Nell'interesse del paesello. Che fare per il 2013? /4

Il voto non garantisce crescita e occupazione

Stefano Menichini

 

Per litigare e per fare l’amore bisogna essere (almeno) in due. Per fare una coalizione, idem. Perfino per battere qualcuno alle elezioni è necessario che costui si presenti. Non parliamo poi di costruire un’unità nazionale: va fatta con un avversario, è ovvio, altrimenti dovrai chiamarla unione. Oggi questo è il Principale Problema per il futuro politico dell’Italia.

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    Per litigare e per fare l’amore bisogna essere (almeno) in due. Per fare una coalizione, idem. Perfino per battere qualcuno alle elezioni è necessario che costui si presenti. Non parliamo poi di costruire un’unità nazionale: va fatta con un avversario, è ovvio, altrimenti dovrai chiamarla unione. Oggi questo è il Principale Problema per il futuro politico dell’Italia.

    Intendiamoci: in privato, nel mio foro interiore, chiuso in bagno e sperando di non essere intercettato, penso che un breve differimento del lavacro elettorale non farebbe male a nessuno. E mi chiedo come facciano i politici a desiderare ardentemente di entrare in una sala che è senza bottoni, senza sovranità monetaria e di bilancio, senza margini di manovra fiscale, con l’unica prospettiva di farsi maledire in piazza al posto di qualche tecnoburocrate senza volto né nome. Ma abiuro subito, denuncio l’eresia, proclamo che solo il libero voto dei cittadini potrà ripristinare normalità democratica, recito l’atto di fede (dunque indimostrabile) per cui perfino crescita e occupazione scaturiranno magicamente all’apertura delle urne. Tengo almeno la libertà di pensiero che né crescita né occupazione né altro di buono verranno da un governo che dovesse essere, ancorché democraticamente eletto, espressione della media dell’attuale ceto politico del paese (con le new entry destinate ad abbassare la media, direi).

    Dunque torno al Principale Problema. Bene o male, adesso una metà della competizione bipolare (o dell’unità nazionale, o della geometria di coalizione) esiste. Come aveva promesso di non voler fare, Bersani vince fra le macerie, o almeno vi si aggira camminando sulle proprie gambe (e su quelle di candidati più svegli di quelli selezionati dai gruppi dirigenti locali del Pd). Invece neanche assumendo allucinogeni riesco ad avere la visione dell’altra metà della mela (della competizione, della gran coalizione), sbriciolata sia nella versione berlusconiana che nella ipotetica alternativa neocentrista. Non vedo pensiero, non vedo azione, vedo solo confusione, vedo la vacuità salottiera di chi pensa di spedire Montezemolo a fermare il popolo di destra in fuga. E mi preoccupo. Non per Monti, che starà e farà bene come sta facendo finché potrà, poi saluterà la gabbia dei matti. Per il bene del mio paese. Che sarebbe già impossibile da governare con la metà più uno. E vorremmo farlo con la metà meno un bel po’?

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