Voglia matta di patrimoniale

Redazione

"Vogliamo la patrimoniale" è il mantra della sinistra in ambasce per i tecnocrati. La chiede Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, concedendo che se Mario Monti non la fa “è per un veto insormontabile del precedente governo”. In sintonia Nichi Vendola (Sel), sicuro che “a non volere che siano toccate le tasche dei ricchi è Berlusconi”.

    "Vogliamo la patrimoniale" è il mantra della sinistra in ambasce per i tecnocrati. La chiede Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, concedendo che se Mario Monti non la fa “è per un veto insormontabile del precedente governo”. In sintonia Nichi Vendola (Sel), sicuro che “a non volere che siano toccate le tasche dei ricchi è Berlusconi”. Il capo di Sel pretende “una patrimoniale una tantum da 100 miliardi e una a regime da dieci”. Fin qui non molto di nuovo. Ma ora va al fronte anche Pier Luigi Bersani. Per il segretario Pd serve “un'imposizione sui patrimoni”, e “se non è questa l'occasione ne deve venire un'altra”. Ma anche “uno sforzo per abbassare la tracciabilità perché a mille euro non è sufficiente”. Pare proprio che a sinistra nessuno abbia presente che la super Ici e la tassa sui depositi sono già una forma di tassazione piuttosto penalizzante del risparmio. Per non parlare degli effetti del nuovo redditometro e dell'apertura al fisco dei conti bancari.

    Né che sia stata letta l'audizione del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, che pur elogiando il rigore sui conti del decreto “salva Italia” ne evidenzia i due limiti: l'essere per due terzi composto di tasse – il che porterà la pressione fiscale al 45 per cento del pil – e l'effetto recessivo nel prossimo biennio. Ancora meno fanno breccia le lezioni di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, che notano come l'impatto negativo vada ad aggiungersi ad una previsione di pil già a meno 0,5, “per cui è difficile prevedere dove si fermerà la caduta di reddito”. A sinistra e nella Cgil dovrebbero pur sapere che senza crescita non c'è lavoro. Ma conta più la propaganda unificante, travestita da equità.