
Libero Sallusti in libero giornale
L’altra faccia del circuito mediatico-giudiziario è una parodia tragica e surreale. Nel 2007 l’attuale direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, è direttore responsabile di Libero. Nel febbraio di quell’anno Libero pubblica in prima pagina un articolo di Andrea Monticone e un commento (firmato con lo pseudonimo Dreyfus) in cui si parla indirettamente di un giudice tutelare, meritevole – secondo il volutamente esagerato corsivo – di pena di morte per avere autorizzato una tredicenne ad abortire.
L’altra faccia del circuito mediatico-giudiziario è una parodia tragica e surreale. Nel 2007 l’attuale direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, è direttore responsabile di Libero. Nel febbraio di quell’anno Libero pubblica in prima pagina un articolo di Andrea Monticone e un commento (firmato con lo pseudonimo Dreyfus) in cui si parla indirettamente di un giudice tutelare, meritevole – secondo il volutamente esagerato corsivo – di pena di morte per avere autorizzato una tredicenne ad abortire. Il giudice tutelare (peraltro mai citato per nome nei due articoli) fa causa a Monticone per l’articolo e a Sallusti per il corsivo. Questa volta la giustizia corre veloce, e Sallusti nel 2009 è condannato a un’ammenda di 4 mila euro. In Appello però la sentenza si tramuta in quattordici mesi di carcere senza condizionale. Mercoledì prossimo la Cassazione esaminerà le carte del processo per l’ultima volta, e se non troverà irregolarità formali Sallusti dovrà finire in galera.
L’assurdità della vicenda impone alla politica un intervento immediato sulla legge: il cortocircuito tra una serie di circostanze sfortunate, magistrati molto zelanti e una norma che, caso quasi unico al mondo, punisce con il carcere chi diffama a mezzo stampa, produce mostruosità come questa, con un direttore di giornale che rischia oltre un anno di reclusione per un articolo che non ha nemmeno scritto. Vittorio Feltri sul Giornale ieri ha giustamente criticato quei politici che, in tanti anni, non hanno saputo cambiare una regola anacronistica adeguandola ai canoni della democrazia liberale, per cui chi diffama è giusto che paghi, ma al massimo con una multa salata. In Italia ci si riempie la bocca – spesso a sproposito – di slogan sulla libertà di stampa in pericolo. Questa volta lo è davvero, la politica non può perdere altro tempo.


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