“Sedizione liberale”

Redazione

 

Il nome, “Sedizione liberale”, fa un po’ Alba dorata. Ma l’idea forza del movimento-partito lanciato per il voto del 2013 da Oscar Giannino, con rispettabilissimi bocconiani al seguito, ha un suo fascino e un suo perché. Giannino è un’anima libertarian in abito anglo-risorgimentale e un vecchio sodale della banda fogliante.

     

    Il nome, “Sedizione liberale”, fa un po’ Alba dorata. Ma l’idea forza del movimento-partito lanciato per il voto del 2013 da Oscar Giannino, con rispettabilissimi bocconiani al seguito, ha un suo fascino e un suo perché. Giannino è un’anima libertarian in abito anglo-risorgimentale (con baffi a manubrio), è un vecchio sodale della banda fogliante, è un intellettuale coi fiocchi devoto a quell’occidente che nell’estremismo delle libertà coniugate con l’autoritarismo identitario ha trovato un contravveleno alla sua non scontata lassitude. Mica poco.

    La battaglia è minoritaria per vocazione, come ogni rigurgito di liberalismo tricolore alla Malagodi nell’èra di Twitter, e felicemente paradossale per un recente marcegagliano. In tempi di crisi lancinante e di conflitto sociale, di regola sono le culture antisistemiche a ingrassare nei consensi. Come la Grecia, anche l’Italia sta danzando sull’orlo del crepaccio finanziario; ma, a differenza di Atene, qui da noi non proliferano i partiti-nostalgia veterostalinisti come l’ellenico KKE. Qui da noi germoglia invece una sedizione organizzata contro il tassator cortese Mario Monti, una rivolta dichiaratamente in competizione con il ritorno ai fondamentali del sogno liberale berlusconiano, un’impresa a modo suo donchisciottesca e indispensabile di cui l’eccentrico Giannino condividerà meriti, successi e mulini a vento con il più compassato Luigi Zingales e altri volenterosi teorici dell’imperativo “meno Stato, meno spesa, meno tasse”. Il riaffiorare delle buone vecchie culture otto-novecentesche va sempre salutato con favore. Oltretutto l’insuccesso non è affatto assicurato.