Elezioni in Venezuela

Cosa succede se il voto non sarà un trionfo per Chávez

Redazione

“Il signor Capriles ha detto che nominerà un generale in servizio come suo ministro della Difesa. Questa è una delle dichiarazioni che davvero non avrebbe mai dovuto fare, perché vuole generare o proiettare la sensazione che sta vincendo”. Così martedì scorso il ministro della Difesa, il generale Henry Rangel Silva, aveva commentato l’annuncio del candidato dell’opposizione Henrique Capriles Radonski.

    Roma. “Il signor Capriles ha detto che nominerà un generale in servizio come suo ministro della Difesa. Questa è una delle dichiarazioni che davvero non avrebbe mai dovuto fare, perché vuole generare o proiettare la sensazione che sta vincendo”. Così martedì scorso il ministro della Difesa, il generale Henry Rangel Silva, aveva commentato l’annuncio del candidato dell’opposizione Henrique Capriles Radonski. In realtà, si tratterebbe di una scelta pressoché obbligata. Ma il commento del generale Rangel si inserisce in quel nervosismo riflesso dalle voci insistenti secondo le quali Chávez starebbe preparando un’azione di miliziani e militari in caso di vittoria dell’opposizione; mentre lo stesso Rangel ha denunciato un “piano violento” dell’opposizione in caso di sconfitta, che inizierebbe appunto con una denuncia di frode.

    Questa campagna elettorale ha visto una sorta di convergenza al centro tra i candidati, malgrado il presidente in carica abbia ostinatamente rifiutato ogni dibattito con un avversario da lui considerato una nullità. Capriles ha detto infatti che si ispira a Lula; Chávez che se fosse statunitense voterebbe Obama e Obama voterebbe lui se fosse venezuelano. Capriles ha girato vorticosamente nelle zone più povere, promettendo che manterrà le “misiones” assistenziali di Chávez; Chávez si è rivolto al ceto medio e anche a quello alto: “Se perdo, scoppierà una guerra civile”, ha detto ai ricchi, suggerendo loro di votarlo. Un assaggio lo si è avuto a Barinetas, dove i chávisti hanno reagito alla “provocazione” fatta dall’opposizione, che ha osato manifestare nei pressi del luogo natale di Chávez: tre oppositori del presidente sono stati uccisi. Diversi analisti concordano sul fatto che solo una larga vittoria del capo dello stato uscente eviterebbe tensioni: qualsiasi successo di misura di uno dei due contendenti sarebbe infatti contestato, e una vittoria di larga misura per Capriles non è prevista da alcun sondaggio.

    La militarizzazione dello stato bolivariano
    Ma appunto qui diventa centrale quel tentativo di rassicurare i militari che il candidato dell’opposizione ha fatto è che ha fatto uscire dai gangheri Rangel. Quest’ultimo accusa infatti Capriles di voler “disarticolare le Forze armate”, promette che “nessun generale si presterà”, ma denuncia anche come da una parte i militari siano stati letteralmente bombardati dagli sms di propaganda dell’opposizione. Rangel denuncia anche che un elemento portante della campagna della Tavola dell’unità democratica sono state le vignette satiriche contro gli uomini in divisa, accusati di voler mettere le mani su tutto. Oltre a concedere ai militari quel diritto di voto che la Costituzione della Quarta Repubblica escludeva, Chávez ha affidato loro vasti programmi di sviluppo, che hanno dato all’esercito la possibilità di conquistare un notevole potere nell’economia sempre più statalizzata, come dimostrano il Plan Bolívar 2000 e quella Gran Misión Vivienda Venezuela che gestisce il cruciale settore dell’edilizia popolare. Lo stesso vasto piano di riarmo si è tradotto anche nel rafforzamento di un’industria militare gestita direttamente dalle Forze armate. Militari sono stati poi messi alla testa di imprese e istituzioni: lo stesso Rangel prima di essere ministro della Difesa era stato presidente della società telefonica Cantv. Il dipartimento del Tesoro di Washington ha inoltre congelato i beni di Rangel negli Stati Uniti con l’accusa di narcotraffico.

    Sebbene le Forze armate nazionali abbiano ricevuto l’ulteriore qualifica di “Bolivariane”, non è detto però che Chávez se ne fidi del tutto. C’è ad esempio il precedente del generale Raúl Isaías Baduel, che da ministro della Difesa lo costrinse ad accettare il risultato negativo del referendum del 2007, e ne fu in seguito punito con l’arresto e la condanna a otto anni di carcere con accuse di corruzione chiaramente speciose. Per questo accanto a esse ha voluto creare quelle Milizie bolivariane che contano 150 mila uomini contro i 115 mila delle Forze armate, e che sono legate organicamente al partito chávista.