
I dubbi sul “vincolo esterno” al tavolo sindacal-confindustriale
Il giro di consultazioni del governo su produttività e crescita non è stato accolto con grande entusiasmo da confindustriali e sindacati, ma ora il dibattito sempre meno sotterraneo sul ruolo futuro delle istituzioni europee nel blindare l’agenda Monti rischia di rendere il tutto ancora più difficile. Ecco come e perché.
Entro un mese, ovvero in tempo per avere un altro risultato da presentare all’Eurogruppo e al Consiglio Ue di ottobre, il governo ha detto di attendersi una proposta dalle parti sociali per ridurre lo “spread di competitività” che separa l’Italia dal resto d’Europa.
Roma. Il giro di consultazioni del governo su produttività e crescita non è stato accolto con grande entusiasmo da confindustriali e sindacati, ma ora il dibattito sempre meno sotterraneo sul ruolo futuro delle istituzioni europee nel blindare l’agenda Monti rischia di rendere il tutto ancora più difficile. Ecco come e perché.
Entro un mese, ovvero in tempo per avere un altro risultato da presentare all’Eurogruppo e al Consiglio Ue di ottobre, il governo ha detto di attendersi una proposta dalle parti sociali per ridurre lo “spread di competitività” che separa l’Italia dal resto d’Europa. Allo stesso tempo l’esecutivo ha deluso la richiesta di “risorse” avanzata, sotto forme diverse, dai suoi interlocutori. L’invito a “fare di più”, sempre da parte del governo, equivale piuttosto a dare attuazione concreta all’intesa del 28 giugno 2011 tra sindacati e industriali. Solo in questo caso, ha detto ieri in un’intervista al Sole 24 Ore il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, il ministro dello Sviluppo Corrado Passera “intende mettere in campo le risorse per detassare il premio di produttività”. Limare e dare attuazione al meccanismo dei contratti di secondo livello non sarà una passeggiata, anche perché gli addetti ai lavori osservano che il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, ha chiesto di “partire” dall’intesa dello scorso anno, ma non ha detto che questo sia il punto di arrivo a cui punta il governo.
Anche il “rumore di fondo” non aiuta. Non è solo il fatto che il Centro studi di Confindustria ha appena rivisto in negativo le stime su crescita e occupazione, anche rispetto alle stime del governo. Nel frattempo, per esempio, il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, è tornato a criticare Monti per le sue esternazioni sullo Statuto dei lavoratori. La legge in questione, sostiene il premier, aveva intenti nobili, ma ha finito per peggiorare la capacità del sistema Italia di creare posti di lavoro. Camusso, ovviamente, non la pensa così. Puro dibattito accademico? Nient’affatto, considerato che i partiti politici della sinistra più estrema hanno avviato il meccanismo referendario per abolire la riforma del lavoro firmata dal ministro Fornero e che va a modificare proprio quello Statuto. Inoltre, mentre tutti i sindacati continuano a chiedere interventi a sostegno della domanda, a Palazzo Chigi c’è la convinzione che i volani della crescita siano – nell’ordine – il declino dei rendimenti sui titoli di stato, poi la ripresa della domanda internazionale e infine le riforme strutturali. Quanto a ricette sviluppiste, dunque, siamo agli antipodi. Idem per la politica industriale, come dimostrano le polemiche sull’eclissamento del piano “Fabbrica Italia” di Fiat e il via libera dato dal governo al Lingotto a investire dove meglio crede.
Come se tutto ciò non bastasse a movimentare il mese di triangolazioni sindacati-industriali-governo su produttività e crescita, due giorni fa è arrivata la proposta del presidente degli industriali, Giorgio Squinzi, di attivare lo scudo anti spread messo in campo dalla Banca centrale europea. Lo scudo però va richiesto dal governo, e viene concesso dall’Eurozona in cambio del rispetto di un “memorandum of understanding”, cioè una lista di impegni su rigore fiscale e riforme. Squinzi ha detto che questo meccanismo, affiancato a un impegno esplicito dei partiti a non disfare l’operato dei tecnici, contribuirebbe a portare giù i rendimenti sul debito italiano, innescando un meccanismo virtuoso per l’economia reale.
