Le scale immobili

Redazione

Non pretendiamo che diventi un indicatore ufficiale e certificato dello stato di salute dell’economia nazionale e globale, oltre che della tenuta dell’occidente e della sua capacità di resistenza al declino. Ma certo, la quantità di scale in teoria mobili – per non parlare dei tapis (non) roulant – che risultano invece desolatamente immobili, e in cui nelle grandi città (parliamo soprattutto dell’Italia, ma non solo) ci si imbatte quotidianamente in metropolitana, nelle stazioni, financo nei centri commerciali e nei grandi magazzini, ovunque (scale mobili ferme per lavori, per guasti, per motivi imponderabili e sconosciuti), invita a qualche pensiero preoccupato.

    Non pretendiamo che diventi un indicatore ufficiale e certificato dello stato di salute dell’economia nazionale e globale, oltre che della tenuta dell’occidente e della sua capacità di resistenza al declino. Ma certo, la quantità di scale in teoria mobili – per non parlare dei tapis (non) roulant – che risultano invece desolatamente immobili, e in cui nelle grandi città (parliamo soprattutto dell’Italia, ma non solo) ci si imbatte quotidianamente in metropolitana, nelle stazioni, financo nei centri commerciali e nei grandi magazzini, ovunque (scale mobili ferme per lavori, per guasti, per motivi imponderabili e sconosciuti), invita a qualche pensiero preoccupato. Ci diciamo che è forse per via dell’estate, che l’autunno porterà una nuova ventata di mobilità (letterale, se non sociale, che in quella nessuno o quasi crede più), una gioiosa ondata di ordinaria e straordinaria manutenzione che restituirà le scale mobili alla loro vocazione originaria. Ma in cuor nostro sappiamo già che non sarà così, che quella speranza è solo un’illusione. Perché, a pensarci bene, le scale sedicenti mobili e sempre più immobili si sono moltiplicate, negli ultimi anni e nei mesi più recenti, al punto che siamo stati assaliti dal sospetto che dietro quell’immobilità, in teoria provvisoria ma tendente all’infinito, ci possa essere la necessità di risparmiare sulla bolletta elettrica, oltre che sui famosi lavori di manutenzione e sui relativi appalti. Segni palesi di penuria, dunque, avvisaglia del peggio in agguato, di declino e smobilitazione (appunto).

    La lettera di informazioni economiche on line “Anesti” ha scritto, scherzando ma non troppo, che “il numero di scale mobili ferme ogni giorno per guasti e manutenzione che si trovano nelle metropolitane di Roma e Milano” potrebbe fornire un parametro efficace per valutare il “rating da rischio paese” italiano: crescita dello spread direttamente proporzionale al numero delle scale mobili fuori uso, insomma. Anche senza arrivare a tanto, tornano alla memoria certi racconti sul socialismo reale, certe descrizioni di opere gigantesche e tecnologicamente possenti per le quali nessuno aveva previsto né pezzi di ricambio né ordinaria e quotidiana manutenzione. Lì si è visto come è finita, speriamo che alle scale mobili romane e milanesi vada un po’ meglio.