La maledizione dell'articolo 18

Redazione

L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori afferma che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo. Della sua revisione ne parla per la prima volta il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio, nel 2001 – prima di lui una sorta di timore reverenziale circondava la disposizione, quasi fosse impronunciabile. Da allora è periodicamente al centro del dibattito sulla riforma del lavoro.

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    L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (la legge n. 300 del 20 maggio 1970, recante "Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento") afferma che il licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo. Nel 2001 ne parla per la prima volta il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio – prima di lui, una sorta di timore reverenziale circondava l'articolo, quasi fosse impronunciabile. Da allora è periodicamente è al centro del dibattito sulla riforma del lavoro. Come nel periodo tra il 2001 e il 2003, quando il secondo governo Berlusconi approvò la Legge Biagi (dal giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Brigate Rosse un anno prima dell'approvazione della legge).

    Antonio Fazio, governatore della Banca d'Italia: “In un sistema che cambia rapidamente, non è possibile che una impresa sia costretta a tenersi un operaio con una specifica competenza per quarant'anni. Ma questo senza configurare una precarizzazione dell'occupazione, quanto piuttosto una mobilità socialmente sostenibile” (17 agosto 2001)

    Antonio Marzano, ministro delle Attività Produttive: “L'articolo 18 va reso più flessibile” (18 agosto 2001)

    Gino Giugni, “padre” dello Statuto dei lavoratori: “Lo Statuto dei lavoratori, in generale, e l'articolo 18, in particolare, hanno funzionato abbastanza bene. Da qualche anno, ormai la struttura normativa si è fatta vecchia, non è più efficace. Certo c'è modo e modo di cambiare” (21 agosto 2001)

    Alessandra Mussolini, deputato di An. “E' inaccettabile l'idea di sospendere l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Noi dobbiamo opporci e dobbiamo essere pronti anche a scendere in piazza”. (25 novembre 2001).

    Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio: “Noi teniamo alla pace sociale: non abbiamo toccato nulla per quanto riguarda i lavoratori attuali, che avranno sempre le stesse garanzie avute finora. Ma ci sono lavoratori che sono precari, quelli assunti con contratto a tempo determinato. La nostra esperienza di imprenditori ci dice che, se non c'è la certezza assoluta che quel lavoratore possa servire all'azienda, l'imprenditore decide di assumere un altro a tempo determinato. Dando la possibilità alle imprese di non avere il reintegro in caso di dissidio con il lavoratore, ma di poterlo compensare economicamente, abbiamo ritenuto di dare una garanzia a chi oggi non l'ha” (29 novembre 2001)

    Gianfranco Fini, vicepresidente del Consiglio: “Per i sindacati l'articolo 18 era un dogma, un simbolo. Il govemo ha voluto colpire questo simbolo. Sull'articolo 18 l'intervento del governo è stato simbolico e tutt'altro che antisociale, e ha determinato una protesta altrettanto simbolica” (1 dicembre 2001)

    Roberto Maroni, ministro del Welfare: “Evidentemente a qualcuno dà fastidio quello che il governo sta facendo, ma io non mi sono mai lasciato impressionare né dalle urla né dagli insulti. L'articolo 18 é un pretesto, una bandiera ideologica” (1 febbraio 2002)

    Sergio Cofferati, segretario della Cgil: “L'obiettivo del governo è quello di cancellare il sindacato, l'invito del ministro Maroni ad un confronto senza pregiudizi è incomprensibile. Solo se si stralciano le modifiche all'articolo 18 ci possono essere le condizioni per tornare a confrontarsi” (1 febbraio 2002)

    Luigi Angeletti, segretario generale della Uil: "La modifica all'articolo 18 non costituisce un attacco al sindacato ma determina un cambiamento dei rapporti di potere tra imprese e lavoratori: rende le prime più forti e i secondi più deboli” (1 febbraio 2002)

    Mentre il segretario generale della Cisl Savino Pezzetta ha invitato il presidente della Confindustria Antonio D'Amato, a smetterla di buttare benzina sul fuoco spingendo il governo contro il sindacato.

