L'Italia in cerca di alleanze per modificare la politica fiscale europea

Marco Valerio Lo Prete

L’Unione europea non ha ancora finito di riformare la propria governance economica che già rischia smottamenti al suo interno. Ieri un portavoce del governo greco ha dichiarato che “l’accordo di salvataggio deve essere firmato altrimenti saremo fuori dai mercati, fuori dall’euro”. Il riferimento è al secondo bailout da 130 miliardi di euro, annunciato a ottobre da Ue e Fondo monetario internazionale, che dovrebbe sostenere Atene dopo i 110 miliardi predisposti nel 2010. La Commissione ha smentito ogni ipotesi di uscita dall’euro, ma i mercati hanno sussultato ancora.

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    L’Unione europea non ha ancora finito di riformare la propria governance economica che già rischia smottamenti al suo interno. Ieri un portavoce del governo greco ha dichiarato che “l’accordo di salvataggio deve essere firmato altrimenti saremo fuori dai mercati, fuori dall’euro”. Il riferimento è al secondo bailout da 130 miliardi di euro, annunciato a ottobre da Ue e Fondo monetario internazionale, che dovrebbe sostenere Atene dopo i 110 miliardi predisposti nel 2010. La Commissione ha smentito ogni ipotesi di uscita dall’euro, ma i mercati hanno sussultato ancora, come dimostra lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi (rimasto attorno a 500 punti). Non solo: in queste ore entrano nel vivo i negoziati sul Patto fiscale annunciato lo scorso 9 dicembre e che entro marzo dovrà trasformarsi in un accordo intergovernativo per diventare vincolante. Ieri Pier Luigi Bersani (Pd) ha detto: “Non possiamo farci affondare tutti dall’Europa di Merkel e Sarkozy”.
    Oggi il Servizio giuridico del Consiglio Ue assemblerà in un unico testo tutti gli emendamenti presentati dai 26 stati membri (il Regno Unito si è tirato fuori fin da subito), anche per facilitare l’incontro di venerdì tra gli sherpa governativi. Ieri d’altronde il ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, ha confermato il senso degli emendamenti presentati dal governo Monti. Come scritto ieri dal Foglio che ha svelato gli emendamenti, l’Italia punta da una parte a ricondurre nella legge comunitaria un accordo per ora intergovernativo, dall’altra a rafforzare l’unione economica al di là dei soli vincoli di bilancio.

    In concreto questo vuol dire, per esempio, maggiore flessibilità sugli obiettivi per i conti pubblici, specie su pareggio di bilancio e velocità di abbattimento del debito pubblico: “E’ corretto da parte del governo italiano sostenere che l’accordo del 9 dicembre non aveva ragione di modificare i regolamenti comunitari approvati appena un mese prima in attuazione del cosiddetto ‘Six pack’ – dice al Foglio l’ex premier Giuliano Amato – Nel regolamento comunitario 1.177 del 9 novembre era scritto che la riduzione annuale del debito di 1/20 della parte eccedente il 60 per cento del pil non sarebbe stata automatica, ma avrebbe tenuto conto del ciclo e di altri fattori rilevanti. Queste condizioni, alla cui definizione molto aveva concorso il precedente governo, spariscono nell’articolo 4 dell’accordo intergovernativo e questo non ha senso”. Perciò ora l’Italia punta a temperare gli eccessi rigoristi che sono stati voluti dalla cancelliera Angela Merkel in un momento di agitazione degli investitori internazionali e che rischiano di imporre al nostro paese manovre correttive troppo onerose. Ma come sfidare, seppure solo diplomaticamente, la prima economia del Vecchio continente?

    Alleati naturali di Roma saranno innanzitutto le istituzioni comunitarie: “I rappresentanti del Parlamento europeo che fanno parte del gruppo di negoziazione del testo finale hanno presentato ottimi emendamenti – osserva Amato – secondo i quali sia l’articolo 4 sia altre disposizioni dell’accordo dovranno essere attuate ‘in conformità al diritto europeo vigente’”. In tal modo si riconduce l’accordo intergovernativo al tessuto comunitario “e si risolve anche il problema posto dall’Italia. Mi auguro che si vada – conclude l’ex premier – con il concorso dello stesso governo italiano, all’approvazione di questi emendamenti”.

    E se il fronte dei paesi nordici guidati da Berlino punta a inviare un messaggio choc ai mercati, Belgio e Polonia – secondo fonti comunitarie – potrebbero convergere sulle posizioni italiane. Per rendere più flessibili gli impegni sugli obiettivi di bilancio sarà importante capire cosa farà Parigi. Tra i negoziatori Ue c’è chi scommette che Nicolas Sarkozy manterrà saldo l’asse con Berlino, mentre ambienti istituzionali italiani confermano al Foglio che lo stato di necessità dell’economia d’oltralpe potrebbe condurre l’Eliseo a più miti consigli.

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