I vecchi tycoon Buffett e Diller hanno idee sui nuovi media

Warren Buffett non è il primo e non sarà l’ultimo a dire che distribuire news gratuitamente è un “modello insostenibile” e che bisogna sforzarsi di trovare un modo sensato di combinare la vecchia carta e le operazioni digitali per avere “audience e ricavi adeguati”. Dirlo dopo avere comprato 63 giornali locali per 142 milioni di dollari, però, fa una certa differenza, così come fa una certa differenza che l’autore delle dichiarazioni non sia un parvenu del business o un tycoon in cerca di appoggio mediatico, ma l’oracolo di Omaha, uno che da vari decenni dimostra di sapere come si fanno i soldi più o meno in qualsiasi settore.

    New York. Warren Buffett non è il primo e non sarà l’ultimo a dire che distribuire news gratuitamente è un “modello insostenibile” e che bisogna sforzarsi di trovare un modo sensato di combinare la vecchia carta e le operazioni digitali per avere “audience e ricavi adeguati”. Dirlo dopo avere comprato 63 giornali locali per 142 milioni di dollari, però, fa una certa differenza, così come fa una certa differenza che l’autore delle dichiarazioni non sia un parvenu del business o un tycoon in cerca di appoggio mediatico, ma l’oracolo di Omaha, uno che da vari decenni dimostra di sapere come si fanno i soldi più o meno in qualsiasi settore. L’anagrafe dice chiaramente che Buffett è un adepto della carta, uno che è cresciuto con le rotative e non può evitare di guardare il mondo digitale da un punto d’osservazione esterno, ma la portata del suo ragionamento non può essere esaurita nello scontro fra vecchio e nuovo, analogico e digitale. La sopravvivenza dei media per lui non è legata esclusivamente al supporto, ma al senso di identità che questi saranno capaci di esprimere all’interno di una comunità, un valore per il quale la gente continuerà a pagare, a prescindere dal sistema con cui vengono diffusi i contenuti. Con questo spirito la sua Berkshire Hathaway ha comprato nel 1977 il Buffalo News e l’anno scorso ha rilevato l’Omaha World-Herald, quotidiano di bandiera della città più importante del Nebraska, la sua città. In una lettera indirizzata ai direttori dei giornali locali che ha acquistato dalla società Media General – un pacchetto nel quale la testata più importante è il Richmond Times Dispatch – Buffett espone una filosofia mediatica che può essere riassunta in un sillogismo: la gente è attaccata alla propria comunità; la gente è disposta a pagare per ciò a cui è attaccata; dunque la gente continuerà a comprare giornali che non solo raccontano ma incarnano lo spirito di una comunità.

    “Berkshire probabilmente comprerà altri giornali nei prossimi anni e guarderemo soprattutto a quelle città che hanno un forte senso della comunità”, ha scritto il businessman 81enne, sottolineando il compito affidato ai direttori coinvolti: diventare indispensabili per la vita delle città. “Il nostro compito è di dominare sulle questioni di rilevanza locale”. Buffett è un vecchio tycoon alle prese con i nuovi media, incrocio complicato nel quale gli investitori stanno cercando di esplorare modelli vincenti al confine fra il giornalismo d’una volta, in termini di qualità, e la velocità, spesso foriera di sciatteria, del mondo digitale. Per fare un passo avanti, Buffett fa un passo indietro e scommette sul senso della comunità, su quell’identità locale che, dice, animerà le persone in eterno, nonostante l’azzeramento delle distanze prodotto dalla rete, e nonostante la tentazione di abbandonare le news di qualità in nome di un mondo in cui tutti sanno tutto, ma in modo tendenzialmente freddo e approssimativo.

    Buffett non è il solo vecchio businessman che si sta muovendo con un certa potenza d’investimento nel terreno delle news alla ricerca di un modello credibile. Barry Diller, l’uomo che ha costruito una carriera sulle idee non convenzionali applicate al settore televisivo e poi si è lanciato in imprese ardite tipo il Daily Beast di Tina Brown, si sta battendo assieme ai suoi avvocati per salvare Aereo, un servizio che fa andare il sangue alla testa a tutti i componenti della filiera televisiva. Per dodici dollari al mese Aereo permette di vedere in streaming – su computer, tablet e smartphone – tutti i programmi televisivi locali, un’offerta che polverizza all’istante la concorrenza dei provider di servizi via cavo o satellitare. Con l’aggravante, da un punto di vista legale, che Diller non versa un centesimo ai network dai quali “prende” i contenuti per veicolarli su un’altra piattaforma. Di fronte alle accuse di rubare i prodotti altrui sotto forma di onde – accuse che la settimana prossima saranno discusse davanti a una Corte federale – il magnate si limita semplicemente a constatare che i segnali sono a disposizione di tutti, cosa che non piace affatto ai network, che “per natura credono di poter accumulare e controllare potere” a loro piacimento.

    Il servizio Aereo per il momento è disponibile soltanto a New York, ma l’idea di Diller, direttore della InterActiveCorp – nel board dell’azienda siede anche Chelsea Clinton – è di portarlo in cento città americane entro la fine dell’anno. Sempre che l’opposizione dei network, imbestialiti per la prevaricazione fatta nel solito stile Diller, non faccia tramontare definitivamente il progetto. Ma questa partita è ancora tutta da giocare, e Diller è certo di poterla vincere, così come in passato ha vinto altre battaglie contro l’indistruttibile cartello delle televisioni. Il tycoon ha un certo numero di alleati: i provider di servizi televisivi, ad esempio Time Warner, sarebbero ben contenti se Diller vincesse la disputa, e sperano che un precedente legale li sollevi dall’incombenza di pagare ai network il segnale. “Sarà una battaglia enorme e importante”, dice Diller, e in effetti il futuro di Aereo potrebbe determinare un nuovo standard nella diffusione dei contenuti televisivi, altro cubo di Rubik che nessuno è riuscito ancora a risolvere definitivamente.
    Diller, settantenne protagonista della scena altolocata di New York e grande rivoluzionario dei media, è l’altra faccia di Buffett, che si è interessato ai vecchi giornali per l’irriducibile convinzione che lì dentro ci sia un valore irriducibile e monetizzabile. Entrambi difendono vecchie tecnologie non in nome di un ottuso passatismo, ma per reazione alla foga innovatrice con cui i manipolatori di nuovi media si sono mossi per ricercare una pietra filosofale che trasformi la fibra ottica in oro. E se i più arzilli maghi delle news non l’hanno trovata, allora largo ai vecchi.