
Io boccio Monti. Il mio voto è 10
Caro Ostellino, grazie per il “giovanile” ma non me lo merito più almeno dal 7 gennaio scorso. Del mio volontarismo politico nell’appoggio scandaloso a Monti, perniciosa illusione secondo te, dirò tra qualche istante. Prima vediamo bene le tue accuse principali al governo tecnico nel merito delle sue scelte. E’ infatti per le sue scelte, e per il modo di condurle, che sono passato da un giudizio perfino enfaticamente contrario all’operazione ideata da Napolitano e accettata dai partiti a un giudizio enfaticamente favorevole.
Caro direttore, non sono d’accordo che l’intervista del presidente del Consiglio a Tempi sia – come scrive l’elefantino a corredo della sua (lodevole) pubblicazione integrale sul Foglio – “da dieci e lode”. Dice il capo del governo: “Penso che l’Italia si trovi in uno stato di difficoltà soprattutto a causa dell’evasione fiscale”. O Monti mente sapendo di mentire o straparla. Come presidente del Consiglio, egli sa che l’Italia è in piena recessione non “a causa dell’evasione” – che pure va efficacemente combattuta – ma di migliaia di leggi, regolamenti, divieti, licenze; dell’incertezza del diritto; di una giustizia lenta e paranoide; di uno stato sociale troppo costoso; dell’eccessiva pressione fiscale, cui anche il suo governo ha fortemente contribuito. Tutti ostacoli allo sviluppo della sua economia.
Mente una seconda volta quando dice che “la notorietà pubblica del nostro alto tasso di evasione contribuisce molto a indisporre nei confronti dell’Italia quei paesi dai quali di tanto in tanto potremmo avere bisogno di assistenza finanziaria”. Come presidente del Consiglio, sa che quei paesi erano “indisposti” verso l’Italia per la sua passata incapacità di tenere in ordine i conti pubblici e sono ora felici di approfittare della scarsa competitività dell’Italia, generata anche dal rigore fiscale che essi stessi ci hanno imposto come “compiti a casa” e che il governo tecnico, con burocratica meccanicità, ha fatto. Come economista, dovrebbe sapere che la contrazione del gettito fiscale è una conseguenza del crollo dei consumi, provocato dall’eccesso di fiscalità, e che proporre, contemporaneamente, un aumento dell’Iva è un nonsenso, una contraddizione logica e fiscale.
Il tuo (giovanile) “volontarismo” ti impone di ignorare tutto ciò nella prospettiva di fare (sempre) “un passo avanti”; stai attento, però, di non farne “due indietro”. Il mio (costante) scetticismo liberale mi suggerisce di attenermi sempre alla machiavellica “realtà effettuale”. Tu guardi, ora, con ottimismo, al governo tecnico – la cui anomala nascita hai definito, forse un po’ enfaticamente, ma anche molto realisticamente “una sospensione della democrazia” – come alla necessaria fase di transizione verso la sistematizzazione e razionalizzazione della politica. Temo ti faccia qualche illusione. Dalla grande stampa nazionale il governo degli ottimati – già apprezzato come rimedio contro la crisi e ostacolo alle elezioni anticipate – è interpretato come il veicolo non della temporanea sospensione della democrazia, bensì del suo definitivo superamento. Non si esorcizzano le elezioni anticipate, ma tout court le elezioni; auspicandole, ormai senza pudore, sempre più lontane. E’ destino che, da noi, “lo spirito del mondo” non conduca mai, hegelianamente, al trionfo della libertà, ma sempre alla sua negazione. In fondo al tunnel non c’è “la fine della crisi” come dice Monti – al quale l’italico “spirito del mondo” ha assegnato la parte del “re travicello” – ma l’approdo a una forma di “democrazia tecnocratico-amministrativa” che della sovranità popolare segnerebbe la fine.
Non mi scandalizzo, pertanto, se Monti mente; tanto meno ne faccio una questione morale. E’ nelle regole del gioco politico e lui, da politico, mente. Mi spaventa, invece, se dice che “la lotta all’evasione può comportare la necessità di momenti di visibilità che possono essere antipatici. Ma che hanno un forte effetto preventivo nei confronti degli altri cittadini”. Qui siamo già sulla strada dello stato totalitario, perché Monti pare ignorare e i grandi media evitano di dire che: 1) quelli che lui definisce “momenti di visibilità” nella lotta all’evasione, sono, in realtà, violazioni delle libertà e dei diritti individuali del cittadino; 2) lo stato ha il compito di perseguire i reati – compreso quello di evasione fiscale – non di produrre “un effetto preventivo” sugli altri cittadini, come fanno le teocrazie.
