Il grande abbraccio

Claudio Cerasa

Un bravo regista, prima di arrivare alla scena del matrimonio e alla virile stretta di mano, anzi all’abbraccio, o forse chissà al bacio sulla fronte tra Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, farebbe partire questa storia con un piccolo fermo immagine dall’Aula magna dell’Università Federico II. Siamo a Napoli, è il sette febbraio, l’anno è il 2009, Silvio Berlusconi è ancora tenacemente alla guida del paese, Gianfranco Fini è ancora gagliardamente alleato del presidente del Consiglio.

    Un bravo regista, prima di arrivare alla scena del matrimonio e alla virile stretta di mano, anzi all’abbraccio, o forse chissà al bacio sulla fronte tra Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani, farebbe partire questa storia con un piccolo fermo immagine dall’Aula magna dell’Università Federico II. Siamo a Napoli, è il sette febbraio, l’anno è il 2009, Silvio Berlusconi è ancora tenacemente alla guida del paese, Gianfranco Fini è ancora gagliardamente alleato del presidente del Consiglio, i nomi di Ronaldinho e di Mubarak non sono ancora in alcun modo associabili alle parole “Noemi”, “Sanbitter”, “Casoria”, “Arcore”, “Ruby” e “Villa Certosa”, e Francesco Boccia e Nunzia De Girolamo sono ancora, semplicemente, due deputati più o meno in ascesa l’uno del Pd e l’altra del Pdl. Ancora, appunto.
    Sono le dieci e trenta: Francesco Boccia arriva al civico numero ventiquattro di Corso Umberto Primo, sale una rampa di scale, saluta l’amico Tommaso Pellegrino, lo ringrazia per averlo invitato al convegno, poi si guarda attorno, trova un posto in seconda fila e inizia a scribacchiare sul taccuino. A quel punto, accanto a Francesco si siedono il rettore dell’università Guido Trombetti, l’imprenditore Maurizio Marinella, l’allora deputato dei Verdi Tommaso Pellegrino e infine, proprio a fianco di Boccia, alla sua sinistra, la deputata del Pdl Nunzia De Girolamo. Nunzia si presenta a Francesco, Francesco si presenta a Nunzia, i due si guardano un attimo, senza parlare, e poi, per rompere il ghiaccio, Francesco, con lo sguardo da macho, intravede negli occhi di Nunzia un pizzico di preoccupazione per essersi cacciata in questo covo di veterocomunisti senza scrupoli, e con il tono maschio, da vero duro, le dice di non temere che qui, tranquilla, Nunzia, ti proteggo io. Nunzia guarda Francesco con l’occhio severo di chi vorrebbe urlare “ehi bel tipino, guarda che non hai capito nulla, ché qui semmai siete voi che dovete difendervi da me”; ma poi, prima di mandare a quel paese il solito comunistone sciupafemmine, Nunzia si ferma lì: accenna a un sorriso e non reagisce; ed è a quel punto che capisce tutto. Tac: colpo di fulmine; però, cazzo!, con uno del Pd.

    Tre anni dopo Francesco Boccia e Nunzia De Girolamo sono diventati la metafora perfetta dello spirito con cui sta nascendo quella che dovrebbe diventare la Terza Repubblica. Lui: giovane, democratico, di sinistra, moderato, moderno, montiano, non berlusconiano, non comunista, anti vastista e con irrefrenabili pulsioni grancoalizioniste; e lei: giovane, moderata, non di destra, non di sinistra, berlusconiana, anti correntizia, anti porcellumista, montiana, non tremontiana e con una certa vocazione a non disperdere nella prossima avventura legislativa ciò che di buono è venuto fuori da questa prima e curiosa e strana esperienza grancoalizionista.

