
Voglio giocare a “cacatoe” con Luttazzi, il giudice e gli avvocati
Caro Luttazzi, la prima volta che ti ho incontrato, su tuo invito, era sulle reti Mediaset, in un tuo programma satirico, Barracuda. Mi hai domandato come facevo a fare la cacca, un tuo vecchio e simpatico pallino, e se non ricordo male ho mimato la cosa con un certo senso sboccato e truce dell’umorismo e quel po’ di sprezzo del pericolo che mi si riconosce. Eri abbastanza beato perché un tipo notorio, grasso e vanitoso, molto odiato nei tuoi giri amicali e mentali, espressionisticamente immaginato come la fogna di servizio del potere, era una preda magnifica per la tua satira.
Caro Luttazzi, la prima volta che ti ho incontrato, su tuo invito, era sulle reti Mediaset, in un tuo programma satirico, Barracuda. Mi hai domandato come facevo a fare la cacca, un tuo vecchio e simpatico pallino, e se non ricordo male ho mimato la cosa con un certo senso sboccato e truce dell’umorismo e quel po’ di sprezzo del pericolo che mi si riconosce. Eri abbastanza beato perché un tipo notorio, grasso e vanitoso, molto odiato nei tuoi giri amicali e mentali, espressionisticamente immaginato come la fogna di servizio del potere, era una preda magnifica per la tua satira. Ma non fosti del tutto soddisfatto perché stavo al gioco, anzi raddoppiavo la posta sfacciatamente, e sotto sotto sapevi che la mesata a Mediaset te la pagava il titolare della fogna.
Ho sempre pensato che la satira è libera. Quando svergogna non si copre di vergogna, fa il suo mestiere. La cacca poi non mi fa paura. La sua infantile ricorrenza nel discorso mi diverte, basta leggere le lettere di Mozart e intrattenersi talvolta sull’argomento con devozione, ciò che mi capita nel mio giro amicale e mentale. Una volta proposi a Freccero di fare una trasmissione sulla cacca, ma anche l’uomo più anticonformista ha le sue ubbidienze ideologiche, e non se ne fece nulla (vero che era una proposta da osteria, niente di serio). A me il tuo sketch in sé non è mai parso così scandaloso. Il risvolto di certe libertà assolute è l’irrilevanza relativa del messaggio che recano. Dicono che fosse più o meno copiato, come altri tuoi testi. Ma ormai è stato certificato, non so come non so quando non so perché, il diritto di faticare un po’ meno nella scrittura dei monologhi comici. Non ho fatto particolari accertamenti, ’un s’ebbe tempo come dicono in Toscana.
Non te ne voglio. Fosti duramente sebbene gentilmente censurato dai maestri del genere e da scrittori e osservatori di sinistra, che non approvarono quella puntata drammaturgica del tuo “cacatoe cacatoe / che cascata di cacate” (Ionesco). Ti tesi la mano, cercai di indurti a qualcosa come un duello per finta, ma tu non sei troppo spiritoso nella vita, cosa che capita spesso a chi fa satira per mestiere, e ti chiudesti in un riserbo e in un risentimento che sapevano di offesa. In quello vidi quanto eri fragile, psicologicamente vergine, era comico involontario purissimo quel considerare offensivo che scattasse una qualche reazione negativa per aver rappresentato Ferrara in una vasca da bagno con Dell’Utri e Berlusconi che gli pisciavano e cacavano addosso e la Santanché impegnata a frustare tutti in tuta sadomaso. E’ vero che nel tuo mondo c’è il diritto di sognare, ma quello era un tuo incubo e non a tutti piacciono gli incubi degli altri. Può succedere di essere criticati anche nell’esercizio della libertà di satira.
La questione del tuo licenziamento dalla ditta televisiva che ci mandava in onda all’epoca, La7, è un altro paio di maniche. E anche la tua emarginazione progressiva dai palinsensti, se non sbaglio, fa parte del problema. Vauro non disegnerebbe la Rossanda ingroppata da un agente del Kgb perché ha detto che bisogna finirla di considerare comunista il quotidiano il manifesto. Elle Kappa non darebbe ai suoi mostri una battuta sul “Fondatore tecnicamente rincoglionito” perché ha proposto di rendere eterno per Costituzione il governo tecnocratico del presidente. Nessun autore di satira nel mondo intero si accanirebbe con dismisura rabelesiana su un collega di rete. Non è che La7 ti ha fucilato, è che hanno interrotto un contratto per una violazione della consuetudine deontologica, così scrissero e sostennero.
Ora un giudice ti ha reintegrato nei tuoi diritti di sognatore, salvo appello, e ha anche imposto una multa all’emittente che si era liberata di te. Cinque anni di battaglia legale, and counting, come dicono i tuoi parenti americani stand up comic. A raccontarla da Letterman, si farebbero un sacco di risate. Sui tuoi sogni col bollo del tribunale, intendo. Ora sei un lavoratore come gli altri, finalmente, e hai avuto l’ebbrezza di una specie di articolo 18 del sogno. Però non ti inorgoglire. Prova a tornare in tv e io ti torno a trovare da ospite, e giochiamo un poco con la cacca, tu, io, il giudice e gli avvocati. Baci.


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