E’ paradossale, se non patetico, che egli manifesti la propria soddisfazione e persino gratitudine nei confronti di chi lo “usa” per prolungare le condizioni che hanno ridotto il paese alla parodia delle ex democrazie popolari. Mi chiedo, però: le forze politiche che ne sostengono il governo sarebbero ancora convergenti se lui avesse cercato di fare la radicale semplificazione normativa e amministrativa che il futuro del paese esige ? Non credo. Questo è il governo dello status quo ante proprio per tornare allo “stato canaglia” che ha prodotto la crisi. Dica pure che, per ora, non si possono abbassare le tasse. Ma, almeno, eviti di prenderci per i fondelli. Cornuti e mazziati è troppo.
Piero Ostellino
Caro Ostellino, grazie per il “giovanile” ma non me lo merito più almeno dal 7 gennaio scorso. Del mio volontarismo politico nell’appoggio scandaloso a Monti, perniciosa illusione secondo te, dirò tra qualche istante. Prima vediamo bene le tue accuse principali al governo tecnico nel merito delle sue scelte. E’ infatti per le sue scelte, e per il modo di condurle, che sono passato da un giudizio perfino enfaticamente contrario all’operazione ideata da Napolitano e accettata dai partiti a un giudizio enfaticamente favorevole. Dunque lo scontro di cui mi onori è frontale.
L’enfasi è parte del cattivo giornalismo, ma anche del buon giornalismo in un teatro in cui a stare schisci spesso ci si guadagna in reputazione di serietà e autorevolezza, ma sempre senza farsi capire. Infatti anche tu sei generosamente enfatico nel tuo scetticismo liberale: dici che i professori agiscono come ayatollah, che mentono per la gola in quanto tutelano lo status quo voluto dai partiti, e che lo fanno allo scopo di superare definitivamente la democrazia per tornare poi allo stato canaglia che ha generato la crisi (e la tua enfasi a me piace, ma non mi sembra realistica, mi sembra un punto esclamativo su ragionati principi non negoziabili, dimensione alta della cultura e della visione del mondo ma troppo alta per giudicare la politica, che è bassina proprio quando ci si avvicina alla machiavelliana realtà effettuale della cosa).
Ti ricordi di Leona Helmsley, nota al gossip mediatico come the Queen of Mean, la Regina del Male? Titolare di una grande fortuna finanziaria fondata su immobili e alberghi, fu condannata nel 1989 su iniziativa di Rudolph Giuliani a sedici anni di galera, pena poi ridotta, dopo un processo per evasione fiscale, e scontò diciannove mesi di carcere in una prigione federale americana. Aveva evaso le tasse falsificando i dati della ristrutturazione di una sua villa, mettendo parte del costo dei lavori in conto all’azienda. Nel dibattimento era venuto fuori che una sua impiegata le diceva: “Tu devi pagare molte tasse”, e lei rispondeva: “We don’t pay taxes, only little people pay taxes”. Non è un caso limite negli Stati Uniti, come mi insegni, è la regola in un paese in cui si pagano relativamente poche tasse in ottemperanza a ciò che si reputa un dovere, e si ottengono in cambio servizi che sono considerati come diritti. Altrimenti si finisce in galera dopo giusto processo. La regola conosce eccezioni, e non ho nessun cieco dogmatismo nel giudicare la società americana, ma da noi accade l’inverso, e la regola è che chi paga è un fesso, piccola gente, e chi non paga le tasse è un furbo, un invidiabile vip. A me la tolleranza piace, vedo molti rischi in quella che il nostro grande amico Enzo Bettiza una volta chiamò “la trasformazione delle regole del gioco nel gioco delle regole”, ma certe cose si fanno, oggettivamente e al di là del giudizio etico, quando ce le si può permettere. Poi basta, sennò è la rovina comune.
