
I pm fatti a pezzi dal pg
Mi telefona Sofri e mi dice che ha bisogno di spazio perché vuole commentare come si deve la requisitoria del consigliere Iacoviello, sulla cui base è stata cassata per vizio di motivazione, con rinvio a un nuovo processo d’appello, la sentenza contro Marcello Dell’Utri per “concorso esterno in associazione mafiosa”. Grazie, baci, ciao. Poi leggo la sentenza e impazzisco.
Guarda la puntata di Qui Radio Londra C'è un magistrato a Palermo che dice cose sconclusionate
Mi telefona Sofri e mi dice che ha bisogno di spazio perché vuole commentare come si deve la requisitoria del consigliere Iacoviello, sulla cui base è stata cassata per vizio di motivazione, con rinvio a un nuovo processo d’appello, la sentenza contro Marcello Dell’Utri per “concorso esterno in associazione mafiosa”. Grazie, baci, ciao. Poi leggo la sentenza e impazzisco. A mano a mano che procedo vedo stampati in punta di diritto, con vena letteraria specialistica e non solo, senso dello spettacolo dibattimentale, spirito critico e totale libertà psicologica, tutti nessuno escluso gli argomenti che più banalmente, più realisticamente, digiuno di diritto e di procedura come è, questo giornale ha dedicato per molti anni all’affaire.
Il punto di partenza è romanzesco. Come diceva il Celentano di una volta, l’amico di Tony Renis, “anch’io ho amici criminali”. In quanto tali, le amicizie mafiose sono “l’irrilevante giuridico”. Un’accusa di “concorso esterno” in mafia rischia fortemente di essere “in difetto di base legale”. Tutto pertiene alla radice, se non sia chiaro il reato perseguito e dimostrato come fattispecie tipica o specifica: manca l’imputazione anche se c’è l’imputato. L’inversione logica, cioè il prendi un imputato, gli attribuisci frequentazioni dubbie, trovi prove in merito, poi motivi una condanna per un reato vago, nascosto, deve dipendere da qualcosa di extragiuridico. Iacoviello non si sporge oltre l’abisso, ma un giornale politico non poteva non farlo. A Dell’Utri fu attribuito un ruolo di mediazione in merito a estorsioni a danno di Berlusconi: era un berlusconiano amico di Berlusconi, questo sì al di là di ogni ragionevole dubbio, doveva allora essere un mafioso. La conclusione era politica. Era banalmente narrativa. Era giornalistica. Alimentava campagne merdaiole, arrivate fino al punto di domandarsi cose appena ieri finalmente smentite da una sentenza fiorentina accolta come cosa normale: ma Forza Italia ha organizzato anche qualche strage mafiosa? Perché, e anche questo è al di là di ogni ragionevole dubbio, agli inizi Dell’Utri organizzò Forza Italia, e la proprietà transitiva dell’uguaglianza, la inclinazione al teorema sghembo dell’Inquisizione palermitana, giustificava ogni forzatura per il bene della patria politica e della storiografia politica.
La stessa vigliaccata che ha colpito Dell’Utri, il mediatore per metafora, l’imputato senza imputazione, ha colpito anche il generale Mori e altri servitori della stato dei Ros, i Raggruppamenti operativi speciali dei carabinieri invisi a una parte della procura di Palermo. Dell’Utri aveva amici criminali, da buon palermitano o da cattivo palermitano, e il generale Mori discuteva con il braccio politico dei criminali le condizioni della lotta alla mafia, nella zona grigia in cui si muovono sempre i bravi investigatori e i servizi segreti, a nome dello stato. E’ l’altro teorema imbarazzante per la logica, per il romanzo, per la politica e per lo stato di diritto: la trattativa tra stato e mafia, una cosa che c’è e non c’è, come il concorso esterno, perché può esserci e può non esserci a seconda di come si giudichino il modo di una “estorsione” o le tecniche di accaparramento di un “confidente”, magari di tipo speciale. Le causeries du samedi, firmate dallo scrittore Francesco Iacoviello, sono la stroncatura e il castigo di questa cattiva letteratura. Vi prego caldamente di leggerle, da foglianti, perché oltre tutto sono tristi ma esilaranti. Come Gogol.
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