La missione italiana in Europa

Redazione

Il governo, dopo avere varato la manovra correttiva per ridurre il rapporto deficit/pil all’1,3 per cento nel 2012 e per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, si trova ora a fronteggiare la necessità di ridurre rapidamente il livello di indebitamento pubblico dell’Italia. Non si tratta solo di un impegno auspicabile, come sostiene qualcuno, ma anche di un impegno formale previsto dal Fiscal compact europeo annunciato a dicembre e che dovrà essere firmato entro marzo dai capi di governo dei 26 paesi dell’Ue.

    Il governo, dopo avere varato la manovra correttiva per ridurre il rapporto deficit/pil all’1,3 per cento nel 2012 e per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, si trova ora a fronteggiare la necessità di ridurre rapidamente il livello di indebitamento pubblico dell’Italia. Non si tratta solo di un impegno auspicabile, come sostiene qualcuno, ma anche di un impegno formale previsto dal Fiscal compact europeo annunciato a dicembre e che dovrà essere firmato entro marzo dai capi di governo dei 26 paesi dell’Ue. Il ritmo della riduzione è già stabilito: un ventesimo in meno, ogni anno, della percentuale in eccesso al 60 per cento del pil. Per l’Italia, che ha un debito del 120 per cento del pil, questa regola comporta ogni anno una diminuzione di circa 40-50 miliardi di euro. Una cifra enorme inizialmente, che diventerà più sopportabile fra 10 anni, quando il pil dovrebbe essere cresciuto almeno del 20 per cento per il solo effetto del tasso di inflazione.

    Per quanto la manovra di riduzione del deficit richiesta al governo Berlusconi e poi a Monti sia ingente perché comporta un taglio di circa 2,5 punti punti di pil fra il 2011 e il 2012 essa non basta a far scendere abbastanza il debito. Perciò il governo precedente aveva richiesto che le nuove regole sul rientro del debito fossero dilazionate (e non cancellate). Il ragionamento era logico: l’Italia sottoscrive due patti, il primo sul deficit (raggiungere il pareggio di bilancio e poi mantenerlo anche con una regola costituzionale); mentre il secondo impegno, quello sul debito, parte solo dopo che l’altro è andato a regime e deve tenere conto del fatto che noi abbiamo un minor debito privato rispetto ad altri paesi Ue.

    Ora, come rivelato dal Foglio, Monti e il ministro Enzo Moavero si stanno muovendo in sostanziale continuità con quella del precedente governo, che ha tenuto saldi i conti pubblici; il premier chiede infatti che la regola del debito non si accavalli con quella del deficit, e che si tenga conto anche degli altri parametri. Richieste impeccabili. Resta il fatto che già dal 2012, per effetto di una parallela legislazione comunitaria (“Six pack”), dovremo mostrare di convergere su ritmi di riduzione del debito significativi. Per questo urge una politica delle entrate straordinarie, costituite dall’alienazione di immobili e beni pubblici. Un modo per essere “virtuosi”, ma soprattutto più dinamici come paese.