Le banche spagnole e la politica lenta

Redazione

Gli osservatori più ottimisti ritengono che resti un mese di tempo per trovare una soluzione alla crisi bancaria spagnola, dopo di che sarà impossibile evitare un processo a catena che potrebbe causare anche la dissoluzione di fatto dell’euro. La dimensione della crisi bancaria spagnola è tutto sommato limitata, si aggira oggi sui 40 miliardi.

    Gli osservatori più ottimisti ritengono che resti un mese di tempo per trovare una soluzione alla crisi bancaria spagnola, dopo di che sarà impossibile evitare un processo a catena che potrebbe causare anche la dissoluzione di fatto dell’euro. La dimensione della crisi bancaria spagnola è tutto sommato limitata, si aggira oggi sui 40 miliardi, e se fosse stata affrontata due anni fa (quando invece il premier Zapatero assicurò che il sistema finanziario spagnolo era il più solido del mondo), sarebbe costata un quarto. I soldi ci sono, Mario Draghi lo ha ripetuto ieri con chiarezza, confermando liquidità per tutto il 2012, ma le procedure per stanziarli sono complesse e punitive, al punto che un governo che chieda di accedervi deve ammettere automaticamente una sorta di stato fallimentare del paese e accettare una sorta di “amministrazione controllata”. Come accade sempre più spesso, l’Ue si prepara a chiudere le stalle quando i buoi sono scappati. La discussione e le proposte sull’unione bancaria europea sono una strada giusta, ma per percorrerla ci vorrà almeno un anno. Il rischio di effetto domino, invece, è imminente. Paradossalmente tutti dicono di volere aiutare la Spagna, ma nessuno è in grado di forzare norme che rendono impossibile la tempestività necessaria. La politica non fa solo le regole, sa anche aggirarle in situazioni eccezionali, ma in Europa c’è un deficit pauroso di decisione politica.