    I tempi, effettivamente, nel 2009, Nunzia e Francesco li hanno anticipati davvero, e ancora oggi, ripensando ai giorni in cui hanno cominciato a conoscersi e frequentarsi, entrambi mostrano un certo orgoglio per aver riprodotto in miniatura quello che sarebbe poi diventato lo schema giusto per salvare il paese. E così, approccio dopo approccio, passo dopo passo, giorno dopo giorno, dopo aver passato un paio di mesi a lanciarsi lunghe e scaltre occhiate alla Camera, ecco che arriva il primo scambio di email (la prima in realtà non romanticissima: è una proposta di Nunzia non per uscire a cena ma per scrivere insieme una legge “in materia di disciplina dell'impiego di contratti relativi a strumenti finanziari derivati da parte delle regioni e degli enti locali, di sospensione della loro stipulazione nonché di risoluzione dei contratti esistenti”); poi le email si fanno più fitte e arriva il primo pranzo (luglio del 2009, in una bettola a pochi passi dalla Camera); quindi arriva la prima cena (agosto 2009, ristorante sempre a due passi dalla Camera); arriva il primo bacio (settembre 2009, a casa di Nunzia: con Francesco che a metà di una cena guarda Nunzia parlare al telefono, capisce che è arrivato il momento giusto e aspetta la fine della telefonata per baciarla, quasi all’improvviso); arriva tutto il resto; e arriva però tutto in un momento delicato, in cui i nomi “Noemi” e “Casoria”, per capirci, stavano contribuendo, diciamo, a far maturare una leggera diffidenza tra i maggiori esponenti dei rispettivi partiti di Nunzia e di Francesco. E così, per salvare il rapporto, per quasi due anni Nunzia e Francesco si frequentano, si incontrano, si studiano, si amano ma il tutto sempre in rigorosissima clandestinità. E poi? Poi le cose non migliorano: il capo del partito di Nunzia non smette di essere per il capo del partito di Francesco semplicemente un puttaniere, il capo del partito di Francesco non smette di essere per il capo del partito di Nunzia semplicemente un orrido comunista che va a braccetto con i pm; ma nonostante questo la storia tra Francesco e Nunzia continua ad andare avanti, seppure in gran segreto. Fin quando, a un certo punto, la voce comincia a circolare: Nunzia scopre che qualche suo/a compagno/a di partito aveva passato a qualche giornale “amico” la notizia della relazione con Francesco, Francesco suggerisce a Nunzia di non mollare e di stringere i denti, e a quel punto, a poco a poco, e sempre con meno timidezza, la coppia che prima degli spread ha portato la Grande coalizione all’attenzione dei notisti politici si è fatta coraggio, è venuta fuori, ha informato della relazione i vertici dei propri partiti, e ora, a tre anni di distanza, non ha più paura a raccontarsi e a parlare di sé.
    Francesco e Nunzia li incontriamo un venerdì pomeriggio poco prima dell’ora di pranzo. Siamo a Roma, a due passi da Montecitorio, in un ristorantino a pochi metri dalla libreria Arion: Francesco arriva a piedi, puntuale, in giacca blu, camicia bianca, scarpe di camoscio, cravatta a pois e pelle liscia con piccoli taglietti sul collo da barba appena tagliata; Nunzia arriva invece in taxi qualche minuto dopo con un lungo abito blu che nasconde a fatica una pancia comunque non troppo grande per essere quella di una donna all’ottavo mese di gravidanza. Nunzia e Francesco si salutano, si baciano, si siedono, ordinano un paio di antipasti e poi – dopo aver fatto un breve ripasso sulla loro storia, la loro clandestinità e il loro essere i precursori delle nozze tra due partiti che fino a poco tempo fa si confrontavano con la stessa delicatezza di un Vietcong alle prese con una divisione dei Marine – alla fine ammettono che quei due, sì, ci saranno entrambi alle loro nozze. Loro due sì: Silvio Berlusconi e Pier Luigi Bersani. Dice Nunzia: “Silvio lo ho invitato, so che verrà, me l’ha promesso e chissà che sia qualcosa di più che un semplice ospite”. Dice Francesco: “Pier Luigi certo che ci sarà, e magari, chi lo sa, magari riuscirò pure a fargli stringere la mano del Cavaliere!”. Nunzia afferra un cucchiaio ripieno di spinaci, saluta due colleghe del Pdl, comincia a mangiare, e poi, tra un boccone e un altro, spiega che in realtà un matrimonio con Francesco c’è già stato ed è stato quello celebrato in comune lo scorso 29 dicembre in provincia di Salerno dal sindaco di Sassano Tommaso Pellegrino (sempre lui: quello del convegno di Napoli, al quale Nunzia e Francesco sono piuttosto grati per essere stato la persona che di fatto li ha presentati). Nunzia però dice che, come Francesco, sognava di sposarsi in chiesa, e che per questo alla fine si è decisa a replicare la cerimonia il prossimo autunno nella sua città natale, a Benevento (anche se c’è ancora una possibilità che le nozze vengano celebrate a Roma).

