Ultima istanza

Il Preside ora chiede anche all'Europa di fare i suoi compiti a casa

David Carretta

L’Italia ha fatto la sua parte con uno sforzo “senza pari tra i paesi membri dell’Unione europea” e ora tocca agli altri – incluse Germania e Francia – adottare “rapide decisioni” per salvare l’euro. Nella tappa parigina del tour europeo, Mario Monti ha mostrato quantomeno segnali di impazienza per l’inerzia del duo franco-tedesco sul rafforzamento dei Fondi salva stati. Con lo spread tra titoli italiani e Bund tedeschi a 527 punti e i rendimenti dei Btp al 7,13 per cento, occorre “far sì che sparisca dalla mente dei mercati un rischio relativo alla permanenza dell’euro”, ha spiegato il premier.

    L’Italia ha fatto la sua parte con uno sforzo “senza pari tra i paesi membri dell’Unione europea” e ora tocca agli altri – incluse Germania e Francia – adottare “rapide decisioni” per salvare l’euro. Nella tappa parigina del tour europeo, Mario Monti ha mostrato quantomeno segnali di impazienza per l’inerzia del duo franco-tedesco sul rafforzamento dei Fondi salva stati. Con lo spread tra titoli italiani e Bund tedeschi a 527 punti e i rendimenti dei Btp al 7,13 per cento, occorre “far sì che sparisca dalla mente dei mercati un rischio relativo alla permanenza dell’euro”, ha spiegato il premier. Oggi l’Italia e altri paesi devono corrispondere tassi di interesse ancora troppo elevati rispetto all’economia reale, ha detto Monti. Ora servono “munizioni sufficienti” da parte della zona euro.

    Certo, il presidente del Consiglio ha precisato che l’Italia sostiene la Tobin tax che tanto piace al Merkozy, aggiungendo che i paesi europei devono prendere una decisione comune in materia, e ha diplomaticamente evitato di chiamare direttamente in causa il direttorio a due. Ma il riferimento al presidente francese Nicolas Sarkozy e alla cancelliera tedesca Angela Merkel, che si vedranno lunedì a Berlino, è chiaro: “Ogni paese faccia fino in fondo quello che deve fare”, in particolare per “quelle misure che servono a dare fiducia nell’euro”. Sarkozy ha risposto che “c’è perfetta identità di vedute” e in effetti, se non fosse per la sua tripla A a rischio, il presidente francese sarebbe tentato di lasciare a se stessa la cancelliera. Monti vedrà Merkel mercoledì, mentre i leader di Berlino e Parigi sono stati invitati assieme a Roma il 20 gennaio. Ma dalla Germania non arriva alcun segnale di apertura: “Non ci sarà un centesimo di più” oltre il tetto dei 500 miliardi per i due fondi salva stati, spiega Markus Ferber, europarlamentare della Csu. Anche Eurobond e Bce rimangono un tabù inviolabile per Merkel. Per l’Italia qualche piccolo passo avanti c’è stato sul fronte del Patto fiscale, l’accordo intergovernativo annunciato lo scorso 9 dicembre. La bozza di trattato discussa a Bruxelles ieri dagli sherpa nazionali ha accolto alcuni degli emendamenti proposti da Roma.

    Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha accettato i rilievi sulla necessità di maggiore flessibilità sul debito. All’articolo 4 dell’intesa, che dovrebbe essere firmata a marzo dai capi di governo e che stabilisce l’obbligo di far rientrare il debito superiore al 60 per cento del pil di un ventesimo l’anno, c’è un chiaro riferimento al “Six pack”, ovvero la legislazione già approvata dalla Commissione Ue. In altre parole, per stabilire il ritmo di aggiustamento dei conti pubblici si terranno in conto tutti i “fattori rilevanti”, come il debito privato e la sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo periodo, per addolcire una norma che altrimenti imporrebbe all’Italia manovre annuali da 40-50 miliardi. Inoltre, le nuove regole sul debito non dovrebbero entrare in vigore prima del 2014. Contrariamente agli auspici di Monti, non c’è alcuno sconto per gli investimenti nel calcolo del deficit strutturale per rispettare il pareggio di bilancio. Ma il testo si è arricchito di diversi riferimenti a “crescita più forte, competitività rafforzata e coesione sociale”.

    Come chiesto dal governo italiano, la seconda bozza Van Rompuy prevede che le parti “coordineranno le loro emissioni di titoli del debito”. E’ stato anche rafforzato il ruolo della Commissione, che potrà adire la Corte europea di giustizia. I numerosi richiami alle istituzioni dell’Ue a Ventisette e al mercato interno irriteranno il Regno Unito – che si è chiamato fuori e partecipa come semplice osservatore – ma servono a evitare un’eccessiva deriva intergovernativa. Van Rompuy ha accettato che “entro 5 anni la sostanza di questo trattato sia incorporata nel quadro giuridico dell’Ue”.

    Comunque, mentre Monti a Parigi annunciava che “Francia e Italia, e sono sicuro altri stati vogliono lavorare mano nella mano per obiettivi estremamente concreti e vitali”, la Germania ha già lanciato con successo nuove offensive sul Patto fiscale. Il trattato entrerà in vigore quando sarà ratificato da quindici membri della zona euro, e non più nove come inizialmente previsto. Berlino vuole condizionare gli aiuti ai paesi in difficoltà alla ratifica. Così, se Irlanda o Grecia fossero tentate da un referendum o da un rinvio, verrebbero condannate al default. Soprattutto Berlino è riuscita a estendere la competenza della Corte europea di giustizia a tutto il Titolo III, e non più solo all’articolo 3 che obbliga i paesi a costituzionalizzare il pareggio di bilancio: i giudici di Lussemburgo – secondo alcune interpretazioni – potrebbero quindi essere chiamati a giudicare il ritmo con cui l’Italia riduce il suo debito.