
Acta sunt ratificanda
I Parlamenti di mezza Europa – Lituania, Repubblica ceca, Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Germania e Olanda – hanno reso le armi al populismo internettiano, rimandando la ratifica di un accordo anti contraffazione firmato il 26 gennaio dopo quattro anni di trattative. Si chiama Acta (Anti-Counterfeiting Trade Agreement).
I Parlamenti di mezza Europa – Lituania, Repubblica ceca, Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Germania e Olanda – hanno reso le armi al populismo internettiano, rimandando la ratifica di un accordo anti contraffazione firmato il 26 gennaio dopo quattro anni di trattative. Si chiama Acta (Anti-Counterfeiting Trade Agreement), è un accordo commerciale, un tentativo di uniformare le leggi anti contraffazione a livello internazionale, lo stesso piano in cui si muove, in tutta impunità, la pirateria via Internet. Il tempismo non ha aiutato il giro di ratifiche europeo: a un mese dalla sollevazione globale contro il Sopa (Stop Online Piracy Act, fermato al Congresso americano dopo proteste plateali, tra cui un giorno di blackout dell’enciclopedia on line Wikipedia) è stato facile riportare 25 mila persone in piazza in tutta Europa contro quello che è stato venduto come un nuovo sfregio alla libertà d’espressione.
Di fronte ad allarmi così nobili, poco è importato che l’Eurocommissione abbia precisato che l’Acta “non modificherà la legge europea in materia, non costringerà gli operatori a monitorare il Web e non colpirà gli individui, ma chi utilizza la violazione della proprietà intellettuale a scopi commerciali”. L’Acta non prevede in alcun modo la censura, non blocca l’accesso alla rete e permette ai singoli di farsi (e di scambiarsi) tutte le copie private che vogliono. Insomma, conclude l’Eurocommissione, “ciò che ora nell’Ue è legale lo sarà anche con l’Acta”. Ma più poté quello che una testata di certo non reazionaria come la Süddeutsche Zeitung ha definito “un criticismo isterico, basato su informazioni false costantemente ripetute e moltiplicate sul Web”.
Per il quotidiano, il successo della retorica insofferente a ogni regolamentazione del Web, che in Svezia e Germania si è incarnata in due partiti politici (Piratpartiet e Piratenpartei), “è figlia dell’incapacità di capire che la proprietà intellettuale è proprietà a tutti gli effetti, ha un valore e andrebbe protetta”. Per eccesso di compiacenza al populismo informatico, quasi tutti i paesi europei aspetteranno il voto dell’Europarlamento (a giugno) prima di dire la propria. La Corte di giustizia Ue ieri ha indicato la strada, rifiutando alla Siae belga (Sabam) la possibilità di monitorare la pirateria musicale sul social network Netlog: “Un filtro costerebbe troppo e violerebbe la privacy”.


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