
That win the best
I cori di Liverpool, lo psicodramma Balotelli e il calcio giocato di Zeman
Persino Suarez ed Evra si erano ridati la mano, tanto il momento era toccante e alto. Il Liverpool è tornato ad Anfield per la prima volta dopo che la commissone sul disastro di Hillsborough (15 aprile 1989, semifinale di FA Cup, 96 morti, 766 feriti, tutto nella mia Sheffield) ha stabilito che non ci sono state responsabilità da parte dei tifosi dei reds. Non c’entravano niente, loro. Non c’era aria di rivendicazione o polemica da pub, ma un onesto senso luttuoso della vicenda che ha portato alla liberazione di 96 palloncini per ricordare le vittime, con Bobby Charlton che ha depositato un mazzo di fiori sotto la curva del Liverpool e per un momento tutti si sono stretti in una specie di abbraccio silenzioso
Londra. Persino Suarez ed Evra si erano ridati la mano, tanto il momento era toccante e alto. Il Liverpool è tornato ad Anfield per la prima volta dopo che la commissone sul disastro di Hillsborough (15 aprile 1989, semifinale di FA Cup, 96 morti, 766 feriti, tutto nella mia Sheffield) ha stabilito che non ci sono state responsabilità da parte dei tifosi dei reds. Non c’entravano niente, loro. Non c’era aria di rivendicazione o polemica da pub, ma un onesto senso luttuoso della vicenda che ha portato alla liberazione di 96 palloncini per ricordare le vittime, con Bobby Charlton che ha depositato un mazzo di fiori sotto la curva del Liverpool e per un momento tutti si sono stretti in una specie di abbraccio silenzioso. Tutto questo almeno fino alla fine di Liverpool-Manchester United (1-2): quando lo stadio si è svuotato, i tifosi dello United rimasti nel loro settore hanno iniziato a cantare “assassini, assassini”, “siete sempre le vittime, non è mai colpa vostra” e altri cori che hanno disintegrato ogni tentativo di condivisione della tragedia. La tifoseria è crudele, questo si sa, e la decenza è merce rara. Lo sa bene anche Mario Balotelli che ormai è seguito costantemente da una telecamera, anche se non è convocato, anche se si guarda il City a casa, in streaming a scrocco, e a maggior ragione quando è in panchina e Roberto Mancini lo mette in campo a cinque minuti dalla fine contro l’Arsenal (1-1). Mario a fine partita va dall’allenatore con la sua solita carica di simpatia e il titolare del ciuffo più vaporoso della Premier lo spintona un po’ malamente (ma neanche troppo) nel tunnel, alimentando lo psicodramma a ciclo continuo. Sarà successo qualcosa di simile fra Inzaghi e Allegri in settimana, la speranza è che il City non organizzi una ridicola intervista riparatoria con le coppe alle spalle per costringere i due imbarazzati battibeccanti a stringersi il mignolo come i bambini e a dire pubblicamente che loro si stimano come uomini e come professionisti. E a proposito di imbarazzo: Zeman riesce a far giocare le sue squadre così bene che vincono anche a tavolino. E senza prendere gol.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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