Balotelli come l'Ecofin e i complottisti di Juve-Napoli

Jack O'Malley

Mario Balotelli è come una riunione dell’Ecofin o la morte del numero due di al Qaida, eventi che si ripetono ciclicamente promettendo ogni volta di essere decisivi. “Questa volta è diverso”, si ripete fino alla riunione successiva in cui si giocano per davvero lo sorti dell’Europa o fino al prossimo blitz che taglia le gambe al terrorismo. Balotelli è uguale: litiga, fa casino, rompe, gli danno un ultimatum, poi un secondo, un terzo, lo minacciano, lo multano, Mancini si mostra irremovibile, Platt granitico, Marwood, il direttore generale, è incappucciato con una scure in mano.

    Londra. Mario Balotelli è come una riunione dell’Ecofin o la morte del numero due di al Qaida, eventi che si ripetono ciclicamente promettendo ogni volta di essere decisivi. “Questa volta è diverso”, si ripete fino alla riunione successiva in cui si giocano per davvero lo sorti dell’Europa o fino al prossimo blitz che taglia le gambe al terrorismo. Balotelli è uguale: litiga, fa casino, rompe, gli danno un ultimatum, poi un secondo, un terzo, lo minacciano, lo multano, Mancini si mostra irremovibile, Platt granitico, Marwood, il direttore generale, è incappucciato con una scure in mano. Poi non succede niente, le cose si riparano, Mancini si dimentica che è dai tempi dell’Inter che dice “questa è l’ulitma volta” e tutti gli altri si dimenticano quale sia, questa volta, il casus belli che ha ispirato il solito titolo “Balotelli vicino alla rottura”: fuochi d’artificio? Insulti in panchina? Rifiuto di entrare in campo? Riufiuto di uscire dal campo? Disappunto generico? A forza di gridare “al Balotelli, al Balotelli!” ci siamo assuefatti, fortuna che almeno adesso c’è una polemica seria con il marchio Umbro che vende la magliette “Why Always Me?” senza riconoscere a Mario le royalties.

    Sulla Stampa di ieri, un articolo di Marco Ansaldo rubricato come “retroscena” – come del resto metà del giornale torinese – se la prendeva con i dietrologi di Juve e Napoli che leggono qualsiasi cosa succeda ai propri giocatori impegnati in Nazionale come un complotto in vista della sfida di domenica prossima (e da buon appartenente alla schiera del giornalista collettivo se la prendeva con Fiorito). Non c’è da stupirsi, la Nazionale per gli italiani conta dagli ottavi di finale di Mondiali ed Europei in poi, qualsiasi altro impegno è un intralcio. Ma in questi casi occorre essere realisti, e dunque cinici: è chiaro che Vidal si è fatto espellere contro l’Equador per tornare prima a Torino, e lo stesso ha fatto Pandev, con un’ammonizione ad hoc contro la Croazia. Dalla Serie A vengono antecedenti illustri, giocatori che esultano togliendosi la maglia per saltare partite inutili e altri trucchi simili. Nessun complotto, tutto alla luce del sole. Forse solo sull’infortunio di Buffon viene da credere alla buona fede. Per il resto, credete ai dietrologi: delle Nazionali in Italia non frega niente a nessuno.