Galli ed Auci sullo scudo anti spread
“E’ assolutamente giusto chiedere ora l’intervento dell’Europa – dice al Foglio Giampaolo Galli, già direttore generale di Confindustria fino al luglio del 2012 – In astratto sarebbe preferibile l’ipotesi Giavazzi di un accordo preelettorale fra i maggiori partiti coerente con l’agenda europea. Ma questo non accadrà. Quindi l’agenda va messa nero su bianco in un memorandum con l’Ue, che comunque, per essere credibile, avrà bisogno dell’accordo dei maggiori partiti e di un voto del Parlamento. Solo così l’intervento della Bce riuscirà a ridurre durevolmente lo spread. Credo anche la richiesta vada fatta subito e che sarebbe un grave errore lasciare sola la Spagna”.
Tra gli associati di Confindustria, circola anche un’altra tesi: avere alle spalle Draghi, il Fondo monetario internazionale e il “vincolo esterno” con loro concepito, tornerebbe utile per convincere o costringere i sindacati recalcitranti su flessibilità dei contratti e altre riforme impopolari. Squinzi, è il ragionamento di questa scuola di pensiero, è infatti stretto tra una base colpita sempre più duramente dalla crisi e un sindacato con rivendicazioni sempre maggiori. A Viale dell’Astronomia smentiscono che la richiesta di scudo c’entri qualcosa con il tavolo sulla produttività.
Ma resta il fatto che ci sono almeno due ragioni di fondo per cui il dibattito sull’Europa finirà per influenzare le trattative di questo mese. Innanzitutto perché i sindacati, pur avendo ufficialmente esultato mercoledì scorso quando la Corte federale tedesca ha dato il via libera al Fondo salva stati (Esm), continuano a chiedere un radicale ripensamento delle politiche di austerity previste dal Fiscal compact e si oppongono in linea generale a ulteriori riforme su pensioni e mercato del lavoro, come invece richiesto da Bce e Commissione. Viale dell’Astronomia, al contrario, sostiene che Monti doveva fare “di più” dal punto di vista delle riforme, sicuramente non “di meno”. Inoltre la richiesta di intervento della Bce, con annesse condizionalità, ha conseguenze anche per il futuro politico italiano, e ancora una volta su queste possibili conseguenze Confindustria e Cgil si dividono. “La proposta di Squinzi è condivisibile, molto innovativa, e rappresenta un salto di qualità per Viale dell’Astronomia che torna così a essere soggetto attivo di politica economica, mostrando di avere nel suo orizzonte anche gli interessi generali del paese”, dice al Foglio Ernesto Auci, già amministratore delegato del confindustriale Sole 24 Ore e oggi editore della testata Firstonline. Auci, che ha da poco fondato il gruppo di professionisti “Indipendenti per l’Italia” a sostegno di un Monti-bis, è d’accordo con la tesi che un impegno preso in Europa sarà utile a ricordare, ancora una volta, che “a Monti o alla linea Monti non c’è alternativa credibile, anche per l’immediato futuro”. E un Monti-bis è quello che hanno detto di auspicare i maggiori esponenti del mondo economico e finanziario riuniti a Cernobbio la scorsa settimana. Se un intervento dell’Europa come quello richiesto da Squinzi contribuirà a rendere credibile questo scenario, dunque, ben venga. Ma ancora una volta la Cgil, per ora in compagnia della Uil, non potrebbe pensarla più diversamente: dal voto del 2013 la Camusso si aspetta un governo politico e possibilmente di sinistra. Anche per questo il tavolo autunnale sulla produttività potrebbe scaldarsi.


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