Una certa deterrenza serve, quindi. So bene che alla fine l’unico modo di far pagare le tasse è abbassarle, renderle compatibili con una strategia di sviluppo, e anzi cruciali nel promuoverlo. In particolare per noi che giochiamo a fare gli americani perché quello europeo continentale ci sembra un cattivo gioco, e pesante. So che bisognerebbe cambiare vita, scendere come da un bus, austeigen per usare la lingua della Merkel, e trovarci un nuovo mezzo di trasporto nella città a mercati e frontiere aperte. Il Reagan della Brianza, Berlusconi secondo una vecchia buona inchiesta di Gad Lerner, non ce l’ha fatta in quasi vent’anni; non si può chiedere di farlo a un competente, onesto e intelligente professore bocconiano, che amava il modello renano, che ha aderito al progetto europeo da editorialista del Corriere e da commissario alla Concorrenza e al Mercato unico, che è stato chiamato in emergenza finanziaria e in situazione di crescita zero tendente alla recessione, in una economia da tempo non competitiva e assetata di riforme che non arrivano mai, in una crisi politica verticale e anche orizzontale, società e partiti e istituzioni tutti brancolanti più o meno alla cieca. Ho detto e ripeto che Monti merita dieci e lode perché fa quel che può e non affetta orgogli luciferini né promette sogni. Atto di realismo, necessario finché non si trovi il modo di delineare una alternativa, e che sia quella giusta, non quella del bravo Stefano Fassina e dei rinazionalizzatori dell’economia italiana che pullulano nel Pd e associati. Su questo siamo in ritardo grave. Anche voi scettici. Mi pare che anche Antonio Martino se ne sia bene reso conto.
Monti, altro argomento della tua delenda montiaggine, non è un commissario ad acta della signora Merkel, non ha mai nascosto le sue opinioni di tecnico, di centrista, di economista sociale di mercato (espressione che mi fa uscire dai gangheri), ma ha triangolato con Hollande e Rajoy, ha fatto quadriglia con Cameron sulla crescita finché ha potuto, ha duettato con Draghi con un certo sprezzo del pericolo, ha usato generosamente la risorsa Obama, e insomma ce la mette tutta per non far saltare l’euro e per dare uno status non infantile, primitivo, abborracciato all’economia e alla politica italiana, o quel che ne resta, e al loro peso in Europa e nel mondo. Questo avviene in un contesto politico domestico che tu conosci: l’ex ministro dell’Economia lotta contro il “fascismo finanziario”, e ’fanculo il capitalismo (come dice Corrado Guzzanti); e l’aspirante premier Bersani vuole smacchiare i giaguari con Vendola e Landini. Mi spiego? Perché dovrei dargli addosso, al preside? E’ in questo contesto che la riforma del lavoro ha aperto un varco, sia pure lasciando aperti molti spazi per la critica sul suo annacquamento, e le altre molte riforme, pensioni a parte ché quello è un piccolo capolavoro, non sono così forti da reinnestare seduta stante la crescita e da cambiare radicalmente lo status quo in meno di un anno: vorrei vedere. Siamo un paese di “esodati” e di “riprotetti”, due parole chiave (Inps e Wind) da tenere sempre presenti.
Criticare Monti è ovviamente più che legittimo. Un’intervista da dieci e lode e uno stile in cui l’accademismo è temperato da una certa ironia, e dal considerare sé stesso e i compiti a casa un interregno, non escludono la conta degli errori, e il tuo impegno contro il furore antifiscale e per riforme adeguate alle circostanze è comprensibile alla luce del tuo scetticismo. Ma io sono appunto un volontarista politico, non proprio un mazziniano da pensiero e azione, mi muovo piuttosto alla garibaldina, con tutti i difetti della cosa. Saremo pure come tu scrivi una parodia delle ex democrazie popolari, a proposito di encomiabile enfasi nel giudizio, ma è meglio un Re travicello, te lo dico con tutta la deferenza di un tuo antico ammiratore, di questi Napoleoni a cavallo che promettono o minacciano, in nome dello spirito del mondo, di restaurare una piena democrazia politica senza un’idea in testa. Supereremo anche questa, la democrazia è in un certo senso fin troppo salda, viste le prove che ha dato e che sta dando nella sua versione antipolitica, di totalitarismo giudiziario, di intolleranza per gli altri. Se non altro, è bene che Monti ci serva da lezione per l’immediato futuro, stile e sostanza. Non è forse un professore?


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