Scusi la pernacchia, signora Merkel
Prendete tutto quel che vi dicono gli esperti e gettatelo via, ritagli di giornale, prediche televisive, opuscoli su come fare ogni mese la lista delle spese da sostenere con le linee rosse su quel che si può risparmiare, gettate tutto. Se sentite nominare Angela Merkel e il suo rigore austero sentitevi liberi di fare una pernacchia. Mettetevi il cappotto e andate a spendere.
Prendete tutto quel che vi dicono gli esperti e gettatelo via, ritagli di giornale, prediche televisive, opuscoli su come fare ogni mese la lista delle spese da sostenere con le linee rosse su quel che si può risparmiare, gettate tutto. Se sentite nominare Angela Merkel e il suo rigore austero sentitevi liberi di fare una pernacchia. Mettetevi il cappotto e andate a spendere. Fatevi irretire dalle vetrine natalizie, ripescate antiche passioni che avete abbandonato per autoflagellazione parsimoniosa – tipo le scarpe con la suola rossa – e spendete. Non sentitevi sul Titanic, state salvando il mondo. E' questa la tesi di “Against Thrift: Why Consumer Culture is Good for the Economy, the Environment, and Your Soul”, libro scritto da un professore di Storia alla Rutgers University che vive a New York, James Livingston, un inno al consumismo come non se ne vedevano da tempo (almeno da quando “c'è la crisi”, da quando cioè ogni acquisto, per quanto piccolo, causa sensi di colpa). Livingston produce una ventina di pagine di tabelle per spiegare che la relazione risparmi-investimenti-crescita che gli economisti ci hanno venduto dagli anni Venti non funziona granché bene: è il consumo la via della prosperità.
Livingston se la prende con tutti, democratici, repubblicani, economisti, filosofi, tutti “patetici” e tutti “neopuritani” che vogliono farci credere che il risparmio e la parsimonia siano l'unico strumento di ascesa verso la salvezza economica. Gli americani dicono “saving for a rainy day”, e Livingston ribatte: è oggi il giorno di pioggia, vai e spendi. Il professore, già autore di altri brillanti e bizzarri saggi sulla Fed, sulla cultura americana e sul femminismo e il pragmatismo (ossimoro di cui non ci assumiamo alcuna responsabilità), sostiene che se si danno soldi alle aziende, o peggio ancora alle banche, queste non li investiranno in occupazione e crescita, ma in settori che poi, caso strano, esploderanno in gigantesche bolle. Meglio dare soldi ai cittadini, aumentare i salari, investire direttamente sugli individui, perché non c'è niente che tiri più su morale e pil del vedere i portafogli generosamente aperti. Livingston non si sofferma sul fatto che molti dei prodotti che si acquistano, in America e non solo, non sono certo made in Usa e comprandoli semmai si fa un favore all'occupazione cinese. Ossessionato dalla voglia di dimostrare che gli investimenti non sono correlati con la crescita, il professore si preoccupa di descrivere nel dettaglio gli effetti economici e morali negativi del risparmio, tralasciando quelli virtuosi (che sono innegabili, noi italiani-con-i-soldi-sotto-il-materasso lo sappiamo bene). Quando i dati economici non soddisfano il fabbisogno di argomentazioni a favore del consumismo, Livingston si butta su Marx, Marcuse e persino Freud, “in modo confuso – secondo la recensione di Megan McArdle, capa della sezione economica dell'Atlantic – non tanto perché le loro teorie sono di difficile comprensione, quanto piuttosto perché non si capisce cosa c'entrino”.
“Against Thrift” non finirà tra i manuali di economia che si studiano alla Bocconi, l'ortodossia economica lo farà a pezzi, anche perché Livingston se la cerca quando paragona la sua eresia a quella di Galileo. Ma la lettura è rinfrescante, instilla qualche dubbio sul dogma dell'austerità, soprattutto lava via i sensi di colpa: per questo Natale lasciateci consumare in pace.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
