
BOLLETTINO DELLA CRISI
Per l’Eurozona non pare esserci tregua. Perfino il debito pubblico tedesco, finora considerato ultra sicuro, non sarebbe più considerato un “safe haven” dai mercati. Infatti Richard Barley, columnist del Wsj, ieri sul sito web del quotidiano finanziario statunitense spiegava: “Un’indicazione più chiara del deteriorarsi della qualità del credito tedesco emerge dall’andamento dei Credit default swaps (Cds). Il loro valore è aumentato in maniera continua da marzo, anche mentre gli interessi sui Bund scendevano.
Le Borse europee si riscattano e l’euro torna a farsi coraggio contro il dollaro. Ieri i listini dei paesi dell’Unione europea hanno chiuso in terreno positivo, incluse le piazze di Milano e Madrid che – dopo il tonfo di due giorni fa – hanno terminato le contrattazioni a più 3,3 per cento e a più 2,5 per cento. Nella Borsa italiana spicca il balzo del titolo di Telecom Italia (più 7,9 per cento), trascinato da indiscrezioni non confermate sullo scorporo della rete fissa. Nel complesso, però, l’ottimismo dei listini è dovuto – secondo gli analisti – alle attese di un intervento della Federal reserve americana e della Bank of England che, già oggi, potrebbero annunciare ulteriori immissioni di liquidità. Anche l’euro è tornato ai massimi da quasi un mese, a 1,27 rispetto al dollaro.
Segnali non incoraggianti arrivano dalla Germania, dice il Wall Street Journal. Per l’Eurozona non pare esserci tregua. Perfino il debito pubblico tedesco, finora considerato ultra sicuro, non sarebbe più considerato un “safe haven” dai mercati. Infatti Richard Barley, columnist del Wsj, ieri sul sito web del quotidiano finanziario statunitense spiegava: “Un’indicazione più chiara del deteriorarsi della qualità del credito tedesco emerge dall’andamento dei Credit default swaps (Cds). Il loro valore è aumentato in maniera continua da marzo, anche mentre gli interessi sui Bund scendevano. Oggi costa 101 mila dollari all’anno assicurarsi contro l’ipotesi di fallimento su 10 milioni di dollari di debito, ovvero l’1,01 per cento, molto più dello 0,72 per cento del Regno Unito e dello 0,50 per cento degli Stati Uniti”. Contemporaneamente l’indice Zew, che misura la fiducia delle imprese teutoniche, è crollato a meno 16,9 punti in giugno dai 10,8 di maggio. E’ il calo più marcato dall’ottobre 1998.
L’asta spagnola fa paura, ma l’euro non è il malato del pianeta. Mentre in Grecia è stata rimandata a oggi l’ufficializzazione della grande coalizione tra Nuova democrazia e Pasok che dovrebbe sostenere l’esecutivo, ieri è stata un’asta del debito spagnolo ad allarmare gli osservatori. Madrid ha collocato titoli per 3 miliardi di euro, ma i Bonos a un anno hanno registrato un tasso al 5,07 per cento rispetto al 2,98 per cento dell’asta precedente. Il presidente del Consiglio italiano, Mario Monti, intervenendo al G20 di Los Cabos, in Messico, ha detto: “Il problema dell’Eurozona è serio, ma non è l’unico motivo di squilibrio nell’economia globale”.
Un G20 “non risolutivo”, dicono a Rep. Monti ora si attende “10 giorni decisivi”. L’etichetta peggiore, al vertice messicano di Los Cabos che si è appena concluso, ieri l’ha affibbiata il giornalista Federico Rampini, inviato di Repubblica, intervenendo sul sito web del quotidiano diretto da Ezio Mauro. Più che le elezioni greche, dice Rampini, le prime 20 economie del pianeta sono preoccupate dagli sviluppi del salvataggio delle banche spagnole annunciato dall’Ue; se gli aiuti peseranno, come sembra, sui conti pubblici iberici, il debito pubblico di Madrid rischia di “rendere più vicina l’ipotesi del default”. Il giudizio negativo di Rampini, tra gli analisti, è abbastanza condiviso. Molti si sono sorpresi anche per il mancato incontro tra il presidente Barack Obama e i leader europei. Il premier Monti ha però escluso che si trattasse di una forma di protesta per le troppe critiche ricevute da Washington nelle scorse settimane. Monti ha aggiunto: “Le decisioni le avremo nei prossimi 10 giorni, e con l’avvicinamento a queste decisioni nei prossimi 4 giorni”, ovvero in occasione del summit a Roma con François Hollande, Angela Merkel e Mariano Rajoy.
I banchieri centrali (soprattutto quelli inglesi) fanno sperare i mercati. In attesa di mosse risolutive verso una maggiore integrazione europea, gli investitori auspicano nell’immediato un ulteriore allentamento della politica monetaria. Adam Posen, membro della Monetary Policy Committee della Bank of England, propone ora di acquistare anche asset privati oltre ai titoli di stato pubblici. Una politica anticrisi efficace e che sia apprezzata da politici e opinione pubblica, ha detto Posen di recente andando come al suo solito controcorrente, è l’unica scelta che possa garantire nel lungo termine l’autonomia delle Banche centrali.
Nel grafico (clicca sopra per ingrandirlo): ANCHE I PRIMI DELLA CLASSE FRENANO. I dati (elaborati in questo grafico dal consulente finanziario Matteo Radaelli) indicano che la produzione e gli ordini industriali sono in calo anche a Berlino. Cosa vuol dire? Nessuno è al sicuro dal contagio della crisi dell’Eurozona.


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