    Nunzia e Francesco, poi, continuano a raccontare le prime reazioni che hanno avuto i leader dei rispettivi partiti di fronte alla notizia del loro fidanzamento (Boccia dice che Bersani non ha fatto una piega, De Girolamo dice che Berlusconi è stato molto paterno, e che l’unico che nel suo partito in realtà ha reagito con uno spazientito e incredulo “bah” è stato Fabrizio Cicchitto); spiegano che si augurano con ironia che la loro storia possa diventare la metafora di un incontro tra due partiti che nonostante le ovvie differenze potrebbero continuare a fare molte cose insieme anche dopo questa legislatura; e poi, a poco a poco, stuzzicati dal loro interlocutore, iniziano a chiacchiere e a confrontarsi non solo sulla grande coalizione ma anche su alcuni temi che in qualche modo vivono sottotraccia in questa prima strana campagna elettorale dell’era montiana. Tre temi su tutti, che a dire il vero Boccia e De Girolamo affrontano non sempre con piglio grancoalizionista: legge elettorale, foto di Vasto, futuro dei leader dei loro partiti. “Mi permetto con discrezione – dice Boccia con uno sguardo un filino intimorito – di ficcare per una volta il naso negli affari del partito di Nunzia, dato che solitamente di questi temi, di fronte a lei, non parlo quasi mai per evitare di cominciare a litigare”. “Di fronte a me? E perché, Frà, lontano da me cosa dici del mio partito?”. Pausa, sorriso, momento di imbarazzo, e poi Boccia riprende. “Che oggi si sia esponenti del Pd o del Pdl, credo che il discorso sia semplice, e in qualche modo universale: chi difende il Porcellum, oggi, difende coalizioni forzate e forzose, chi vuole invece contribuire a far cambiare questo paese, non può che tifare per un progetto politico nuovo, unitario, e costituente”.