    Stefano Parisi, direttore generale della Confindustria: “Sull'articolo 18 il sindacato racconta bugie” (1 febbraio 2002)

    Sergio Cofferati, segretario generale della Cgil: “La riforma dell'articolo 18 intacca la garanzia del posto di lavoro” (16 febbraio 2002)

    Luigi Angeletti, segretario della Uil: “Di fronte a un braccio di ferro dell'Esecutivo sull'articolo 18 lo sciopero generale diventerebbe inevitabile. Noi però proveremo a vincere questo confronto con la ragione e il consenso” (16 febbraio 2002)

    Mario Deaglio, economista e marito del futuro ministro del Lavoro Elsa Fornero: “Sarebbe illusorio sperare di risolvere i problemi dell' industria e dell'economia italiana semplicemente eliminando la rigidità del lavoro. La rigidità del lavoro è infatti solo un aspetto - e non il principale della debolezza dell'economia e, più specificamente, delle imprese italiane” ( 27 marzo 2002)

    Savino Pezzotta, segretario della Cisl: “La modifica all'articolo 18 non è una riforma e non serve a niente” (14 aprile 2002).

    Sergio Cofferati, segretario della Cgil: “E' irrilevante Io strumento, la Cgil non è disponibile a nessuna discussione sull'articolo 18, non parteciperemo a nessuna trattativa sul mercato del lavoro” (31 maggio 2002)

    Franco Debenedetti, senatore dei Ds e il 25 giugno 2002 presentatore di un progetto di legge sull'abolizione dell'articolo 18: “La Cgil ha fatto dell'art. 18 una bandiera, e su quella bandiere ha scritto la parola «diritti». Così ha vinto la battaglia della comunicazione: il suo messaggio è passato, nella testa di milioni di italiani si è radicata l'idea che il reintegro ordinato dai giudici sia la sola tutela di un diritto che altrimenti verrebbe leso, dunque, per logica implicazione, che ogni licenziamento sia sospetto di essere discriminatorio, fino a prova del contrario. Questo messaggio fa però pagare un prezzo politico: perché relazioni industriali basate su questi presupposti sono in contraddizione con quelle necessarie per un'economia avanzata. C'è un nesso molto stretto tra efficienza del sistema delle imprese e qualità delle relazioni industriali” (28 giugno 2002)

    Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio: “Ho in mente di utilizzare il tempo della legislatura per far capire a chi ha creduto alla campagna della Cgil e degli altri sindacati che l'articolo 18 penalizza soprattutto, anzi soltanto i lavoratori” (18 gennaio 2003)

    Gianfranco Fini, vicepresidente del Consiglio: “Il governo potrà evitare di rimanere ancorato, anche a livello di immagine, al totem dell'articolo 18 e potrà far emergere il lavoro che sta conducendo su tutto il resto” (18 febbraio 2003)

    Franco Debenedetti, imprenditore, teorico del liberismo e ex-senatore dei Ds: “Oggi tutto il peso della flessibilità di cui il sistema ha bisogno è sopportato dalla metà dei lavoratori a cui il famoso articolo 18 non si applica” (24 marzo 2009)

    Gianfranco Fini, presidente della Camera: “Comincerei a chiedermi per quale motivo si continua a discutere sul come licenziare e quando licenziare e non ci si interroga sul come e quando assumere. Mi iscrivo anche io al numero di coloro che definiscono ‘ideologico' il dibattito nel momento in cui ci si concentra solo sull'art.18, dimenticando che è frutto di una riforma ed è stato successivamente modificato dalla riforma Biagi” (20 dicembre 2011)

    Pier Luigi Bersani, segretario del Pd: “Toccarlo ora è da matti. Qualcuno pensa che licenziando si crea lavoro. Questa è un'assurdità e non credo sia nelle intenzioni del governo. La flessibilità organizzativa ha poco a che fare con il tema dell'articolo 18. Non si deve divagare dai problemi che abbiamo" (21 dicembre 2011)

    Elsa Fornero, ministro del Lavoro: “C'è tanto da fare nel mercato del lavoro, l'articolo 18 arriva per ultimo. Io non avevo e non in mente nulla che riguardi tutto ciò" (21 dicembre 2011)

    Susanna Camusso, segretario della Cgil: “L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori è una norma di civiltà, ci sono cose che segnano la storia del lavoro" (21 dicembre 2011)

    Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera: “Il governo non può procedere a zig zag a proposito delle relazioni industriali. Nei dovuti modi e tempi la riforma dell'art. 18 va realizzata” (22 dicembre 2011)

    Renato Schifani, presidente del Senato: “L'articolo 18 va rivisitato in un clima di responsabilità e confronto, trovando un punto di incontro tra le tutele di chi lavora e le aspirazioni di chi cerca un lavoro" (22 dicembre 2011)

    Testi raccolti da Maurizio Stefanini

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