Riformare dunque crescere

Redazione

Intervenendo in commissione Lavoro alla Camera, il ministro Elsa Fornero vi ha dedicato solo un accenno: “Presto ci occuperemo di mercato del lavoro avendo per coordinate più mobilità, più part time, più flessibilità e meno precarietà”. La titolare del Welfare, alle prese con l'indicizzazione delle pensioni basse, di più non ha potuto o voluto aggiungere. Ma negli scorsi giorni l'economista torinese ha lasciato intendere di puntare al modello della flexsecurity scandinava.

    Intervenendo in commissione Lavoro alla Camera, il ministro Elsa Fornero vi ha dedicato solo un accenno: “Presto ci occuperemo di mercato del lavoro avendo per coordinate più mobilità, più part time, più flessibilità e meno precarietà”. La titolare del Welfare, alle prese con l'indicizzazione delle pensioni basse, di più non ha potuto o voluto aggiungere. Ma negli scorsi giorni l'economista torinese ha lasciato intendere di puntare al modello della flexsecurity scandinava.

    Si tratta di estendere ai nuovi assunti, quindi soprattutto a giovani e donne, il contratto a tempo indeterminato, privandolo della tagliola dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che prevede l'obbligo di reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa. Flessibilità in uscita, con risarcimento economico invece di reintegro, contro garanzie in entrata. Ciò comporta di introdurre anche in Italia il sussidio statale di disoccupazione “attivo”, con l'impegno di chi perde il posto ad accettarne in un tempo prefissato un altro, aiutato da agenzie specializzate. O in alternativa una buonuscita, generalmente di tre anni di stipendio.

    Sarebbe la fine progressiva della cassa integrazione; ma soprattutto l'abbattimento del totem dell'articolo 18, tenacemente difeso da Cgil e Fiom. Anche Mario Monti, ricevendo lunedì scorso la premier socialdemocratica danese Thorning Schmidt, ha dichiarato “l'interesse per l'esperienza della Danimarca nel mercato del lavoro e negli ammortizzatori sociali”. La riforma è urgente: a chiederla era stata ad agosto la lettera della Bce, poi a novembre l'ultimatum del commissario europeo Olli Rehn che a pagina 6 contiene questo passaggio: “Per rilanciare la crescita necessitano misure che rimodellino le rigidità a protezione dell'impiego. In particolare, la legislazione sui contratti a tempo indeterminato potrebbe armonizzare i possibili licenziamenti alle dimensioni dell'impresa rimpiazzando l'obbligo di riassunzione con pagamenti proporzionati alla durata del contratto interrotto”.
    Ieri è stato firmato il contratto degli 86 mila dipendenti Fiat, unica contraria la Fiom: in cambio degli investimenti, e dell'aumento di stipendi e premi, i sindacati riformatori accettano la cura Marchionne per tutti gli stabilimenti italiani. I fatti, e non solo l'Europa, vanno dunque in quella direzione.

    Il governo Berlusconi si era visto sconfessare dai riti concertativi Confindustria-Cgil. Monti ha mostrato che, se vuole, della concertazione fa a meno. Sarebbe una riforma anche questa, al di là di incontri più o meno furtivi con le parti sociali. Le riforme strutturali, vigorose e durature, possono scontentare alcuni ma hanno sicuri e benefici effetti per la collettività.