Nagel, affari all'italiana

Redazione

In maggio Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, ha tenuto un incontro segreto con il magnate delle assicurazioni siciliano Salvatore Ligresti che ha messo in pericolo la sua carriera come più influente negoziatore d’Italia. Seduti a un tavolo negli uffici di Mediobanca, in centro a Milano, i due uomini hanno spento i propri cellulari per essere sicuri che nessuno potesse intercettare i temi della discussione: Nagel voleva che l’imprenditore ottantenne cedesse il controllo del suo impero finanziario.
“Il suicidio sarebbe meglio”, ha detto Ligresti scoppiando in lacrime, ha riferito Nagel in un’intervista al Wall Street Journal.

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    Questo articolo è apparso sul Wall Street Journal il 30 agosto a firma di Stacy Meichtry e Giovanni Legorano con il titolo “Deal Making, Italian Style”.
     
    In maggio Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca, ha tenuto un incontro segreto con il magnate delle assicurazioni siciliano Salvatore Ligresti che ha messo in pericolo la sua carriera come più influente negoziatore d’Italia. Seduti a un tavolo negli uffici di Mediobanca, in centro a Milano, i due uomini hanno spento i propri cellulari per essere sicuri che nessuno potesse intercettare i temi della discussione: Nagel voleva che l’imprenditore ottantenne cedesse il controllo del suo impero finanziario.
    “Il suicidio sarebbe meglio”, ha detto Ligresti scoppiando in lacrime, ha riferito Nagel in un’intervista al Wall Street Journal. L’avvocato di Ligresti, Gian Luigi Tizzoni, ha detto che il suo cliente non è un suicida, rifiutandosi di commentare. Tizzoni ha però riconosciuto che Ligresti era emozionalmente sconvolto. Entrambi gli uomini d’affari erano consci del rischio di quell’incontro, ed entrambe le parti in causa confermano il resoconto di quanto successo. Nagel voleva che Ligresti permettesse alla holding di famiglia, Premafin, di lanciare un aumento di capitale. Così facendo avrebbe consentito a Fondiaria Sai, l’asset più pregiato di Premafin, di evitare la bancarotta e fondersi con altre due assicurazioni, formando un colosso europeo del settore. Con il fallimento di Fondiaria, Mediobanca avrebbe rischiato infatti di perdere più di un miliardo di euro, cioè quanto aveva prestato alla società.
    Ma l’aumento di capitale avrebbe anche diluito in maniera consistente la quota di controllo della famiglia Ligresti in Premafin. Così l’imprenditore ottantenne ha azzardato una mossa poco ortodossa che ha gettato Nagel al centro dell’inchiesta portata avanti dalla procura milanese, secondo la quale lui e Ligresti hanno ostacolato le autorità di vigilanza: Ligresti ha infatti sottoposto al banchiere un foglio scritto a mano con una lista di richieste – incluso il pagamento di 45 milioni alla sua famiglia, consulenze per i suoi figli, pieno e libero accesso per un resort in Sardegna per se stesso. Nagel ha siglato i desiderata, e nessuno ne ha fatto parola con le autorità.

    Secondo gli inquirenti e l’autorità che vigila sulla Borsa, la Consob, ogni patto deve essere prontamente reso noto. Nessuno è stato finora accusato, ma entrambi hanno ricevuto comunicazione di essere sotto indagine. In un’intervista, avvenuta all’inizio di questo mese, pochi momenti dopo avere ricevuto l’avviso, Nagel ha negato di avere stretto un patto e che trovava la lista troppo eccentrica per essere presa sul serio. “Ho preso atto della lista, ma non ha mai portato a nulla”, ha detto aggiungendo di avere agito mosso da pietà nei confronti di Ligresti.
    “Le mie iniziali erano un gesto di compassione”, ha detto Nagel. Secondo Ligresti le iniziali del banchiere hanno suggellato un “patto tra gentiluomini” che garantiva l’avallo della fusione. I critici vedono nell’incontro di maggio la prova che il capitalismo italiano rimane schiavo di un sistema di nepotismo che anche secondo il presidente del Consiglio, Mario Monti, imbriglia l’economia nazionale.
    L’opaca natura dell’“impresa Italia”, dicono gli esperti, soffoca la concorrenza e scoraggia gli investimenti stranieri nelle aziende italiane, che sono piccole e sottocapitalizzate a confronto con i concorrenti europei.

