
Come crescere a saldo zero
Le previsioni sul prodotto interno lordo dell’Italia nel 2012 vanno dal meno 2,2 per cento del Fondo monetario internazionale al meno 1,5 con crescita zero nel 2013 nello scenario “pessimista” di Banca d’Italia, mentre quello “non pessimista” per lo spread prevede un meno 1,2 quest’anno e un rimbalzo dello 0,8 nel 2013.
Le previsioni sul prodotto interno lordo dell’Italia nel 2012 vanno dal meno 2,2 per cento del Fondo monetario internazionale al meno 1,5 con crescita zero nel 2013 nello scenario “pessimista” di Banca d’Italia, mentre quello “non pessimista” per lo spread prevede un meno 1,2 quest’anno e un rimbalzo dello 0,8 nel 2013. La previsione del governo di una decrescita dello 0,4 per cento appare sempre più irreale, date anche le valutazioni scoraggianti sulla dinamica del pil dell’Eurozona che emergono dagli interventi di Davos, in cui il cancelliere tedesco Angela Merkel ha insistito nella politica di rigore, mentre lo spregiudicato finanziere George Soros invocava uno stimolo fiscale per evitare l’avvitamento deflazionistico. Ciò sarebbe in palese contrasto col patto fiscale che i governi europei devono sottoscrivere ed è quindi inverosimile.
Ma una politica fiscale espansiva è possibile anche con il bilancio in pareggio. La dimostrazione teorica è stata data nel 1945 da Trygve Haavelmo con il suo teorema in cui si raffronta una spesa di investimento dotata di effetti espansivi bilanciati da imposte di pari gettito che non deflazionano di altrettanto la domanda. Ma non è necessario che la spesa di investimento sia erogata dal governo. Esso può limitarsi a garantire l’acquisto dei beni e servizi prodotti dal privato. Con la finanza di progetto, le imprese investono mezzi propri e denaro in prestito, per offrire servizi che il governo comprerà. Altre volte l’investimento dà un ricavo di mercato, che non copre i costi e lo stato può intervenire con un contributo alle spese di esercizio che fa parte delle spese correnti ed è coperto con le imposte.
Nel nostro caso ci sono anche i fondi comunitari, che consentono una quota di spesa che non grava sul bilancio statale o regionale, che ci mette il resto. C’è poi il vasto capitolo del credito agevolato. Il governo Monti non può affidarsi alla pura speranza che le limitate seppure necessarie liberalizzazioni che esso ha attuato generino, spontaneamente, una spinta all’economia capace di controbilanciare gli effetti depressivi della manovra di finanza pubblica, anche perché una parte sostanziale di esse hanno bisogno di decreti attuativi per essere varate.
Il tempo stringe, urge un piano di rilancio a saldo zero.


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