
Draghi e Monti, gemelli diversi dell'euro
Mario Draghi e Mario Monti stanno emergendo come grandi tecnici con abilità politica, capaci di traghettare l’Italia e, a ben guardare, l’Eurozona, fuori dalla crisi per la quale rischiavano di implodere. Vi è un collegamento fra le due grandi operazioni intraprese dall’uno e dall’altro: il decreto “Salva Italia” e la connessa politica del rigore di Monti, che porta il nostro paese al virtuale pareggio di bilancio nel 2013 – anche a prezzo di una recessione superiore al 2 per cento del pil che difficilmente un governo a maggioranza Pdl o Pd avrebbe potuto reggere –, e il nuovo strumento di intervento di Draghi, che comporta l’acquisto senza limiti di titoli con maturità massima triennale degli stati che accetteranno le condizionalità europee ed eventualmente del Fondo monetario internazionale (Fmi).
Mario Draghi e Mario Monti stanno emergendo come grandi tecnici con abilità politica, capaci di traghettare l’Italia e, a ben guardare, l’Eurozona, fuori dalla crisi per la quale rischiavano di implodere. Vi è un collegamento fra le due grandi operazioni intraprese dall’uno e dall’altro: il decreto “Salva Italia” e la connessa politica del rigore di Monti, che porta il nostro paese al virtuale pareggio di bilancio nel 2013 – anche a prezzo di una recessione superiore al 2 per cento del pil che difficilmente un governo a maggioranza Pdl o Pd avrebbe potuto reggere –, e il nuovo strumento di intervento di Draghi, che comporta l’acquisto senza limiti di titoli con maturità massima triennale degli stati che accetteranno le condizionalità europee ed eventualmente del Fondo monetario internazionale (Fmi). Infatti, a differenza della Spagna che si dibatte fra complessi problemi, in relazione alle condizioni per fruire del “bazooka” di Draghi l’Italia può considerare con serenità la sottoscrizione di queste condizioni, essendo prossima all’azzeramento del deficit. Insomma, c’è stato, seppure sotto traccia, uno scambio di testimone fra Monti e Draghi, che serve soprattutto all’Italia ma anche alla Spagna e alla Grecia, in quanto la prossimità di Roma al pareggio fa sì che il Meccanismo europeo di stabilità (Esm) basti ampiamente per questi due altri stati.
Ma accanto alle somiglianze ci sono anche notevoli differenze fra i due Mario, in parte dipendenti dalla loro diversa concezione dei compiti dell’economista nel governo di istituzioni tecniche e politiche e dalla loro diversa visione internazionale, e in parte anche dai loro diversi condizionamenti. Draghi, che viene dalla scuola di Federico Caffè, è più sensibile al ruolo delle ideologie politico-economiche del freddo Monti che viene dalla scuola bocconiana. E ciò fa si che Draghi riesca ad avere un ruolo ideologico nel mondo tedesco – in cui le ideologie contano – mentre Monti ha soprattutto un rapporto basato sulla competenza e sulla lealtà europeista mostrata nelle istituzioni comunitarie. Non a caso due giorni fa Draghi ha chiamato ancora una volta in causa il Fmi, non essendo – a differenza di Monti – in primo luogo un europeista, ma un internazionalista. E, pur insediato a Francoforte, capitale monetaria dell’Eurozona, non dimentica mai Washington.
Dal punto di vista dei condizionamenti esterni, inoltre, il presidente della Bce deve tenere a bada i falchi monetari tedeschi. Il premier italiano, dal canto suo, deve predicare l’economia di mercato, con un modello liberalizzato e welfare ridimensionato, a fronte di un Pd ancora legato alla Cgil e al parastato assistenzialista: impresa assai più difficile.


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