
Che palle la strage di stato
Pubblichiamo domani nell’inserto del sabato uno splendido racconto storico di Adriano Sofri, un capitolo del suo instant e-book preparato direttamente per il web. Parla da solo delle fragili basi del nuovo fracasso mediatico su Piazza Fontana, non ha bisogno di commenti. Invece ha bisogno di commenti la nostra percezione del tempo. Dalla strage della Banca dell’Agricoltura e dalla cosiddetta “strategia della tensione” ci separano 43 anni. Il 13 maggio del 1905 la ballerina esotica olandese detta Mata Hari, fucilata poi come spia durante la prima guerra mondiale, debuttò a Parigi.
Pubblichiamo domani nell’inserto del sabato uno splendido racconto storico di Adriano Sofri, un capitolo del suo instant e-book preparato direttamente per il web. Parla da solo delle fragili basi del nuovo fracasso mediatico su Piazza Fontana, non ha bisogno di commenti.
Invece ha bisogno di commenti la nostra percezione del tempo. Dalla strage della Banca dell’Agricoltura e dalla cosiddetta “strategia della tensione” ci separano 43 anni. Il 13 maggio del 1905 la ballerina esotica olandese detta Mata Hari, fucilata poi come spia durante la prima guerra mondiale, debuttò a Parigi. Il primo gennaio del 1948 fu promulgata la Costituzione della Repubblica italiana. Tra le due date passano 43 anni.
Mio padre all’epoca della Costituzione aveva 27 anni. Il debutto di Mata Hari era per lui un dato storico lontano e velato, come la diva e spia. Ma erano ricordi lontani anche la teoria della relatività, stesso anno, o la rivolta antizarista dodici anni prima della Rivoluzione d’Ottobre, stesso anno del primo ballo di Mata Hari, stessi 43 anni di differenza tra la strage di Milano e l’anno in corso oggi: erano materie di memoria e di storia raffreddate e solidificate dal tempo, oggetti di studio connessi indirettamente con il presente, roba forte e fredda.
Se nel 1948 mio padre avesse visionato in rassegna il passato suo e della sua generazione, prendendo come metro di misura il segmento dei 43 anni dal debutto parigino appena citato, avrebbe trovato la nascita della cultura postmoderna, la musica di Strawinsky e Schoenberg in parallelo alle ultime sinfonie di Gustav Mahler, il gran romanzo di Marcel Proust e lo strabiliante centone odissaico a flusso continuo di James Joyce e le elegie duinesi di Rainer Maria Rilke, la maggiore produzione di Picasso comprese le Demoiselles d’Avignon del 1906; avrebbe portato attenzione a due guerre mondiali, alla nascita del comunismo bolscevico in Russia, al dilagare dei fascismi tra Roma e Berlino, allo sterminio degli ebrei d’Europa; la visione a ritroso lo avrebbe portato a considerare la diffusione della psicoanalisi, l’architettura razionalista di Gropius e Le Corbusier, e non so quanti altri segnacoli del suo tempo riassunti nel percorso pazzesco e straordinario di quel quasi mezzo secolo, di quei 43 anni.
Io ho sessant’anni. I 43 anni che ho vissuto da quando scoppiò la bomba, allora ero diciassettenne, li guardo come una cosa seria ma, come posso dire?, meno impegnativa. Sopra tutto, sono sconvolto e a questo punto anche ossessionato dalla nostra percezione del tempo, di un analogo segmento temporale che sta alle mie e nostre spalle, ma che ritorna sempre nella stessa forma, sempre con gli stessi stilemi, sempre con le stesse emozioni autentiche o simulate, sempre con gli stessi automatismi o tic, una – scusate – rottura di coglioni mai vista.
Su Mata Hari il film con la Garbo fu girato nel 1931, ventisei anni dopo la sua esplosione di debuttante. Il romanzo della strage di Milano è stato girato ieri, 43 anni dopo. Un regista della mia generazione non ha trovato di meglio che comporre il suo pastiche, che non ho visto e che non è in sé la cosa che mi interessa commentare qui, 43 anni dopo. E naturalmente la cosa debutta con un corteggio di commenti, febbri mediatiche, tweet, interpretazioni rinnovate e più o meno cinguettanti, che ci riavvolge a spirale nel tempo passato senza consegnarcene la rilevanza storica, senza darcene perfino la terribile e orribile maestà, senza quel campo lungo della cultura e della storia che è la stoffa di cui sono fatti i secoli trascorsi. Le eccezioni sono rarissime, e l’e-book di Sofri sarà una di queste.
E’ successo qualcosa. Di strano e forse anche di grave. Una generazione senza guerre, ma in un certo senso anche senza vita, che ha attraversato il tempo in una sorta di inconsapevole incoscienza, che assiste da trent’anni e più alla strage da un miliardo e passa di vittime dei bambini non nati e delle bambine asiatiche, che si erge nella sua spietata ignoranza davanti al muro nero dell’ingegneria genetica, che assiste muta ed elusiva a uno spietato scontro di civiltà gravido di un losco futuro, che vive senza vederla la storia prenucleare del possibile strike israeliano a difesa di un popolo tornato alla sua terra dopo millenni, questa generazione fa della memoria, che sarebbe una cosa seria, un lento, continuo, interminabile ruminare il già noto. Ieri hanno scoperto un nuovo testimone oculare dell’assassinio di Pasolini. Pasolini è il nome e la chiave di una continua futile speculazione culturale alla quale non abbiamo il potere di sottrarci, nemmeno negli aspetti così poco seducenti della cronaca nera e criminale. Cose di cui si sa tutto, che dovrebbero entrare in una rassegna di significati profondi, alta e severa, come presumibilmente quella di mio padre ventisettenne o di mia madre ventottenne e insomma della loro generazione, si dipanano invece vanamente e ripetitivamente, sempre uguali le forme, nei 43 anni che mi sento autorizzato a bollare come un tempo non perduto né ritrovato, come un tempo vuoto e obbligato, in cui il nostro linguaggio si aggira senza libertà, nel più sleale conformismo verso il racconto, la narrazione, l’epica. Con questa storia e queste storie, amici coetanei, avete francamente prostrato e incinichito il mio normale senso del tempo, mi avete imbolsito e banalizzato i fatti, mi costringete a non uscire dal cerchio magico della giovinezza quando sarebbe stata ora, da vent’anni e più, di varcare in un modo o nell’altro la linea d’ombra della consapevolezza e della maturità. Che palle la strage di stato.


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