Berlino ultima fermata

Tra Roma e Bruxelles, Monti raduna alleati per piegare il rigorismo tedesco

David Carretta

Mario Monti ha fatto un altro passo per formalizzare il suo ruolo di mediatore tra François Hollande, il candidato socialista favorito nel ballottaggio delle presidenziali francesi del 6 maggio, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Tra un ritorno alla spesa pubblica e l’austerità tedesca, il premier italiano si colloca nel mezzo, rifiutando “le modalità keynesiane vecchio stampo di guardare il mondo”, ma rilanciando la vecchia idea della Golden Rule per scorporare gli investimenti dal Patto di stabilità.

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    Mario Monti ha fatto un altro passo per formalizzare il suo ruolo di mediatore tra François Hollande, il candidato socialista favorito nel ballottaggio delle presidenziali francesi del 6 maggio, e la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Tra un ritorno alla spesa pubblica e l’austerità tedesca, il premier italiano si colloca nel mezzo, rifiutando “le modalità keynesiane vecchio stampo di guardare il mondo”, ma rilanciando la vecchia idea della Golden Rule per scorporare gli investimenti dal Patto di stabilità. Monti ha rivendicato il ruolo del suo governo nel mettere nell’agenda dell’Europa il tema della crescita, poi – intervenendo all’European Business Summit di Bruxelles – ha precisato che il deficit spending è “effimero perché costituisce “un’illusoria scorciatoia per la crescita”. Ma le riforme strutturali, pur essendo essenziali, “di per sé non produrranno crescita. Se non c’è domanda, la crescita non si materializzerà”.

    Per Monti servono urgentemente investimenti, anche pubblici, che “non necessariamente sono peggio del consumo privato”, anche se sono trattati così “dall’armamentario” europeo sulla disciplina di bilancio. Occorre incrementare il capitale della Banca europea degli investimenti (Bei), rilanciare le infrastrutture nazionali e transfrontaliere e, soprattutto, “un più equo trattamento dei veri investimenti pubblici nei bilanci nazionali”. Un riferimento alla vecchia idea della Golden Rule? “Non è il momento di ricette specifiche – risponde Monti – ma stiamo lavorando a stretto contatto con il governo tedesco e stiamo elaborando varie ipotesi”. Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha intenzione di convocare un vertice informale, poco dopo l’insediamento del prossimo presidente francese all’Eliseo, per preparare decisioni sulla crescita in giugno. E se due giorni fa il presidente della Bce, Mario Draghi, ha lanciato un “Growth compact” fatto di riforme “dolorose”, Hollande ha annunciato che in caso di sua elezione la Francia non ratificherà il Fiscal compact così com’è. Monti ha detto che una riscrittura del Patto è “irrealistica”, ma sa che il candidato socialista è pronto ad accontentarsi di un vago protocollo aggiuntivo.

    I quattro punti del memorandum che Hollande intende inviare agli altri leader europei sono noti: project bond per le infrastrutture (anche se il socialista francese li ha definiti “Eurobond”), aumento del capitale della Bei, tassa sulle transazioni finanziarie e mobilitazione dei fondi strutturali inutilizzati. Il governo italiano comunque riconosce che la chiave di un tentativo serio di ritorno alla crescita in Europa non è nelle ricette di Hollande, ma nelle decisioni che prenderà Merkel. “Bisogna che quei paesi che non sono in questo momento sottoposti a cura intensa come l’Italia largheggino con le loro politiche economiche”, ha spiegato Monti. C’è urgenza: ieri, per collocare 8,5 miliardi di Bot semestrali, il Tesoro italiano ha dovuto offrire un tasso di interesse dell’1,7 per cento contro l’1,1 di fine marzo. Oggi si replica con i Btp, e lo spread con i Bund tedeschi è nuovamente vicino a quota 400. Eppure Merkel in serata ha ribadito: la “problematica della crescita” è “il secondo pilastro” della politica tedesca, ma il Fiscal compact sui vincoli di bilancio “non è rinegoziabile”. La mediazione in Europa si annuncia lunga e laboriosa.

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