
Quell'acquerello del 1785 che svela il senso del dito medio cattelaniano
L’arredo urbano di Milano si è arricchito di una nuova installazione piuttosto bella, visibile a pochi passi dal Duomo. Si intitola “100 sogni morti sul lavoro” di Gianfranco Angelico Benvenuto e rappresenta un muto corteo di un centinaio di tute gradienti, sporche e vuote. Vogliono diffondere un messaggio forte ed elementare: commemorare i morti sul lavoro e la gente che negli ultimi tempi l’ha perso. “100 sogni” è commovente, “Dito medio” di Maurizio Cattelan penetrante.
di Marco Bona Castellotti
L’arredo urbano di Milano si è arricchito di una nuova installazione piuttosto bella, visibile a pochi passi dal Duomo. Si intitola “100 sogni morti sul lavoro” di Gianfranco Angelico Benvenuto e rappresenta un muto corteo di un centinaio di tute gradienti, sporche e vuote. Vogliono diffondere un messaggio forte ed elementare: commemorare i morti sul lavoro e la gente che negli ultimi tempi l’ha perso. Anche questi manichini acefali discendono dall’immaginario surrealista, ma Angelico Benvenuto li ha interpretati in chiave proletaria, traducendo la capziosità sostanzialmente borghese dei surrealisti in una dimensione più umana.
“100 sogni” è commovente, “Dito medio” di Maurizio Cattelan penetrante. Nonostante la minacciata rimozione si erge ancora con protervia verso il cielo nella squallida piazza della Borsa, su cui s’è distesa una coltre di mestizia talmente spessa da concedere poco spazio alla speranza che possa dissolversi a breve. Per scoprire i reconditi rimandi allegorici di questa scultura, a “Dito medio” è doverso applicare una lettura iconologica panofskiana. Esso allude al palazzo dei valori di Borsa in una proiezione ad usum clisteris, oppure richiama il saluto fascista, vibrato da una mano con le dita mozze tranne quello più lungo? La mano di Cattelan in marmo di Carrara poggia su un basamento di travertino, pietra variegata e spugnosa adoperata nelle facciate di molte superbe chiese romane, dal Gesù a San Carlo ai Catinari. Troviamo il travertino anche nel palazzo della Borsa milanese, costruito nel 1930 dall’architetto Paolo Mezzanotte. Sul travertino si può saldare un gemellaggio tra Roma e Milano, che potrebbe farsi vieppiù serrato se dimostrassimo che la colossale scultura di Cattelan si ispira al colosso di Costantino – l’Acrolito – conservato frammentario in un cortile dei musei Capitolini. In origine l’imperatore era assiso in trono e misurava dodici metri d’altezza. Fra le due sculture intercorre una sostanziale differenza, perché nel colosso costantiniano è l’indice a essere evidenziato, non il medio. Visto che Milano si appresta a celebrare nel 2013 i mille e settecento anni dal famoso editto con il quale Costantino legittimò il cristianesimo come religione di stato, perché non fare un calco della manona capitolina e trasferirlo nella metropoli lombarda a dialogare con il “Dito medio”?
L’indice rappresenterebbe la grande tradizione gestatoria romana; il medio, il vecchio esprit de finesse meneghino forse un po’ sfiorito. Dita colossali nella storia dell’arte non mancano. Ne esiste uno tratteggiato in un disegno ad acquerello del 1785. Fu esposto a Roma in una mostra recente. L’arto è con ogni probabilità un medio; lo si arguisce osservando l’unghia e la seconda falange. Otto valletti sculettanti, di gran lunga più bassi di lui, lo trasportano su un basamento dove si legge un’epigrafe che inneggia alla munificenza di Pio VI, Papa ai suoi tempi bersagliato da aspre critiche anticlericali perché ritenuto, specialmente dagli intellettuali, troppo archeologo e troppo poco pastore. Il ditone del 1785, eseguito da un francese Antoine Vaudoyer, puzza lontano un miglio d’irriverenza. Deve essere una delle tante espressioni in odor di illuminismo, studiate per sbattere merda contro la chiesa. Ciò si verificava in certi casi a palate, in altri – vedi il grazioso acquerello – con il cucchiaino da caffè.
di Marco Bona Castellotti


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