“Israele non si fida dell'America”. Parlano Ben Yishai e Karmon

Giulio Meotti

Dall’Iran arriva una sorta di conferma del possibile intervento israeliano contro i siti nucleari, notizie martellanti in cui si parla di allerta, preparazione di rifugi, scorte di cibo e movimenti dell’esercito. Ieri il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, ha ribadito che Israele va “rimosso” dalla faccia della terra. A Gerusalemme si vive il dramma della decisione più importante dal 1948: “bombing or bunkering”, bombardare i siti iraniani o prepararsi a un medio oriente nuclearizzato.

    Dall’Iran arriva una sorta di conferma del possibile intervento israeliano contro i siti nucleari, notizie martellanti in cui si parla di allerta, preparazione di rifugi, scorte di cibo e movimenti dell’esercito. Ieri il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, ha ribadito che Israele va “rimosso” dalla faccia della terra. A Gerusalemme si vive il dramma della decisione più importante dal 1948: “bombing or bunkering”, bombardare i siti iraniani o prepararsi a un medio oriente nuclearizzato.
    Ne parliamo con Ron Ben-Yishai, il giornalista principale del maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth.

    Da quarant’anni decano dei corrispondenti militari, Ben-Yishai è stato immortalato nel film “Valzer con Bashir” ed è l’unico giornalista che abbia visitato il reattore nucleare vicino a Damasco dopo che era stato distrutto da Israele. “Gli iraniani hanno molto accelerato l’arricchimento dell’uranio negli ultimi cinque mesi”, dice al Foglio Ben-Yishai. “A dicembre avranno abbastanza materiale per produrre una bomba atomica come quella di Hiroshima. Non significa che saranno un paese nuclearizzato, ma un ‘threshold’, ovvero mancherà solo la decisione di costruire la bomba. E’ la ‘linea rossa’ di Israele, mentre l’America vuole aspettare l’ordine. Per questo ci sono due diversi orologi atomici, israeliano e americano”. Dice Ben-Yishai che la leadership israeliana non si fida delle promesse americane. “Israele non può essere certo che l’America attaccherà gli iraniani mantenendo la promessa. Clinton e Bush dissero lo stesso della Corea del nord. Se una mattina il premier Benjamin Netanyahu desse l’ordine di attacco, la sera ci saranno già gli aerei israeliani diretti sull’Iran. Il problema è che l’establishment della Difesa e dell’intelligence, come il Mossad, sono contrari a una simile operazione senza l’America. Israele allora chiede quattro cose a Obama: una dichiarazione esplicita secondo cui l’Iran non diventerà atomico, un ultimatum sui talks che finora hanno fallito, creare una minaccia militare nel Golfo e muovere la linea rossa verso il ‘threshold’ d’Israele”.

    Il professor Ely Karmon è uno stratega spesso consultato dai governi israeliani, titolare di cattedra nel famoso Centro Interdisciplinare di Herzliya. “La domanda è una sola: può Israele fidarsi degli Stati Uniti?”, dice Karmon al Foglio. “Se si guarda alla storia, no. Neppure Reagan, un presidente molto impegnato nella lotta al terrorismo e agli ‘stati canaglia’, ha attaccato gli iraniani quando questi hanno ucciso centinaia di soldati americani a Beirut. Clinton non ha risposto all’Iran quando hanno ucciso venti americani in Arabia Saudita. Neanche Bush, che pur ha imposto il nucleare iraniano nell’agenda internazionale, ha attaccato l’Iran mentre agenti iraniani uccidevano soldati americani in Iraq. L’America ha paura dell’Iran. Per questo non credo che Obama attaccherà l’Iran dopo le elezioni. Israele non si fida. Anche i vertici della Difesa degli Stati Uniti, da Panetta a Dempsey e Petraeus, hanno detto di aver paura di un conflitto con gli iraniani”.

    Karmon rigetta il pessimismo sullo strike israeliano. “Israele dovrà tenere conto delle considerazioni strategiche, come la caduta di Assad e la possibilità che uno strike blocchi ogni possibile regime change in Iran. Ma Israele attaccherà se arriva il ‘momento della verità’. Si tratta del punto in cui non sarà più possibile distruggere il programma nucleare iraniano. Soltanto venti persone in Israele sono a conoscenza della situazione. Gli iraniani hanno impiegato quindici anni per costruire le centrali di Bushehr e Natanz. Israele può distruggere i siti atomici e rimandare il programma indietro di anni. I risultati saranno importanti. Non resta molto tempo”.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.