Perché ci sono le “regole di Rushdie” dietro gli incidenti a Bagram

Alessandro Turci

Non intenzionale. Con questa formula gli alti funzionari americani in Afghanistan hanno cercato di mitigare il fattaccio. Ma le copie del Corano maldestramente carbonizzate nella base militare Nato di Bagram, e poi abbandonate al vento, hanno acceso la rabbia popolare, innescando i leader religiosi e mietendo morti e feriti.

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    Non intenzionale. Con questa formula gli alti funzionari americani in Afghanistan hanno cercato di mitigare il fattaccio. Ma le copie del Corano maldestramente carbonizzate nella base militare Nato di Bagram, e poi abbandonate al vento, hanno acceso la rabbia popolare, innescando i leader religiosi e mietendo morti e feriti. Obama così prima ha dovuto telefonare e poi prendere carta e penna per scrivere a Karzai una lettera di scuse che andasse oltre la formula dell’incidente non intenzionale, annunciando un’inchiesta sui fatti.

    […] Un anno fa la reazione al gesto volontario di Jones e dei suoi cinquanta fedeli a Mazar-i-Sharif era stata tragica: quattordici morti, tra cui sette membri delle Nazioni Unite. E non solo i media americani avevano addossato a Jones la responsabilità delle violenze. A difendere il pastore ci pensò l’autorevole faro del neoconservatorismo e del colto mondo accademico, Daniel Pipes. Mettendo in bello stile le rozze argomentazioni di Jones, Pipes sottolineò senza mezzi termini la natura intrinsecamente violenta dell’islam e dei suoi seguaci, per i quali il gesto del pastore è stato solo un gradito pretesto, utile a giustificare l’ennesima spedizione a caccia di infedeli.

    Pipes è tornato più volte sull’argomento: per lui il rogo del Corano va letto nell’ottica di quella che definisce la “Rushdie Rules”, una reazione a un sentimento di sudditanza psicologica che ha contagiato l’America. In altre parole, dire che non si può toccare il Corano è un atteggiamento khomeinista, una visione totalizzante e intangibile della religione che impedisce il minimo confronto libero, pena l’eresia e la fatwa. E’ questo, sempre secondo Pipes, un condizionamento delle libertà d’espressione inaccettabile per le società aperte.

    [l'intero articolo sarà disponibile nel Foglio di domani]