Il filosofo intello-parisien e la sciampista, perché alla fine vince lei

Antonio Gurrado

Nelle librerie parigine è facile trovarlo in vendita a metà prezzo, destino dei libri regalati e poi restituiti. In quelle italiane da qualche giorno è possibile comprarne la traduzione, pubblicata da Gremese col titolo “Non il suo tipo” (165 pp., 13 euro), e chissà se incontrerà lo stesso destino. Potrebbe non essere un male: se un libro così personalistico e cerebrale, un’autofiction del bel tenebroso filosofo Philippe Vilain, un vero “romanzo intello-parisien” come lo definisce l’autore stesso, viene restituito da lettori indignati o sconcertati, ci sarà pure un motivo. 

    Nelle librerie parigine è facile trovarlo in vendita a metà prezzo, destino dei libri regalati e poi restituiti. In quelle italiane da qualche giorno è possibile comprarne la traduzione, pubblicata da Gremese col titolo “Non il suo tipo” (165 pp., 13 euro), e chissà se incontrerà lo stesso destino. Potrebbe non essere un male: se un libro così personalistico e cerebrale, un’autofiction del bel tenebroso filosofo Philippe Vilain, un vero “romanzo intello-parisien” come lo definisce l’autore stesso – classe 1969, autore di saggi e romanzi pubblicati in Francia da Gallimard e da Grasset –  viene restituito da lettori indignati o sconcertati, ci sarà pure un motivo.
    Eccolo: a prima vista i suoi ammicchi a “Pigmalione” di G. B. Shaw e alla storia proustiana fra Odette e Swann lo rendono un regalo perfetto per un intellettuale, e il primo capitolo sembra rafforzare l’impressione grazie a una lunga disamina, molto ben scritta, riguardo all’indecisione dell’uomo raziocinante di fronte alla scelta capitale: rinunciare a compagnia e sicurezza oppure a indipendenza e creatività, decidere se vivere schiavo oppure morire solo. La storia che narra, il breve amore fra l’autore-narratore-protagonista e una sciampista di Arras di nome Jennifer, sembra pensata apposta per far presagire una facile vittoria dell’intellettuale ai danni della partner inadeguata.
    Man mano che si legge, invece, ci si accorge che è più complicato e non solo per le inevitabili discrepanze sociali, logistiche e lessicali fra i due. Il problema è che anche le sciampiste leggono. Vilain censisce lo scaffale di Jennifer, che contempla Marc Lévy, Paolo Coelho, Anna Gavalda e Guillaume Musso; costei inoltre detesta i libri brevi perché ritiene che gli autori non si siano sforzati abbastanza e soprattutto non tollera affatto i romanzi “intello-parisien” ritenendo che “la letteratura sia ben altro che dire me, io”. Ai Kafka e Moravia che il suo amante cerca di propinarle preferisce Zola e Dumas; mette il broncio quando lui estrae “Il diavolo in corpo” di Radiguet. I gusti di Jennifer pongono il lettore di fronte a uno straziante paradosso: accorgersi che questo romanzetto tutto pensiero e poca azione, traboccante di “me” e “io”, contiene una serrata e plausibile critica ai romanzi che gli somigliano, in virtù della quale la sciampista conserva un ruspante amore per la lettura mentre il filosofo scrittore deve ammettere che leggere non lo distrae né lo diverte più.

    Accade lo stesso quando vanno al cinema: lei guarda il film, di solito con Jennifer Aniston, e lui guarda lei che guarda Jennifer Aniston. Oppure quando lui torna dai convegni e lei gli chiede con candore se il mestiere del filosofo consista nello scovare termini complicati per concetti semplici. Idem quando si fa conversazione in privato: alle vorticose macerazioni solipsistiche del filosofo, la sciampista Jennifer contrappone la scelta consapevole di non esprimere mai un’opinione che non sia supportata dal previo consenso di un’autorità o di una maggioranza.
    Vilain inscena l’eterna lotta fra realtà immediata e realtà mediata: da un lato l’agire fine a se stesso della sciampista e dall’altro l’agire del filosofo fine alla riflessione sull’azione. Non c’è partita, appunto, ma al contrario: perfino il narratore deve riconoscere che la loro storia è assurda per colpa non dell’inadeguatezza di Jennifer ma della propria; infatti alla fine lui sentirà la mancanza di lei ma non viceversa, perché lei sa stare al mondo e lui no.
    Scoperto questo, il lettore intellettuale ha due alternative: convertirsi, mollare le elucubrazioni e sposare una donna vera; oppure restare solo, restituire in libreria lo scandaloso romanzetto e prendere in cambio un bel saggio che lo confermi nella certezza di essere superiore.