    Ora il futuro di Nagel è in bilico. I vertici di Mediobanca hanno indetto un consiglio per il 5 settembre per discutere in merito alle indagini, secondo persone a conoscenza della situazione. “Se le indagini diventano un ostacolo, [Nagel] non è nella posizione di guidare l’istituto”, riferisce uno di loro. L’inchiesta segna una serie notevole di eventi per Nagel, un milanese quarantasettenne vivace e sicuro di sé.
    In Italia Mediobanca – che impiega 3.600 persone e ha registrato ricavi per 1,54 miliardi – è nota per essere luogo di spicco del cosiddetto “salotto buono”, dove l’élite economica nazionale s’incontra per concertare gli affari. Nell’epoca successiva alla fine della Seconda guerra mondiale, Mediobanca ha costruito una rete di partecipazioni azionarie sovrapposte che, permettendo alla banca di tirare i fili della finanza che conta, ha ostacolato l’economia italiana, dicono i critici. “Mi spiace andare contro la nozione di salotto buono, ma questo concetto ha spesso tutelato bene l’esistente, ma a volte ha impedito un po’ la distruzione creatrice schumpeteriana”, ha detto Monti in un incontro alla Borsa di Milano all’inizio di quest’anno.

    In un’intervista Nagel ha asserito di essersi impegnato per cambiare il sistema, ricordando il modo in cui ha rivoluzionato minuziosamente la governance interna di Mediobanca e usato la propria capacità di mediazione per eliminare controverse corporazioni del potere. Questi sforzi, ha aggiunto Nagel, hanno fatto irritare l’establishment. “Forse mi sono fatto troppi nemici”, ha aggiunto. I critici dicono che il garbuglio tra Nagel e la famiglia Ligresti sconfessa gli sforzi che Nagel sostiene di avere fatto per cambiare le cose, paragonando il banchiere a un noto archetipo nazionale: una figura legata all’establishment che si maschera da riformatore solo per conservare il proprio potere. “Vuole mantenere la sua posizione e il nostro sistema è uno di quelli che favorisce la conservazione”, afferma Giandomenico Piluso, storico del sistema bancario all’Università di Siena.
    Nella mediazione della fusione di Fondiaria, Nagel ha toccato una serie di interessi coincidenti. Non solo Fondiaria è debitrice di Mediobanca, ma Premafin deve 322 milioni di euro a un consorzio di banche capitanato da Unicredit, principale azionista di Mediobanca. Anche Fondiaria ha un’emorragia di cassa. In marzo, infatti, l’azienda ha riportato una perdita netta di 853 milioni sull’esercizio 2011.
    Un mese dopo gli investigatori milanesi hanno fatto sapere di essere alla ricerca di ulteriori prove che Ligresti stesse usando società off-shore per comprare segretamente azioni Premafin per fare salire il prezzo in Borsa. L’avvocato Tizzoni, il quale conferma che il suo cliente è oggetto di un’indagine sulla compravendita, ha detto che le azioni Premafin sono state anche acquistate da un altro investitore senza che Ligresti ne fosse a conoscenza.
    Con l’appoggio di Unicredit, Nagel ha concertato il piano per la fusione di Fondiaria con la concorrente Unipol e Milano Assicurazioni, un piccolo assicuratore controllato da Fondiaria. Il 17 maggio Ligresti ha incontrato Nagel per formulare le proprie richieste. Il 23 giugno Paolo Ligresti, figlio di Salvatore, ha parlato agli inquirenti della lista, secondo quanto riferisce il suo avvocato, Alessandro Ciccioni, spingendo così i pubblici ministeri a sequestrare il documento.

    (Traduzione di Alberto Brambilla)

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