    Pausa, sguardo di intesa con Nunzia, e poi Boccia continua. “Vedi: io spero che venga buttata nel cestino questa dannata legge elettorale, e mi auguro che prenda presto forma una nuova legge che aiuti i partiti ad abbandonare le proprie ali più estreme e a convergere sempre di più verso posizioni moderne e moderate: di buon senso, mi verrebbe da dire. Sai: non vedo cosa ci sarebbe di male, e francamente credo che così come il Pdl non possa più permettersi di andare alle elezioni con un partito come la Lega allo stesso modo il Pd non possa più permettersi di andare alle elezioni con un partito come l’Idv. Il punto – dice Boccia rivolgendosi questa volta con lo sguardo complice verso la moglie, e non più verso il suo interlocutore – è che in questi anni i conservatori di destra e di sinistra si sono pappati i principali partiti di destra e di sinistra, e che per questo per provare a continuare a far vivere i due partiti più moderati e riformisti d’Italia bisogna fare una cosa molto semplice, una specie di accordo prematrimoniale: sbarazzarsi degli alleati più pericolosi e fare una nuova legge elettorale”.
    Dice Nunzia: “Noi forzisti del Pdl sogniamo di poter mettere in moto un meccanismo virtuoso simile a quello che descrive Francesco, ma allo stesso tempo è evidente che il rischio nel mio partito è quello di essere schiacciati da alcune logiche di corrente che stanno rendendo difficile il matrimonio da cui è nato il Pdl. Alcuni ex An, per esempio, sappiamo che si trovano a disagio all’interno di questo governo, e sappiamo che a differenza nostra proveranno a condizionare la vita del nostro partito in modo da non dare seguito a questo movimento naturale verso il centro; senza capire però che un partito come il nostro ha senso solo se si trasforma sempre di più in un partito di centrodestra, e non in un vecchio e insensato partito di destra”. “Nunzia! – interrompe Boccia – ma il centrodestra e il centrodestra sono due convenzioni: non esistono, esistono solo, ormai, i conservatori e i riformisti”. “Amore, hai detto centrodestra e centrodestra…”. “Volevo dire centrosinistra!”. “Vedi di non fare il professore e ascoltami. Dicevo: non mi sento di destra, ma di centrodestra…”. “Nunzia: è una convenzione!!”. “Fammi parlare!!”. “Convenzione, convenzione!!”. “Zitto tu che non ce l’hai nemmeno il centrosinistra ma che a casa tua hai solo una sinistra che sa solo perdere con Berlusconi”. “Veramente Prodi…”. “Sì, e poi ha rovinato il paese”. “Ma lo spread sai a quanto lo abbiamo lasciato?”. “Ha rovinato il paese! Il pa-e-se!”. “Come Berlusconi!”. “Francé: è solo invidia: ve piacerebbe avere un Berlusconi. Il problema è che non ce l’avete: non avete leeeeader!”. “Come no! Abbiamo Bersani”.
    Pausa, silenzio, imbarazzo. Poi Nunzia ricomincia: “Bersani, eh? Guarda che se non te ne fossi ancora accorta Bersani è un leader di sinistra. Si-ni-stra! E se davvero volete dalle vostre parti un leader di centrosinistra metteteci, non so, uno come Enrico Letta a guidare il Pd”. “Nunzia! Non roviniamo Enrico! Ci manca solo un endorsement del Pdl!”. “Ma è la verità – dice Nunzia che conosce bene Letta e che come Boccia fa parte della squadra operativa del think tank del vicesegretario del Pd, dal nome “Vedrò”. Quando parla Letta io vedo parlare Letta. Quando parla Bersani io, come molti altri, vedo spuntare due baffi e vedo parlare D’Alema. E poi dài, su, siete sempre gli stessi, Frà. Almeno noi abbiamo innovato. Abbiamo un segretario di quarant’anni. E voi? Sempre gli stessi, sempre gli stessi!”. “Innovato? Ma anche voi sempre quelli! Maroni, Gasparri, La Russa…”. “Ti ricordo che il nostro segretario ha 40 anni. Il vostro quanti ne ha?”. “Veramente mi permetto di dire che Angelino…”. “Cosa? Cosa Angelino? Vuoi che sparo la parolina magica?”. “La parolina magica?”. “Sì”. “E quale?”. “Vasto, Francesco, Vasto”.
    Pausa: Nunzia dà un colpo di forchetta all’ultimo boccone di spinaci, sfiora con un pezzetto di pane il sughetto dell’insalata e poi ritorna alla parolina magica. “Vasto, sì sì! Ché io già rido tantissimo a immaginarmi alle prossime elezioni Fioroni, Letta e Boccia con Di Pietro e Vendola sul palco…”. “Guarda che Vasto non esiste più”. “Francesco: ti ricordo che nel sessanta per cento dei comuni in cui andrete a votare siete alleati con Di Pietro e Vendola, fai tu…”. “Nunzia – risponde il marito con l’aria esausta da chi ha già fatto questo discorso un milione di volte – guarda che lo so che Vasto è il bonsai di un’armata Brancaleone. Ma tu ti rendi conto, però, che senza Silvio il vostro partito non esiste più?”. “Francesco, che dici? E tu ti rendi conto che il centrodestra esiste e il centrosinistra è solo algebra?”. “Nunzia… convenzione convenzione!”. “Basta fare il professorino, Frà!”. Francesco sorride e Nunzia riprende a parlare.
    Silvio, già.

