Trovate dei Breznev Bond nella soffitta russa? Non buttateli

Redazione

Non ci sono solo le sentenze sulla legge 40: la Corte europea dei diritti dell’uomo rischia di innescare anche una crisi del debito in Russia, dopo aver riconosciuto il diritto di alcuni risparmiatori a riscuotere le obbligazioni pubbliche che erano state emesse durante l’epoca sovietica. Il 19 luglio i giudici di Strasburgo hanno deciso di bocciare l’appello presentato dalla Federazione russa contro una sentenza emessa dalla stessa Corte europea dei diritti umani in febbraio, con la quale aveva condannato Mosca a pagare 37.150 euro a Yuriy Lobanov per il mancato rimborso dei bond emessi nel 1982.

    Bruxelles. Non ci sono solo le sentenze sulla legge 40: la Corte europea dei diritti dell’uomo rischia di innescare anche una crisi del debito in Russia, dopo aver riconosciuto il diritto di alcuni risparmiatori a riscuotere le obbligazioni pubbliche che erano state emesse durante l’epoca sovietica. Il 19 luglio i giudici di Strasburgo hanno deciso di bocciare l’appello presentato dalla Federazione russa contro una sentenza emessa dalla stessa Corte europea dei diritti umani in febbraio, con la quale aveva condannato Mosca a pagare 37.150 euro a Yuriy Lobanov per il mancato rimborso dei bond emessi nel 1982. La Russia ha violato l’articolo 1 (protezione della proprietà privata) del primo Protocollo della Convenzione sui diritti umani per non aver rispettato “il diritto del ricorrente al rimborso dei titoli pubblici del 1982”, hanno sentenziato i giudici di Strasburgo. E così il settantaquattrenne di Ivanovo si è trovato a incassare un assegno che vale 140 volte la pensione media. In aprile anche Mariya Andreyeva, una novantacinquenne sopravvissuta all’assedio di Leningrado, si è vista riconoscere da Strasburgo un risarcimento di 4.300 euro. Soprattutto, Vladimir Putin potrebbe trovarsi perseguitato da quelli che Bloomberg ieri ha definito i “Breznev Bond”: titoli emessi a partire dal 1982, con un rendimento del 3 per cento, collegati a una lotteria che assegnava come premi Volga e Ziguli, le mitiche auto sovietiche.

    Il problema è reale a giudicare da quanto scritto dal ministero delle Finanze russo in un rapporto sulla strategia del debito: rimborsare significherebbe “imporre obblighi esorbitanti al bilancio federale. Se dovesse realmente accadere, lo stato sarebbe privato della capacità di pagare per altre spese per un prolungato periodo di tempo”. I Breznev Bond sono parte dei 25 trilioni di rubli di debito – 785 miliardi di dollari, circa metà del pil russo – che la Russia riconosce come debito ereditato dall’era sovietica. Se altri paesi dell’ex Urss hanno risolto la questione riconoscendo ai risparmiatori compensazioni minime rispetto al valore reale dei titoli, dalla caduta dell’impero Mosca continua a promettere che prima o poi pagherà tutto il dovuto. Nel 1995 Boris Yeltsin firmò una legge che riconosceva ai risparmiatori russi il credito nei confronti dello stato russo. Nel 2002 Vladimir Putin cominciò a rimborsare, salvo poi interrompere gran parte dei pagamenti. Alla fine il presidente ha deciso di congelare tutti i rimborsi almeno fino al 2015.

    Bloomberg ha raccontato di gente che ha trovato Breznev Bond per un valore di 600 mila rubli in un baule della nonna e di speculatori pronti ad approfittare della sentenza di Strasburgo. “Come farsi carico di un debito così enorme? Tutto collasserebbe immediatamente”, ha detto Boris Kheyfets, specialista del debito sovietico. In realtà, una crisi come quella della zona euro appare remota. Ma i Breznev Bond sono l’ennesimo sintomo di un male più grande che colpisce la Russia, nonostante l’ingresso nell’Organizzazione mondiale del commercio: le reliquie politiche ed economiche dell'era sovietica e della transizione. Senza la manna di petrolio e gas, il bilancio russo registrerebbe un deficit del 10-12 per cento l’anno, secondo Fitch. La crescita è ben al di sotto di quella degli altri Brics e “la prospettiva della Russia di tornare ai tassi del 7 per cento pre crisi appare remota in assenza di riforme strutturali”, ha detto l’agenzia il 16 agosto. Mosca è in fondo alla classifica globale per stabilità politica, stato di diritto, controllo della corruzione ed efficacia del settore pubblico. I capitali continuano a sfuggire all’estero e, “in assenza di un maggior consolidamento di bilancio”, una caduta dei prezzi petroliferi “indebolirebbe le finanze pubbliche e l’economia” tanto da spingere Fitch a immaginare un downgrade.