Al centro della Siria

Il duplice attentato a Damasco apre la pista del golpe anti Assad

Redazione

Due auto cariche di esplosivo, un commando suicida, un obiettivo chiaro – gli uffici di Damasco dei servizi segreti siriani –, almeno 40 morti e tanti misteri. La tv di stato del regime di Bashar el Assad ha fornito fin dalla mattina la sua versione: le due esplosioni sono state causate da attacchi terroristici di matrice qaidista, ma molti esponenti del regime sostenevano che pure Stati Uniti, Europa, Turchia e Israele non potessero essere estranei alle bombe.

    Due auto cariche di esplosivo, un commando suicida, un obiettivo chiaro – gli uffici di Damasco dei servizi segreti siriani –, almeno 40 morti e tanti misteri. La tv di stato del regime di Bashar el Assad ha fornito fin dalla mattina la sua versione: le due esplosioni sono state causate da attacchi terroristici di matrice qaidista, ma molti esponenti del regime sostenevano che pure Stati Uniti, Europa, Turchia e Israele non potessero essere estranei alle bombe. Nessuno però ha dato credito alla versione ufficiale: secondo l'opposizione, il regime si è autoconfezionato un attentato per vendersi all'opinione internazionale come una vittima del terrorismo. Il colonnello baffuto che guida le operazioni militari dei ribelli raccolti nell'Esercito libero di Siria, Riad al Asaad, ha detto di essere estraneo all'operazione – aveva invece rivendicato gli attacchi alle sedi del partito Baath e dell'intelligence una ventina di giorni fa.

    Chi è stato allora? Oggi inizia ufficialmente la missione della Lega araba: secondo alcuni, potrebbe essere questo l'obiettivo simbolico dell'attacco. Ma l'operazione della Lega araba è molto opaca, secondo alcuni rappresenta un ulteriore velo del regime per coprire quel che accade nel paese: certo non è rassicurante il fatto che tra gli osservatori ci sia un rappresentante del Bahrein (paese che ha represso nel sangue la sua primavera, con l'aiuto dei carri armati sauditi) e che il capo sia un generale sudanese dal curriculum quantomeno controverso: Mohammed Ahmed Mustafa al Dabi sembrava fosse nella lista dei criminali di guerra della Corte dell'Aia. Non lo è, ma è stato a capo dell'intelligence militare sudanese per tre decenni, compresi gli anni in cui Osama bin Laden se ne stava comodo in Sudan a organizzare il jihad internazionale.

    La domanda però resta: chi ha messo le bombe? Non è da escludere l'ipotesi di un golpe interno. Negli ultimi anni, prima della rivolta, erano stati uccisi in attentati parecchi capi dell'esercito, secondo alcune fonti sono diecimila i disertori dell'esercito regolare, quanto basta per far dire a una parte dell'establishment militare: se Assad non se ne va da solo, se non lo cacciano i ribelli, lo destituiamo noi, a suon di bombe.