Cambiare l'Italia, ma tenersi gli italiani

Redazione

Insomma: cambiamo pure, ma non cambiamo tutto – che mica tutto è come la cravatta azzurra che Monti portava da Obama e che sul Corriere Beppe Severgnini ha preso a metafora social-sartoriale: “Vezzosa, ma ci vuol poco a cambiarla”. Il titanico intendimento tardo-dazegliano del premier – cambiare gli italiani mentre prova a raddrizzare l’Italia – è di quelli di gravoso impegno e di incerto approdo. Perché a voler cambiare gli italiani, che oggettivamente non hanno una caratura da Peterson Institute of Economics, molti prima di lui ci hanno provato.

    Insomma: cambiamo pure, ma non cambiamo tutto – che mica tutto è come la cravatta azzurra che Monti portava da Obama e che sul Corriere Beppe Severgnini ha preso a metafora social-sartoriale: “Vezzosa, ma ci vuol poco a cambiarla”. Il titanico intendimento tardo-dazegliano del premier – cambiare gli italiani mentre prova a raddrizzare l’Italia – è di quelli di gravoso impegno e di incerto approdo. Perché a voler cambiare gli italiani, che oggettivamente non hanno una caratura da Peterson Institute of Economics, molti prima di lui ci hanno provato – e nessuno, prima di lui, ci è riuscito: democratico o dittatore che fosse – per tacere del leopardiano ragionare sopra “lo stato presente dei costumi degli italiani”. Mussolini cercò di farne un popolo guerriero, e quasi subito dovette ammettere: “E’ semplicemente inutile”. Non voleva D’Alema montare a mo’ di Lego il suo “paese normale”, persino letterariamente evocato – paese che così lo ricacciò al largo a bordo dell’Ikarus? Craxi aspirava a fare di noi italiani dei cittadini capaci di apprezzare il decisionismo governativo, la secchezza esecutiva, e finì i suoi giorni in territorio levantino. Berlinguer molto si spese per  una penisola di moralisti e moralizzatori, e inutilmente si spese, per tacer di tutti quelli di scuola torinese, i G & L di perenne insoddisfazione per lo stato dei costumi dei connazionali. Infine, il Cav. si presentò intenzionato a una rivoluzione liberale, e la spugna ha gettato ben presto.

    Nessuno ha avuto fortuna, nessuno ha cambiato per sempre il carattere degli italiani – giusto i democristiani apparentemente ci sono riusciti, ma solo perché i democristiani non si sono mai nemmeno sognati di farlo. Monti ha molte indubbie qualità – e il Time lo testimonia, e l’azzardo della cravatta lo conferma, ma forse può contenere il suo impegno nella salvezza dell’euro e del continente tutto, come oltreoceano sono sicuri che possa fare. Chi l’ha detto che sarebbero migliori gli italiani simili a tedeschi e svizzeri? Ci sono qualità – che all’estremo possono mutarsi in difetti, ma fondamentalmente sono qualità – che non è il caso di cambiare (e non c’è possibilità di cambiare): una certa leggerezza nelle cose, un minimo di buongusto, una buona resistenza a essere inquadrati e a marciare (tutti un po’ figli di don Milani), una generosità magari cialtrona, ma parecchio meglio della burocratica contabilità teutonica. Siamo poco spie – e mai lo siamo (a parte i casi abietti: qualche connazionale prese le 5 mila lire per denunciare un ebreo) davanti a macroscopiche ingiustizie. Sono i nostri medici che si sono rifiutati di denunciare gli ammalati clandestini. Siamo un po’ preti, un po’ ipocriti, ma pure di cuore abbastanza vasto. Rifatta l’Italia, caro presidente Monti, teniamoci gli italiani che abbiamo.