
Ottobre rosso
Monti è uno scandalo impeccabile e senza alternative realistiche
Bisogna mettersi bene in testa una cosa. Monti è uno scandalo, un grande paese democratico non si governa senza legittimazione democratica diretta. Però Monti è un uomo di stato impeccabile, naturalmente in un paese senza stato e senza classe dirigente, salvo eccezioni rare. E lo stato in cui versano Italia, Europa e mondo consiglia di tenerselo molto, molto caro. Se a ottobre avessimo elezioni politiche, ne uscirebbe un governo meno capace, meno coraggioso, in un Parlamento che sarebbe espressione di smarrimento protestatario, pieno di tentazioni risentite, di rigurgiti forcaioli, di cazzari allo sbando e di opportunisti alla ricerca di non si sa quale potere.
Bisogna mettersi bene in testa una cosa. Monti è uno scandalo, un grande paese democratico non si governa senza legittimazione democratica diretta. Però Monti è un uomo di stato impeccabile, naturalmente in un paese senza stato e senza classe dirigente, salvo eccezioni rare. E lo stato in cui versano Italia, Europa e mondo consiglia di tenerselo molto, molto caro. Se a ottobre avessimo elezioni politiche, ne uscirebbe un governo meno capace, meno coraggioso, in un Parlamento che sarebbe espressione di smarrimento protestatario, pieno di tentazioni risentite, di rigurgiti forcaioli, di cazzari allo sbando e di opportunisti alla ricerca di non si sa quale potere. Naturalmente posso sbagliarmi, sono anche uno che sa ricredersi con realismo, sono stato a guardare che cosa facevano i tecnici e mi sono assunto la responsabilità di giudicare senza alternative e decisiva una esperienza che non avevo voluto, anzi, eppure penso che le cose stiano proprio così. Se la riconquista di una legittimazione democratica diretta dovesse sboccare in un caos, non avremmo una terapia d’urto, socialista o liberale, europeista o antieuropeista, in grado di padroneggiare la crisi come vuole il popolo sovrano, con mezzi diversi da quelli della tecnocrazia che tenta di arginare e incanalare la forza dei mercati: avremmo fatto un altro passo avanti sulla strada della crisi della democrazia italiana, che esce da molti anni di inconcludenti tentativi di salvare le sue ragioni.
L’intervista di Monti a diverse testate europee (per l’Italia la Stampa di Torino) era perfetta. Si può essere più immodesti, più audaci, ma anche se le mie posizioni e quelle dei nostri lettori sono più radicali in ordine alla necessità di arrivare a un bilancio federale europeo sostenuto da una banca centrale vera, oppure di ricontrattare le condizioni originarie dell’euro, essendo aperti a tutto, devo dire che nessuno di noi temerari ha ancora argomenti di realismo e di governo altrettanto convincenti di quelli usati da Monti per aprire il supervertice preparatorio del Consiglio europeo di fine giugno. Il premier sa correggere in corsa il lato ortodosso e “tedesco” della sua cultura politica ed economica, calibra le sue scelte in relazione alla convulsione finanziaria in corso e ai suoi rischi, propone qualcosa di sensato, senza la sicurezza di riuscire, ma con la lena e la pazienza delle persone serie e gagliarde. Il resto è noia politicista, elettoralista, generico rincorrersi di ipotesi scombiccherate, manovra e trama mediatico-giudiziaria (e piccolo-politica) per fargli la forca riversando i costi sulla collettività, su tutto il paese, e mettendo nel conto anche la calunnia giudiziaria contro il Quirinale, che avrebbe bisogno di un non prevedibile “momento Cossiga”.
Secondo me la pensa così anche Berlusconi, come scrive Verderami il retroscenista nel Corriere della Sera. La sua corte è in piena e fervorosa attività e macina le solite follie combinate ad atti legittimi, ma ancora ciechi, di rivolta contro la situazione in cui l’Italia si è cacciata. Anche qui posso sbagliarmi. Però mentre Bersani, con la sua guardia pretoriana di partito, vede il suo momento, senza guardare oltre il nasone della probabile affermazione elettorale di una specie di centrosinistra privo di babbo e di mamma, per un governo la cui sostanza di idee e la cui forza politica non sono nemmeno abbozzate, Berlusconi vede i rischi della catastrofe, e intuisce che sarebbe lui a pagarne lo scotto come illustre e centrale capro espiatorio. Non è questa la motivazione che ha opposto a noi critici quando a novembre si è dimesso e invece di chiedere immediate elezioni ha dato il via al governo Monti? Sotto il problema del partito, delle correnti, della corte, del marketing elettorale e di tutto il resto sta o dovrebbe stare, secondo calcoli che possono certo essere ingenui ma ancora non sono stati smentiti da fatti in controtendenza, una consapevolezza politicamente maggiore, adulta, di come stiano le cose. Quello che a Berlusconi non riesce di fare è trasformare questa consapevolezza, che secondo me è maggioritaria tra gli italiani nonostante la rovinosa situazione di gestione al veleno della coscienza pubblica, nonostante l’impatto dell’alta pressione fiscale e del non lavoro, nonostante il cretinismo autolesionista di sindacati e Confindustria, in una strategia di attacco politico coerente, severa. Non so perché o forse lo so ma che io lo sappia non conta molto.


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