Valentina, sogni e segni in mostra a Roma

Redazione

A Natale avrebbe settant’anni, Valentina Rosselli, l’età di Louise Brooks intervistata nel 1977 da Maria Bosio in un documentario per la Rai. Dei consacrati da una mitologia mediatica, i personaggi dei fumetti hanno il privilegio di essere potenzialmente immortali; le loro immagini conservate da una sindone di carta, vivono in un tempo sospeso, possono sopravvivere ai loro creatori e non invecchiare. Non così Valentina, Guido Crepax - che l’ha fatta nascere sulle pagine della rivista “Linus” nell’aprile del 1965 all’età di ventitre anni - ha ipotecato la sua vita a una carta d’identità che la dichiara nata il 25 dicembre del 1942.

di Pietro Favari

    A Natale avrebbe settant’anni, Valentina Rosselli, l’età di Louise Brooks intervistata nel 1977 da Maria Bosio in un documentario per la Rai. Dei consacrati da una mitologia mediatica, i personaggi dei fumetti hanno il privilegio di essere potenzialmente immortali; le loro immagini conservate da una sindone di carta, vivono in un tempo sospeso, possono sopravvivere ai loro creatori e non invecchiare. Non così Valentina, Guido Crepax - che l’ha fatta nascere sulle pagine della rivista “Linus” nell’aprile del 1965 all’età di ventitre anni - ha ipotecato la sua vita a una carta d’identità che la dichiara nata il 25 dicembre del 1942. Forse Valentina oggi non avrebbe più il suo celebre caschetto di capelli neri in stile Art Déco ripensato dai Vergottini, ma lunghi capelli lisci raccolti in una coda di cavallo. Così li portava Louise Brooks negli ultimi anni di vita, come per cancellare la sua remota icona di diva del muto dalla araldica bellezza, celebrata dai film di Pabst e Genina. Il confronto tra la diva dei fumetti e la diva del muto che l’ha ispirata è oggetto della bella e ricca mostra “Valentina Movie” curata dall’Archivio Crepax e da Vincenzo Mollica, corredata dal catalogo “Valentina come Louise Brooks” edito da Fandango Libri.

    Alcune originali, altre riprodotte e ingrandite, le tavole esposte nella mostra sono evocatrici di sogni e segni. Per Crepax i due termini si coniugavano tra loro non per assonanza ma per un rapporto di necessità. Un rapporto sottile ma determinato come la traccia lasciata sulla carta dal disegnatore. Prima passa la matita, morbida accarezza il nitore della pagina come fosse pelle nuda, la corteggia, la coccola, indugia e asseconda le fantasie dell’autore. I sogni si fanno segno, prendono possesso dello spazio vergine del foglio. Le immagini sognate da Crepax, e che faceva sognare alle sue creature, prendevano vita sul cartoncino Bristol, si ambientavano: esterno giorno, interno notte o viceversa, finivano modellate dal corsetto rigido dell’impaginazione, inquadrate in quelle volute liberty delle scenografie che evocano le voluttà libertine accarezzate sulla pagina dall’occhio del lettore. Era poi la volta del pennino di graffiare la carta dove era stata accarezzata dalla matita con segni grafici preziosi e tormentati. A Valentina non si addice la linea nitida, il tratto semplificato, per sé reclama le perversioni che macchiano e rendono ambiguo il candore della pagina. Sogni e segni tormentati, per lei. Il tratto che la definisce è deciso ma composto di tanti minuti segni, come i graffi delle unghie affilate di una donna sulle carni bianche di un’altera donna, come i segni di uno staffile che tracciano un percorso rettilineo sulle rotondità delle natiche della vittima.

    Valentina offre il suo corpo per dare forma a suggestioni oniriche, i sogni appunto si cristallizzano in segni grafici, ideogrammi di sensuali inquietudini dell’inconscio. Con uno stile che destruttura e reinventa la sintassi grafica e narrativa, Crepax ha saputo dilatare l’attenzione ai particolari, ha esasperato la sensibilità per i dettagli in una celebrazione feticista dell’immagine e dell’immaginazione che confessa le suggestioni in debito con l’école du regard. Anche l’architettura della pagina si è organizzata in una ritmica e preziosa alternanza di piani di insieme e di piani ravvicinati, vignette grandi e piccole si inseriscono in reticoli che ripercorrono con disinvoltura la pittura di Mondrian. Il segno della ragione ha generato il suo capolavoro.  

    di Pietro Favari