Quanta politica c'è dietro la Farnesina “tecnica” di Giulio Terzi

New York. Al grido di “fuori i politici, largo ai tecnici” il governo Monti ha finito per dare spazio ai cencellismi anche nelle nomine apparentemente meno sensibili, quelle dei civil servant senza tessera e colore. L'esempio perfetto dello scambio politico sotto mentite spoglie è la nomina dell'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata alla Farnesina. Che il ministro degli Esteri da pochi giorni in carica sia vicino a Gianfranco Fini è un fatto noto almeno da quando, nel 2003, l'allora ambasciatore italiano in Israele organizzò uno degli atti fondativi della svolta finiana, il viaggio a Gerusalemme in cui Fini parlò del fascismo come parte del “male assoluto”.

    New York. Al grido di “fuori i politici, largo ai tecnici” il governo Monti ha finito per dare spazio ai cencellismi anche nelle nomine apparentemente meno sensibili, quelle dei civil servant senza tessera e colore. L'esempio perfetto dello scambio politico sotto mentite spoglie è la nomina dell'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata alla Farnesina. Che il ministro degli Esteri da pochi giorni in carica sia vicino a Gianfranco Fini è un fatto noto almeno da quando, nel 2003, l'allora ambasciatore italiano in Israele organizzò uno degli atti fondativi della svolta finiana, il viaggio a Gerusalemme in cui Fini parlò del fascismo come parte del “male assoluto”.

    Nel ruolo di ambasciatore a Washington, Terzi non ha fatto mancare, con il garbo diplomatico che si conviene, il suo appoggio ai referenti americani del presidente della Camera, dalla “più che amica” di Fini Nancy Pelosi fino alla National Italian American Foundation, l'associazione italo-americana dove non manca una rappresentanza finiana. E' all'ultima assemblea del Niaf che Terzi ha raccolto, con giusta soddisfazione, il ringraziamento personale del presidente Barack Obama “per l'eccellente lavoro che sta facendo”.
    Se nessuno allora poteva immaginare che Terzi sarebbe stato destinato a un più alto incarico in un nuovo esecutivo, è per il semplice fatto che la sua nomina al ministero è “un perfetto scambio politico fra Pdl e Terzo polo”, come dicono all'unisono diverse fonti della Farnesina interpellate dal Foglio. Il nome di Terzi è uscito dal cilindro delle nomine d'emblée, in quella notte di frenetiche trattative fra Pdl, Pd e Quirinale per stabilire quale profilo avrebbe assunto il governo degli ottimati dopo che era tramontato il doppio innesto di Gianni Letta e Giuliano Amato in qualità di garanti del sostegno politico a Monti. L'operazione è saltata per un meccanismo di veti incrociati in cui l'opposizione del Pd verso Letta era molto più decisa di quella del Pdl verso Amato.

    Anna Finocchiaro ha seppellito la trattativa dicendo che “Amato non è il candidato del Pd”, cosa accolta con disappunto al Quirinale specialmente per quanto riguarda le sorti della Farnesina. La caratura dell'ex ministro, dicono le fonti, sarebbe stata gradita a Napolitano, che opportunamente legge con occhio internazionale la crisi che ha portato al potere l'areopago degli onest'uomini. Largo ai tecnici, dunque? Non così in fretta.
    Il Quirinale ha ricevuto tre nomi di diplomatici per la guida della Farnesina: Giancarlo Aragona, già ambasciatore a Mosca e Londra, Gianni Castellaneta, ex ambasciatore a Washington e rappresentante del governo nel cda di Finmeccanica, e last but not least il segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo, il diplomatico che conosce meglio di ogni altro i meccanismi del ministero e che indossa le mostrine dell'equidistanza politica avendo lavorato a stretto contatto con D'Alema, Fini e Berlusconi.

    In un governo di tecnici sarebbe stato quello di Massolo il nome naturale. La dinamica che ha fatto saltare la terna la spiega al Foglio una fonte del ministero: “Il Pd non voleva assolutamente Letta, quindi ha scaricato Amato e ha lasciato al Pdl la nomina agli Esteri. Ma il Pdl era disposto a cedere la Farnesina trattando con il Terzo polo in cambio di una nomina gradita al ministero della Giustizia, che è la priorità assoluta di Berlusconi. Il nome di Terzi è saltato fuori all'ultimo minuto perché era il diplomatico più alto ascrivibile a Fini, mentre Massolo, avendo lavorato a strettissimo contatto con Berlusconi al G8 e non solo, era considerato politicamente troppo compromesso. Figurarsi Aragona e Castellaneta”. Un'altra fonte spiega lo stesso concetto con una formula più diretta: “Massolo sarebbe stato impossibile da manovrare politicamente” e, allargando l'inquadratura, “tutta l'operazione, dall'esclusione di Amato alla nomina di Terzi fa parte del più generale tentativo centrista di escludere la componente socialista”.

    Nelle trattative dell'ultimo minuto, Terzi è stato il nome che ha fatto quadrare il cerchio politico anche per il placet di Angelino Alfano. Il segretario del Pdl è indirettamente legato a Terzi tramite Gian Lorenzo Cornado, braccio destro del neo ministro degli Esteri ed ex consigliere diplomatico di Alfano in via Arenula. E non è un mistero che l'ex Guardasigilli abbia in passato sostenuto almeno una nomina politica all'interno dell'ambasciata di Washington. Nel trovare l'equilibrio di governo nel gioco dei contrappesi politici ogni dettaglio diventa fondamentale. Se si aggiunge quello che alla Farnesina chiamano un “forte pressing” dell'ambasciata israeliana a Roma in favore di Terzi e il fatto che il 65enne ministro abbia ancora un anno e mezzo di carriera diplomatica prima della pensione – tempo che potrebbe accordarsi con le ambigue aspettative di vita del governo dei nominati – la dinamica della scelta è servita.

    Rimane da stabilire chi occuperà il posto lasciato libero a Washington e il nome che circola è quello del vicesegretario generale della Nato, Claudio Bisogniero. Per il meccanismo di rotazione della Nato, la nomina di Bruxelles sfuggirebbe comunque dalle mani italiane, quindi Bisogniero potrebbe andare a Washington senza innescare un giro di poltrone.
    E' sullo sfondo di queste trame che Terzi, diplomatico esperto e tessitore del filo che lega Napolitano a Obama, è stato convocato all'ultimo e inserito d'ufficio in quella squadra che si è fatta strada con la versione fintamente ingenua del governo dei tecnici, dei professori, dei banchieri e, naturalmente, degli ambasciatori.