Perché non bisogna dare per spacciati Liverpool, Chelsea e old media

Jack O'Malley

Gli americani sono americani, basterebbe questo per passare a parlare d’altro, ma l’articolo del New York Times che nel weekend cercava di spiegare come Liverpool (calcio, Inghilterra) e Red Sox (baseball, Stati Uniti), uniti dall’avere gli stessi proprietari, siano in crisi nera, merita qualche riga. Anche solo per ricordare che i Reds sono in finale di FA Cup, il torneo più bello del mondo (altro che Champions League). Cercando informazioni sulla rassegna stampa della Camera, la mia via d’accesso all’Italia, mi sono imbattuto in una polemica più sterile dello zero a zero fra Sunderland e Wolverhampton di sabato.

    Londra. Gli americani sono americani, basterebbe questo per passare a parlare d’altro, ma l’articolo del New York Times che nel weekend cercava di spiegare come Liverpool (calcio, Inghilterra) e Red Sox (baseball, Stati Uniti), uniti dall’avere gli stessi proprietari, siano in crisi nera, merita qualche riga. Anche solo per ricordare che i Reds sono in finale di FA Cup, il torneo più bello del mondo (altro che Champions League). Dare per spacciate certe squadre è un mestiere sporco, e capisco che qualche giornalista lo debba pur fare, ma la cosa si fa sporchissima se si aggiunge che il Liverpool in finale sfiderà il Chelsea, altra squadra data per morta da troppi becchini della carta stampata (persino da me, ma non importa: io posso), e oggi anche semifinalista nella Cialtrons League. Dare sentenze definitive nel calcio non porta bene, lo sanno nella sponda azzurra di Manchester, dove hanno ricominciato a fare punti appena la possibilità di vincere il campionato è sfumata quasi del tutto. Certo, forse con un rigore inesistente a partita sarebbe più facile. Ma non tutti sono lo United (a cui concedono i penalty fantasma e non quelli solari, per dirla alla Rai Sport) o, peggio, il Barcellona (a cui, vedrete, domani daranno un rigore).

    Cercando informazioni sulla rassegna stampa della Camera, la mia via d’accesso all’Italia, mi sono imbattuto in una polemica più sterile dello zero a zero fra Sunderland e Wolverhampton di sabato. Con una certa voracità sociologica mi sono messo a seguire il dibattito fra chi considera la chiusura della suddetta rassegna come un inaccettabile schiaffo alla libertà di stampa e chi dice, in sostanza, “e comprati ‘sti giornali!” e ne ho tratto un’ulteriore prova del perché la serie A non sarà mai all’altezza della Premier League. Dove il gentile furto di contenuti è scambiato per libertà d’informazione, cioè dove l’assistenza prevale sul mercato, non si potrà mai affermare la qualità, nemmeno sui campi di calcio. Senza contare che nell’Inghilterra dei new media e old values nessuno avrebbe il coraggio di scrivere con dieci anni di ritardo un articolo sul cognome Hu che supera O’Malley. Capisco che data la qualità di certe notizie uno finisce per pretendere di leggerle gratis.