Dal Pantheon a via Barberini. Un ordinario pomeriggio di gelo nella Capitale liberata dal debito pubblico
Rigore e celerità. Viaggio nella nuova e sobria Italia montiana
Fate piano. Tanto non si batte chiodo. Se fate una passeggiata lungo le strade delle sacre compere ve ne farete un'idea. Dalle 18.30 alle 19.00, camminando lungo il marciapiede di via Umberto, a Catania, il cuore fenicio dei commerci, ho contato solo tre clienti. Stessa desolazione ieri mattina, a Roma. Dal Pantheon a via del Tritone fino a Barberini: poca è la clientela. E perciò fate piano. Non c'è da correre con i cavi delle luminarie, le strade sono spoglie e ancora non ho messo piede sulle moquette rosso-Christmas.
Fate piano. Tanto non si batte chiodo. Se fate una passeggiata lungo le strade delle sacre compere ve ne farete un'idea. Dalle 18.30 alle 19.00, camminando lungo il marciapiede di via Umberto, a Catania, il cuore fenicio dei commerci, ho contato solo tre clienti. Stessa desolazione ieri mattina, a Roma. Dal Pantheon a via del Tritone fino a Barberini: poca è la clientela. E perciò fate piano. Non c'è da correre con i cavi delle luminarie, le strade sono spoglie e ancora non ho messo piede sulle moquette rosso-Christmas.
Ai tempi del debito pubblico, arrivati al 25 di novembre, era già tutto un bagliore. Che commozione quella splendida Padova vestita a festa. I pomeriggi del gelo facevano atmosfera ed era tutto un far piovere bigliettoni di lire da Biasetto. Allora c'era da fare in fretta perché entrare all'aeroporto di Linate – ai tempi – era come stare nella grotta segreta dei Quaranta ladroni. E nel senso buono, i ladroni. Gli aerei erano foderati da Trussardi, Alitalia forniva snack e prosecco e il senso era proprio quello che svegliava tutti i sensi. Le hostess erano tutte fatalone e Gabriele D'Annunzio, orbo veggente, aveva visto giusto: “Le notti che precedono il Natale sono intensamente erotiche”. E dunque fate piano. Avete già lasciato le potenti auto blu per mettere i vostri augusti lombi su sobrie macchine italiane. Forse fanno tecnico-style le macchine italiane. Ma scatarrano e tremolano nella carrozzeria peggio che le fratture femorali. Vanno piano, appunto. E non si va lontano. E sono di quel color can che fugge con cui non si fa figura, ma pena. Quanto è brutta la nuova ammiraglia Lancia manco la maschera di “mortepaesana”. Meglio la Masi-rati. Fate piano, picciotti. Non c'è dove andare. Piano pianissimo cresce la verdura nell'orto, pane e vin ancor non manca, viene Natale senza denari e se pure nei ristoranti si deve prenotare e gli aerei sono pieni, non ci sono più le tappezzerie della Milano da bere, né i salatini e sono solo voli low-cost quelli che prendiamo nei nostri viaggi a vuoto. Destinazione Piovarolo, se è possibile, mai e poi mai Rocca Imperiale perché ai dipendenti dello stato è data in sorte la compilazione dei giustificativi. Non c'è più manco Giulio Tremonti a fare i conti né Renato Brunetta che va a controllare i mangiapane a tradimento, tutto è diventato virtù in forza del rigore e se l'Italia intera incontra il baratro non resta altro che vagheggiare il nirvana restando fermi.
Piano! E che sia comandamento. Non si fa ressa quando si arriva davanti allo sportello. La banca è la meta. Bambole, non c'è una lira! Ma col vecchio conio se ne sono gghiute anche le bambole. Sobrietà & Castità, il Gatto e la Volpe hanno fatto un patto per tagliare l'impertinenza di Pinocchio. E fate tutto piano. In banca si sta zitti come in chiesa. L'Italia è come quel tizio in fila nei “Soliti Idioti”. Arriva sotto il naso dell'impiegata: “Dicaaa?!”. L'Italia del solito idiota chiede e quella se ne va via: “Un attimo e sono subito da lei!”. Lo dice per non tornare più. Come fa l'Europa. E non come fa l'Europa quando piove. Quello succede solo nella canzone di Paolo Conte. Ed è una canzone dove si fa piano.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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