    Nunzia dice di aver parlato con Berlusconi giusto pochi giorni fa e confessa che il Cav. a sua volta le ha confessato (a) di voler sostenere davvero il governo fino alla fine della legislatura; (b) di non volersi arrendere a chi nel partito gli chiede di staccare la spina (“Quando staccherà la spina Silvio? Nel 2013 se penserà al paese, a breve se penserà solo al partito”); (c) di non voler davvero mai più fare politica in prima linea; (d) di aver deciso di volersi ritagliare fuori dalle istituzioni il ruolo di “allenatore” (parole sue) dei ragazzi del Ppe italiano. Boccia, da parte sua, ascolta con interesse le parole di Nunzia, riconosce la responsabilità mostrata in questa fase dal partito della moglie, ammette che pur con tutti i difetti del mondo Berlusconi ha avuto comunque il merito, negli anni, di dare spazio nel suo partito a molti giovani anche di talento; ma poi, finita la piccola sviolinata, torna sul tema di come possa pensare il centrodestra di avere ancora un senso senza il collante del berlusconismo. “Nunzia – dice Francesco un po’ scherzando e un po’ no – io sono preoccupato per voi, ma seriamente: perché se queste amministrative andranno particolarmente male per il Pdl qui il rischio è che salti per aria il governo”. “Non sarà così! Noi stiamo costruendo un progetto, e con quel progetto arriveremo alle elezioni pronti, se necessario, a farvi un mazzo così!”. “Con Angelino?”, dice Boccia con tono spavaldo e un filo provocatorio. “Con Angelino, sì. Ovvio – dice Nunzia facendosi seria seria – Angelino non potrà mai essere come Berlusconi ma potrà fare forse una cosa che con Berlusconi non siamo riusciti a fare del tutto. Oggi, per capirci, in un partito moderno, e il discorso vale per noi ma non solo per noi, le leadership troppo carismatiche non servono più: semmai servono progetti e programmi concreti. Per dire: tutti ci chiedono di allearci con il Terzo polo, e va bene, ma per farlo non si possono mettere le persone prima del progetto: bisogna farlo con una base programmatica precisa, mettendo insieme le idee prima ancora delle persone, e mostrando nei fatti non solo che un centrodestra moderato esiste davvero ma anche che l’idea di ricostruire in vista delle prossime elezioni una specie di Cdl 2.0 – e provare così a rimettere dentro a questo contenitore quelle che secondo me sono le forze erranti del centrodestra, da Pier Ferdinando Casini fino a Gianfranco Fini – non è un’idea impossibile, anzi. E poi, naturalmente, per il leader ci saranno le primarie…”. “Che in realtà non ci saranno se passa questa legge elettorale…”. “Se resta questa però le faremo…”. “Sì, ma tanto non resta, e forse è anche meglio così”.
    Pausa, arriva il dolce, Boccia risponde a una telefonata, Nunzia si accarezza la pancia, fa un sorriso al tavolo accanto a Renzo Lusetti (deputato dell’Udc) con moglie e figli al seguito, chiede alcuni consigli per il parto, dice che nella pancia c’è una bambina che si chiamerà Gea, scherza dicendo che Francesco, per giocare, la chiama più che il frutto dell’amore il frutto della grande coalizione e poi, sorridendo ancora, dice che se fosse stato un maschio, e non una femmina, magari lo avrebbero chiamato “Piersilvio” (incrocio naturalmente tra Silvio e Pier Luigi). Poi Boccia finisce la telefonata, addenta l’ultima fetta di ananas, invia un paio di sms, controlla Twitter, dà un’occhiata a Facebook e quindi arriva al nocciolo della questione, e forse persino al senso o nonsenso politico della loro storia d’amore. “Il punto – dice Boccia lanciando a Nunzia uno sguardo complice – è che l’errore che oggi viene fatto da molti nostri colleghi è quello di osservare la grande coalizione come se fosse un’ombra impossibile da proiettare oltre i confini dell’anno in corso. La verità, invece, è che una volta esaurita questa campagna elettorale, una campagna elettorale in cui in troppi hanno disperatamente riprovato a mettere insieme con fortune alterne i vecchi mosaici frantumati dall’onda d’urto generata dall’arrivo del governo Monti, i grandi partiti, forse, dovrebbero prendere esempio dalla nostra storia”. “Noi – prosegue Nunzia – pensavamo tre anni fa che ormai il nostro paese fosse abituato e rassegnato allo scontro, e che una guerra civile tra i due maggiori partiti italiani fosse ormai semplicemente inevitabile. Sulla nostra pelle, invece, e osservando le reazioni dei nostri amici e dei nostri elettori di fronte alla notizia della nostra relazione ‘mista’, ci siamo accorti che ci sbagliavamo, e che in fondo gli italiani di fronte a un matrimonio grancoalizionista hanno un atteggiamento molto più maturo, e meno ipocrita, di quanto la nostra classe politica possa anche immaginare”.

    E così, nei prossimi mesi, Nunzia e Francesco continueranno a fare quello che in qualche modo hanno davvero cominciato a fare prima degli altri: sponsorizzeranno le grandi coalizioni di buon senso, daranno il loro contributo per rafforzare la maggioranza di governo, si spenderanno per indirizzare i propri partiti su una rotta alternativa rispetto a quella imboccata dai vecchi alleati estremisti, e proveranno poi di tanto in tanto a dimostrare che le nozze tra due poli diversi in tutto sono la regola della natura. Lo faranno nel loro piccolo, lo faranno con la loro storia e lo faranno ridendo e scherzando con amore grazie a quello che promette di essere il matrimonio dell’anno. Quello tra Nunzia e Francesco, naturalmente. E chissà se sia solo un caso che il giorno delle nozze, al momento, è stato fissato in una data che non è proprio come le altre: otto settembre, naturalmente, anniversario, neanche a dirlo, del più famoso armistizio italiano.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.