, di porsi come uomo del fare e dunque di opporsi alle idee vaghe e ammaccate che trasudano dai comizi presidenziali. “Gente del Wisconsin, noi siamo problem solver. Non ci interessa chi si prende i meriti, vogliamo soltanto che i problemi vengano risolti. Un’enorme incertezza causata dagli eccessi dello stato sta frenando il nostro paese”, ha detto Ryan, promettendo che nel “day one” Mitt Romney “revocherà l’Obamacare, taglierà la burocrazia, estenderà la possibilità di trivellare sul suolo federale e autorizzerà la costruzione dell’oleodotto Keystone”. In uno dei pochi momenti in cui Ryan si è staccato dalle considerazioni fattuali, dettate in prosa, quelle che interessano agli americani che martedì andranno alle urne, il candidato vicepresidente ha detto: “E’ mercoledì mattina. Pensate al prossimo mercoledì mattina. Ci sveglieremo mercoledì prossimo sapendo di avere eletto un leader in grado di riportare il paese sulla retta via”.
Obama – che ha ricevuto l’endorsement del sindaco di New York, Michael Bloomberg, nel nome della lotta ai cambiamenti climatici – si è presentato ieri nel Wisconsin in un’ambientazione geografica e simbolica completamente diversa: il comizio era all’aeroporto di Green Bay, sullo sfondo si stagliava la sagoma imponente dell’Air Force One, segno definitivo di una leadership presidenziale più abituata al cielo che alla terra. Davanti ai democratici del Wisconsin ha proposto qualche leggera variazione sullo stump speech: “Non abbiamo bisogno di un’agenda politica tagliata sul big government o sullo small government, abbiamo bisogno di una politica per la middle class che valorizzi il lavoro e la responsabilità”. Ha accusato Romney di “avere usato tutte le sue doti di venditore per mascherare le stesse politiche che hanno portato il paese al collasso” e ha spiegato che i ricchi “non hanno bisogno di qualcuno che li tuteli a Washington”. Forte del credito bipartisan guadagnato con la visita assieme a Christie alle zone devastate dalla tempesta – gesto protocollare che sui giornali democratici è diventato un ammiccare reciproco, segno certo della natura super partes di Obama – il presidente ha insistito sul carattere post ideologico della sua presidenza, ha promesso un secondo mandato fatto di soluzioni concrete più che di idee scritte nell’aria, ha insomma proposto una variazione sul tema di Ryan: le note sono diverse, ma la struttura della sinfonia è identica. La macchina elettorale di Romney cerca di non insistere troppo sull’importanza del Wisconsin, sa che non può millantare un vantaggio che non c’è, e allo stesso tempo guarda con attenzione allo Stato di Ryan, da settembre convoglia con una certa insistenza denaro ed energie sul lago Michigan, e i sondaggi mostrano il miglioramento.
Rasmussen, istituto di chiara tendenza repubblicana, dice che i candidati lì sono appaiati; una più prudente analisi di Nbc e Wall Street Journal dice che il presidente è in vantaggio di tre punti, percentuale al di sotto del margine di errore. Il momentum di Romney in Wisconsin è confermato dalla quantità di spazi televisivi acquistati da Obama: in ottobre gli elettori della contea di Green Bay sono stati gli americani più martellati da spot democratici in assoluto. Lo sfidante e i Super Pac affiliati hanno risposto con uno sforzo totale da oltre 25 milioni di dollari. Sabato, tre giorni prima del voto, Obama sarà a Milwaukee assieme a Katy Perry.
Il Milwaukee Journal Sentinel, il giornale più importante dello stato, ha annunciato che non esprimerà la preferenza per un candidato, ma nel 2008 aveva dato l’endorsement a Obama e ha sostenuto il governatore repubblicano Scott Walker tanto nell’ascesa quanto nella rielezione; a marzo il direttore aveva in qualche modo profetizzato, e lodato, la svolta pragmatica e centrista di Romney, uomo di soluzioni economiche concrete purtroppo, diceva, non bilanciate a sufficienza da posizioni coraggiose su vita, società e ambiente. Nella inevitabile confusione dell’ultimo allungo elettorale, è chiaro che il Wisconsin è quel pezzo d’America dove il modello sociale proposto da Obama si è schiantato contro un muro repubblicano: la contrattazione collettiva limitata dalla legge di Walker – e finita in mano a giudici e avvocati – ha creato una coalizione bipartisan contro gli anacronismi delle organizzazioni sindacali; la disoccupazione, che negli ultimi mesi è aumentata dopo una buona tenuta nel 2012, è tornata a diminuire: ora è al 7,3 per cento, al di sotto della media nazionale. Inoltre, se è vero che il bailout dell’industria automobilistica ha salvato la maggior parte degli impianti in Michigan e Ohio, nel Wisconsin la manna non è caduta dal cielo del governo federale, e stabilimenti come quello della General Motors a Janesville, città natale di Ryan, non esistono più.
Non c’è stato dove si mostra più chiaramente il contrasto fra uno stato federale vacuo, impacciato, ricattato da logiche sindacali di mezzo secolo fa e un governo locale che sostiene con successo il settore privato. Per questo gli uomini di Chicago guardano allo stato confinante con apprensione, temendo che si possa aprire lì la strada romneyana per aggirare gli “swing state” sui quali si sentono, a torto o a ragione, più sicuri.
Obama mostra il suo volto più pragmatico nel Wisconsin per impedire che si realizzi la profezia fatta da Ryan a giugno, qualche giorno prima del voto di fiducia al governatore Walker: “Martedì salviamo il Wisconsin. E il 6 novembre il Wisconsin salverà l’America”.


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