
Abramo Lincoln, il corruttore
Steven pielberg farà uscire il suo film su Abramo Lincoln a elezioni appena concluse, pare per non turbare la disfida Obama-Romney. Il settimanale Newsweek, invece, dedica al primo presidente repubblicano degli Stati Uniti un lungo articolo di Sidney Blumenthal (ex collaboratore di Bill Clinton), nel quale si elogia la capacità di Lincoln di trasgredire molte regole in nome di nobili fini. Erano tempi perigliosi, di guerra tra nord e sud del paese e di conflitti politici dilanianti. Ma l’impressione, a leggere l’elenco degli strappi alle regole attribuiti a Lincoln, è che non si sia fatto mancare nulla, o quasi.
Steven pielberg farà uscire il suo film su Abramo Lincoln a elezioni appena concluse, pare per non turbare la disfida Obama-Romney. Il settimanale Newsweek, invece, dedica al primo presidente repubblicano degli Stati Uniti un lungo articolo di Sidney Blumenthal (ex collaboratore di Bill Clinton), nel quale si elogia la capacità di Lincoln di trasgredire molte regole in nome di nobili fini. Erano tempi perigliosi, di guerra tra nord e sud del paese e di conflitti politici dilanianti. Ma l’impressione, a leggere l’elenco degli strappi alle regole attribuiti a Lincoln, è che non si sia fatto mancare nulla, o quasi. “La presidenza Lincoln dimostra che la partigianeria e la spietatezza politica possono essere utilizzate per far avanzare più alti ideali”, scrive Blumenthal. Il quale contesta il mito zuccheroso di un Lincoln “troppo nobile per la politica”, costruito a partire dal suo assassinio, ma senza riscontri nelle testimonianze dei contemporanei. Il santo, l’idealista martire è stato “in realtà uno dei politici professionali più astuti mai prodotti dal paese”, con un’ambizione “che non conosceva riposo”. Non si sentì mai contaminato dalla politica, semmai la amò pazzamente, “era il suo paradiso e la sua scuola”, come dimostrò quando la sconfitta sul campo di battaglia contro i sudisti e la non rielezione alla presidenza dell’Unione sembravano ormai scritte.
Ma il massimo del machiavellismo, i peggiori colpi sotto la cintura e le procedure meno ortodosse, Lincoln li dedicò alla battaglia per ottenere la ratifica del XIII emendamento della Costituzione, che avrebbe reso illegale la schiavitù. Assoldò un esperto informatore per sapere quali membri ostili del Congresso potevano essere “ammorbiditi” e, dopo averne identificati tre, li convinse (i maligni direbbero: “Comprò”) con l’offerta di cariche appetitose. Fu solo l’inizio di una lenta e inesorabile conquista di voti congressuali (Blumenthal li racconta nei particolari) che portarono all’approvazione del XIII emendamento: “Il più grande provvedimento del Diciannovesimo secolo – disse un deputato repubblicano della Pennsylvania – è stato approvato con la corruzione, e aiutato e incoraggiato dal più puro uomo americano”.


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