
Dei delitti e dei tumori
Saverio Vertone, compianto scrittore e moralista, scrisse che “vivere fa morire”. La frase viene in mente alla lettura della breve ricognizione dello statistico Roberto Volpi. Niente da dire, se non che sono un po’ vecchi, dei dati sui tumori a Taranto riportati nella ricerca epidemiologica che fa da guida alla diagnosi sull’Ilva e allo scontro su come risolvere il problema del suo territorio. A Taranto si muore di certi tumori, connessi alla situazione ambientale, di più che nella media della Puglia.
Saverio Vertone, compianto scrittore e moralista, scrisse che “vivere fa morire”. La frase viene in mente alla lettura della breve ricognizione dello statistico Roberto Volpi. Niente da dire, se non che sono un po’ vecchi, dei dati sui tumori a Taranto riportati nella ricerca epidemiologica che fa da guida alla diagnosi sull’Ilva e allo scontro su come risolvere il problema del suo territorio. A Taranto si muore di certi tumori, connessi alla situazione ambientale, di più che nella media della Puglia (lo riconosce senza incertezze il nostro esperto). Ma nel Veneto e in Lombardia di quel tipo di tumori si muore più che a Taranto. Non c’è bisogno di commenti cinici, è noto che al sud l’incidenza dei tumori è minore che al nord, e nemmeno di conclusioni catastrofiste: l’industria uccide. L’industria va pulita, bonificata in diretta relazione ai rischi implicati nelle produzioni, ma è parte di un complesso economico, sociale e civile che ha ampliato in occidente, e di molto, le cosiddette aspettative di vita e anche concretamente la vita media. Sappiamo inoltre che intorno all’ambiente e alla salute si combatte da tempo una battaglia non priva di risvolti ideologici, di falsa coscienza delle questioni in gioco. Il riscaldamento globale è un tormentone irto di trabocchetti. Le diete, le bibite gassate, il fumo, l’obesità, i grassi, il colesterolo, la chirurgia estetica, e mille altre diavolerie: è tutta roba discutibile, che dovrebbe essere analizzata con discrezione, senza assimilare i comportamenti dell’uomo moderno, consumatore o produttore, a standard coercitivi fondati spesso sulla manipolazione statistica, su strategie della paura chiamate per benevolenza “principio di precauzione”. Siamo animali complessi, irriducibili alle nostre trovate di tipo conservativo. Il governo si è battuto in Parlamento, con il ministro Corrado Clini, per scongiurare la messa a rischio del sistema industriale italiano nel suo insieme, e lo ha fatto con argomenti giuridici e di politica ambientale che ci sono sembrati efficaci. Perseguire reati doverosamente è un conto, decidere dell’ambiente e del suo controllo è un altro conto, e farlo non spetta ai pubblici ministeri. Sarebbe giusto che nella società civile, nel luogo in cui legioni di esperti lavorano per la sindrome da apocalisse imminente, nascesse una riflessione matura e responsabile anche sulle questioni ambientali, che non sono mai certezze politicamente corrette ma dati spesso controversi e dunque discutibili.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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