
Games of Thrones
Fan in gramaglie, per la conclusione della seconda serie del fantasy “Game of Thrones” con la puntata trasmessa in America la sera del 3 giugno. E’ l’occasione per qualche considerazione sui motivi del successo di quello che – in attesa della terza serie – appare come l’eroe buono della saga che la Hbo ha tratto dalle “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin (pubblicate in Italia da Mondadori).
Fan in gramaglie, per la conclusione della seconda serie del fantasy “Game of Thrones” con la puntata trasmessa in America la sera del 3 giugno. E’ l’occasione per qualche considerazione sui motivi del successo di quello che – in attesa della terza serie – appare come l’eroe buono della saga che la Hbo ha tratto dalle “Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin (pubblicate in Italia da Mondadori). L’eroe buono è Jon Snow, figlio illegittimo di Eddard Stark, Lord di Grande Inverno, del quale non porta il cognome, ma quello che viene dato ai figli bastardi di alto lignaggio. Basterebbe già questo a rendere Jon potenzialmente irresistibile, perché il giovane dall’origine nobilissima e nascosta è un topos fiabesco che fa sempre presa, ma ad accrescere il suo potenziale di fascinazione subentra un altro particolare: nell’universo raccontato da “Game of Thrones” gli uomini sono soliti comprare l’amore delle donne, con gradazioni di maggiore o minore rispetto per le medesime. Jon no. Jon non sopporta l’idea di poter mettere al mondo un figlio destinato a un’esistenza da “bastardo” come la sua. Scelta che fa di lui un’eccezione che non può che brillare.
Sembrerebbe un banale caso di costruzione dell’“eccezionalità” attorno a un classico bravo ragazzo, uno di quelli che incontri a catechismo anche dopo la cresima. E il fenomeno “Twilight” docet: se Edward non avesse avuto il vizietto di bere sangue umano, sarebbe stato semplicemente un boy scout, molto atletico seppure un po’ pallido. Quello che invece rende Jon Snow “eccezionale”, nonché frutto proibito per il pubblico femminile, è la sua scelta di vita: prendere i voti, che nel mondo di “Game of Thrones” equivale a entrare a far parte dei Guardiani della notte. Non proprio un movimento religioso, ma una confraternita dedicata alla difesa della Barriera che separa il continente occidentale dalla Terra dell’Eterno Inverno che, già dal nome, si intuisce non debba essere un gran bel posto. Questi guardiani, detti anche Corvi neri (e in questo caso il Vaticano non c’entra), non solo rinunciano ai loro averi, ma anche all’amore di una donna. Ed ecco che lo spauracchio di “Uccelli di Rovo” comincia ad aleggiare sulla figura del povero Snow, ben più impacciato dell’indimenticabile padre Ralph.
Da che mondo è mondo, il triangolo amoroso è ciò che più fa presa sul pubblico femminile, e non c’è triangolo più potente di quello che si instaura tra una donna, un uomo e Dio. Espediente narrativo vecchio, mai passato di moda. Jon Snow non è un prete, ma possiamo senza paura inserirlo in una categoria, seppur dai labili confini, molto indicativa: il “mezzo prete”. Il mezzo prete, nell’arco della sua vita, solitamente incontra una donna che vuole cambiarlo. Una donna che lo ascolta paziente, lo provoca fino allo sfinimento e cerca di fargli conoscere un mondo del quale l’uomo sembra volersi privare. Succede anche a Jon Snow quando si imbatte in una donna molto, molto selvaggia. Nella maggior parte dei casi, però, la donna ha sempre la peggio. La parabola del mezzo prete purtroppo finisce con un nulla di fatto. Il che non ha impedito a Jon Snow di diventare il sogno proibito di tante fan della serie.


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